Trattamento di favore

A Israele pare sia permesso tutto.
Col fatto che rappresenta gli interessi strategico-militari americani in Medio Oriente, col fatto che l’economia americana in percentuale ne è influenzata molto più che per il 2% degli ebrei residenti negli States e che il loro tasso di istruzione è decisamente oltre la media di quello degli americani non ebrei, Israele può contare su una lobby politico-economico-intellettuale che da almeno 80 anni, a cominciare dai suggeritori e uomini di fiducia di Harry S. Truman, come, per citare due nomi tra i tanti, Clark Clifford e David Niles, condiziona pesantemente le scelte della Casa Bianca.

Se prima del 7 ottobre 2023 qualcuno tentava ancora di sostenere la tesi che quella dell’esistenza di una lobby è una paturnia antisionista, e che comunque chi si candida a Presidente degli USA non ha bisogno di tener conto dell’appoggio propagandistico-finanziario di essa, ora, dopo che Biden è stato umiliato di fronte al mondo per le volte che Netanyahu ha frustrato le sue richieste di moderazione nei bombardamenti a Gaza ed anzi ha preteso ed ottenuto la sua copertura diplomatica, non è più sostenibile.
Quindi che a Israele sia concesso un trattamento di favore per cui può fare cose per le quali un altro Stato sarebbe accusato immediatamente e senza appello di essere uno Stato-Canaglia, è ormai sotto gli occhi di tutti. Il che tuttavia non significa che tutti vogliano ( che a tutti convenga ) riconoscerlo. Basti tener presente quanto sia importante anche per molti Stati europei sapere che Israele è disposto a tutto pur di impedire al suo principale avversario, l’Iran, di completare la costruzione della bomba atomica.
E’ per questo che nessuno formalmente lo condanna.
Così bombardare un’ambasciata ovvero una sede istituzionale che come tale dovrebbe godere del diritto dell’extraterritorialità, o colpire rappresentanti accreditati della Stampa, o radere al suolo ospedali, moschee, scuole, chiese, o rendere inutilizzabili strade, o privare dell’energia elettrica a tempo indeterminato abitazioni civili e nosocomi, o far sì che l’acqua e il cibo siano centellinati e finanche far fattualmente intendere che chi è in fila per il pane non è al sicuro e potrebbe essere un bersaglio, si sa che godrà di impunità.
Forte di essa, il governo sionista si permette senza remora alcuna di diffondere notizie false o non provate, come è accaduto prima per i 40 neonati decapitati che nessuno ha mai saputo che esistessero neanche da vivi, e in seguito per la collusione di una dozzina di appartenenti all’ UNRWA ( United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees ) con il braccio armato di Hamas.
Collusione assolutamente mai dimostrata ma che ha provocato subito un’apertura di credito senza precedenti da parte di alcuni importanti Paesi d’Europa e d’America, inimmaginabile se si fosse trattato di un’altra entità statale.
L’interruzione di quegli aiuti ha ulteriormente aggravato una situazione già al limite della sopportabilità. Infatti in termini di derrate, farmaci e personale di supporto logistico essi erano basilari per la sopravvivenza di un popolo costretto in tende piantate nel fango o tra le macerie sotto cui, e questo è un fatto psicologicamente devastante, non si sa se, quanti e quali morti vi siano.
Si tratta dello stesso Governo sionista che si permette di far sì che certe notizie imbarazzanti o compromettenti non trapelino perché contraddirebbero o guasterebbero la narrazione di quello che a lungo si è voluto far passare nientemeno come l’unico Stato democratico dal Marocco al Pacifico.
Cosa che lega poco, però, con il ghetto in cui fu confinata la comunità palestinese di Haifa già alla fine degli anni ’40; o con l’inganno ai danni degli abitanti di diversi villaggi quali Iqrit, Qaidta, Birim…, convinti a lasciare le loro case per un breve periodo utile all’esercito per addestrarsi sul territorio, che al termine delle due settimane pattuite, trovarono la case occupate da altri o abbattute; o con la cosiddetta Legge del Ritorno la quale, in contrasto con la Risoluzione 194 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, garantisce di concedere la cittadinanza a ogni ebreo nel mondo che voglia vivere in Israele, mentre la nega ai palestinesi che volessero fare altrettanto.

E’ in questo contesto che si è arrivati persino a oscurare le trasmissioni di Al Jazeera sui canali israeliani, con il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi che pur di farlo ha ritenuto lecito confiscare attraverso un blitz, oltre alle attrezzature, persino i cellulari privati dei giornalisti dell’emittente qatarina.

Le cose stanno in questi termini in modo inequivoco. Eppure chi lo dicesse verrebbe accusato con un automatismo a orologeria di aver già dimenticato il pogrom del 7 ottobre, come se fosse permesso denunciare che 35.000 persone sono morte solo perché si ha la memoria corta.
Dopodiché, puntuale, da copione ormai rodato, arriverebbe l’accusa di antisemitismo: antisemiti gli studenti che protestano nelle Università, antisemita l’ONU, antisemita Biden che interrompe l’invio di una partita di armi e perciò secondo il ministro Ben Gvir “ama Hamas” ( a proposito: gli USA, così innamorati di Hamas, come mai hanno votato contro, unitamente a soli altri 8 paesi su 177, nell’Assemblea Generale a New York in cui si è votato per riconoscere la Palestina membro dell’ONU? )…

E antisemita il Governo danese: non doveva promulgare una legge che vietasse la carne kosher, ovvero l’uso ebraico di macellare gli animali senza prima stordirli.

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