Della necessità di riaprire le indagini parla anche Luca Becce della segreteria provinciale del PCI; da parte sua, il sindaco di Albenga Angelo Viveri invita i magistrati a prendere contatti con il giudice veneziano.
L'11 novembre di quell'anno, sulle colonne de “Il Secolo XIX” compare uno strano personaggio che parrebbe da operetta ma che forse da operetta non è. Si chiama Stefano Alberto Volo, è un professore di greco di Palermo[1] che vive su una sedia a rotelle dopo essersi fratturato la spina dorsale in circostanze tutt'altro che chiare. Volo, peraltro, non è un nome nuovo per i giudici che si occupano di stragi e dintorni: il suo nome compare più volte agli atti del processo per la strage di Bologna, quantomeno perché Volo era fraterno amico di Ciccio Mangiameli, il neofascista ucciso dai camerati Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, probabilmente perché sapeva troppo.
Al giornalista che lo intervista[2], Volo racconta una strana storia: nel 1973 avrebbe organizzato a Savona e dintorni una cellula di una struttura segreta, che lui chiama “Universal Legion” ma che potrebbe assomigliare a Gladio. La cellula sarebbe stata composta da 24 elementi, tutti stipendiati e con una vita regolare come paravento. L'obiettivo dei legionari, in effetti, sarebbe stato simile a quello “ufficiale” di Gladio ma a fini interni: in caso di colpo di Stato avrebbero dovuto screditare i politici e i loro finanziatori. Volo accenna anche a un'azione diretta della cellula, un black-out all'Enel di Vado per gettare nel buio una parte della Liguria, e data questo episodio all'autunno del '73. Il professore avrebbe lasciato il comando del gruppo il 6 gennaio del '74 ma avrebbe sentito parlare, in seguito, delle bombe savonesi attribuibili, secondo lui, alla sinistra.
Forse Volo è solo un mitomane, ma è curioso che la sua dichiarazione salti fuori proprio in corrispondenza con la scoperta delle liste di Gladio. Forse Volo vuole depistare chi si occupa dell’inchiesta delle bombe di Savona: ma perché? O forse, invece, Volo manda messaggi in codice: ma a chi e, anche in questo caso, perché? Lo strano professore neofascista, tra l'altro, sostiene di aver raccontato tutti i particolari della sua esperienza savonese al giudice palermitano Giovanni Falcone (ucciso dalla mafia il 23 maggio '92) ma nessuno dei magistrati savonesi afferma di essere stato messo al corrente. Ma Volo afferma anche di aver ricevuto l'elenco dei legionari da un agente dei servizi segreti che vive in una villetta di Albisola: e questi, in effetti, esiste.
La storia, forse, non è neppure del tutto nuova. L'aveva implicitamente anticipata Angelo Ceppone su “Il Lavoro” del 23 novembre '74[3], scrivendo che: “pare sia esistito fino a poco tempo fa una organizzazione che curava l'addestramento ed il reclutamento dei giovani simpatizzanti con la destra extraparlamentare. Questo gruppo, che poi si sarebbe sciolto, avrebbe operato per molto tempo in collegamento con gruppi analoghi di altre città dai soliti nomi assai noti nelle cronache delle piste nere”. Era la “Universal Legion” o era “Gladio”, quella a cui Ceppone si riferiva? E, in ogni caso, quali sono i nomi dei 24 legionari?
Massimo Maccio*
*Insegnante, autore del libro (che sarà aggiornato)” Le bombe di Savona, chi c’era racconta”.
[1] “Volo, con precedenti penali per rapina, è un personaggio bizzarro: un pò mitomane, un po' con la fissazione del cospiratore. […] In altre circostanze fantasticherà sul coinvolgimento di Mangiameli nell'omicidio Mattarella, su rapporti con i servizi segreti, sul suo ruolo nella struttura siciliana di Gladio (l'Universal Legione, il cui altro responsabile era l'ex sindaco di Palermo Insalaco). Finirà poi arrestato per un banale traffico di banconote false”. Ugo Maria Tassinari, Fascisteria... cit. pag. 296.
[2] “Il Secolo XIX”, domenica 11 novembre 1990, pag. 15: “Ecco come ho organizzato Gladio a Savona”.
[3] “Il Lavoro”, venerdì 23 novembre '74, pag. 10: “Savona: le bombe vengono dalla Francia”.
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