L’acuta crisi economica e finanziaria che dall’Europa tende ad estendersi nel resto del mondo.
La crisi e il crollo dei regimi totalitari nordafricani e mediorientali.
Il terrorismo internazionale, compreso il recente fenomeno del terrorismo di derivazione anarchica.
L’accentuata incapacità e inadeguatezza degli odierni governi cosiddetti democratici e burocratizzati a gestire le società e a fronteggiare i problemi attuali.
Le attività lavorative rese obsolete da internet, come ad esempio i giornali quotidiani, i negozi di dischi o le agenzie viaggi, con conseguente aumento della disoccupazione.
La crisi di molte fabbriche e imprese di stampo tradizionale, causa di continui licenziamenti, così come l’inserimento di macchinari che rendono superfluo l’apporto umano.
Le difficoltà del sistema bancario, internazionalmente indebitato.
La speculazione edilizia giunta a un livello parossistico e che sta portando in molte regioni a una vera e propria crisi dell’edilizia stessa.
E sono fatti, quelli sopra elencati, non di rado alimentati proprio dalle succitate nuove tecnologie informatiche, elettroniche e delle telecomunicazioni.
Molti esperti ritengono che la società umana abbia raggiunto il limite critico di complessità e instabilità e che, una volta superato un determinato confine, una nuova biforcazione catastrofica sia inevitabile. L’era industriale nata nel ‘700 sta dunque volgendo al termine? Stiamo viaggiando a tutta velocità verso l’ennesima biforcazione catastrofica? Ma in tal caso il vecchio sistema vigente sarà distrutto, lasciandosi molti detriti dietro le spalle e ciò che sopravvivrà si autorganizzerà in una nuova forma emergente di società postindustriale.
Quale sarà questa nuova forma e se risulterà migliore o peggiore di quella precedente, al momento attuale non è però dato saperlo. Perché l’espressione “biforcazione catastrofica” non riveste significati intrinsecamente positivi o negativi. Una biforcazione può portare il sistema verso livelli di organizzazione e di efficacia più alta ma può anche trascinarlo al degrado.
In proposito si accettano dunque ipotesi. Potrebbe stare forse segnando la nascita di un nuovo superorganismo di dimensioni planetarie, nato dall’unione dell’uomo e della tecnologia? Cioè del cosiddetto Metaman immaginato anni fa dal biofisico Gregory Stock? Dopotutto già ora l’uomo è sempre più inestricabilmente legato alla tecnologia, fatta di strade e linee aeree, acquedotti, gasdotti e linee elettriche, reti telefoniche, televisive e informatiche e di innumerevoli prodotti tecnologici di uso quotidiano, dalle antiche lavatrici e frigoriferi fino alle moderne fotocamere digitali o ai telefonini , di cui la gente sembra incapace di fare a meno e che portano a città e abitazioni sempre più complesse, collegate e dipendenti da svariati fattori per poter funzionare, consumando quantità ingenti di risorse e di energia.
Mi auguro, con questo breve scritto, di avere suscitato un interessante spunto di discussione.
N.B. Questo articolo si basa sull’opera di Alberto Gandolfi del 1999 intitolata: “FORMICAI, IMPERI, CERVELLI Introduzione alla scienza della complessità”. E se all’epoca in cui apparvero in libreria, i temi rielaborati nel mio articolo potevano apparire solo immaginifici, oggi invece mi paiono divenuti assai profetici.
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