SUL CONCETTO DI DEMOCRAZIA III

Prima parte         Seconda parte 

              Terza parte

Finora abbiamo discettato sul concetto di democrazia – diretta o  rappresentativa, degli antichi o dei moderni – presupponendo che la sua esistenza fosse fuori discussione; sia da parte, ovviamente, dei suoi sostenitori, sia da parte dei suoi nemici; ma non è così. E’ quello che provocatoriamente intende dimostrare il matematico Piergiorgio Odifreddi nel suo saggio La democrazia non esiste. Critica matematica della ragione politica, Rizzoli, 2018; la tesi di fondo del matematico e saggista piemontese è quella, non nuova, che considera la democrazia moderna rappresentativa come  un’illusione ottica, un guscio vuoto, un insieme di norme, di rituali  e di nobili principi a cui non corrisponde nessuna effettiva realtà, una specie di religione laica che “identifica le proprie basiliche nei palazzi del potere, la curia nel governo, gli ordini religiosi nei partiti, il clero nei politici, le prediche nei comizi, i fedeli negli elettori, i confessionali nelle cabine elettorali e i segni della croce nel voto”. Insomma, per Odifreddi, la democrazia non è altro che un grande inganno funzionale al potere delle classi dominanti o dei cosiddetti “padroni del vapore”. Prova ne sia che il famoso e osannato (a parole)  “popolo sovrano” non ha nessun potere decisionale riguardo alla politica estera, al fisco, alle alleanze fra Stati, ai trattati internazionali e men che meno riguardo alla guerra e alla pace, come stiamo vedendo anche in questo tempo di guerra “novecentesca”, economica e mediatica. Inoltre una vera democrazia in materia economico-finanziaria non esiste né sul piano nazionale né su quello mondiale o globale che dir si voglia; altrimenti non sarebbe possibile che una ristretta minoranza di proprietari privati detenga la maggior parte della ricchezza, delle risorse energetiche  e delle materie prime di tutto il mondo. Sotto questo aspetto Odifreddi non è che l’ultimo degli autori cosiddetti “elitisti”, cioè seguaci della teoria politica per la quale il potere è sempre in mano a una cerchia ristretta di oligarchi che domina sul popolo, ovvero, con termine più preciso, sulla massa, la quale è amorfa, disorganizzata, confusa, dispersa e atomizzata per definizione. Per gli elitisti la democrazia non può sussistere perché la massa, appunto,  è informe e non è in grado di auto organizzarsi e, se mai si organizzasse, produrrebbe dal suo seno una nuova élite  non necessariamente migliore della vecchia.

Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto

L’illustre storico siciliano delle dottrine politiche Gaetano Mosca (Palermo, 1858 – Roma, 1941), fondatore con Vilfredo Pareto della scuola elitista italiana, parla di “classe politica” al posto di élite e descrive il fenomeno in questi termini: ”Fra le tendenze e i fatti costanti, che si ritrovano in tutti gli organismi politici, uno ve n’è la cui evidenza può essere a tutti manifesta: in tutte le società, a cominciare da quelle più mediocremente sviluppate e che sono arrivate appena ai primordi della civiltà, fino alle più colte e più forti, esistono due classi di persone, quelle dei governanti e l’altra dei governati. La prima, che è sempre la meno numerosa, adempie a tutte le funzioni politiche, monopolizza il potere e gode i vantaggi che ad esso sono uniti, mentre la seconda, più numerosa, è diretta e regolata dalla prima in modo più o meno legale, ovvero più o meno arbitrario e violento, e ad essa fornisce, almeno apparentemente, i mezzi materiali di sussistenza e quelli che all’utilità dell’organismo politico sono necessari” (in Elementi di scienza politica , 1896). Per Mosca, quindi, la democrazia, il parlamentarismo e il socialismo sono solo utopie, teorie politiche per legittimare e mantenere un potere che è sempre nelle mani di pochi, cioè della classe politica.

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Diversamente da Mosca, Vilfredo Pareto (Parigi, 1848 – Ginevra, 1933) pensava che le élite fossero veramente composte dagli elementi migliori di una società e fossero per questo legittimati a governare; inoltre riteneva che il potere non fosse monopolio di un’unica élite ma che ogni ambito della vita sociale avesse la sua particolare élite , come avviene in ambito economico, culturale, burocratico, militare e così via. Pareto distingue poi, riprendendo una celebre distinzione del Machiavelli, tra un’ élite di leoni e una di volpi. I leoni governano con la forza (macht), le volpi con la persuasione e la manipolazione-mascheramento (herrschaft). Nei tempi lunghi saranno le volpi a durare, in quanto il loro potere poggia su un consenso più stabile e duraturo.

Nel suo Trattato di sociologia generale (1916), Pareto si propone di individuare i fattori che garantiscono l’equilibrio del sistema sociale. Ora gli elementi di questo sistema che agiscono gli uni sugli altri sono costituiti dalle azioni non-logiche, così definite rispetto alle azioni logiche. Le azioni non-logiche sono quelle in cui manca la consapevolezza dei mezzi adeguati al conseguimento dei fini e quelle in cui l’adeguatezza è solo soggettiva e non oggettiva, cioè non basata sui dati logico-sperimentali disponibili a ogni soggetto di buona volontà. Se non che Pareto parte dallo studio delle “teorie”, cioè dei sistemi delle credenze associate alle azioni. In sociologia non sono tanto importanti le teorie logico-sperimentali che riflettono fedelmente le azioni logiche quanto le teorie non logico-sperimentali. Queste teorie, anche se scientificamente false, assolvono a una funzione centrale nella vita sociale, proprio perché si richiamano alle componenti non scientifiche che guidano il comportamento umano. Inoltre, all’interno delle teorie non logico sperimentali, Pareto distingue le derivazioni (argomentazioni apparentemente logiche con le quali i soggetti razionalizzano a posteriori i loro istinti e i loro sentimenti) e i residui (cioè quello che resta della teoria dopo che ne viene abrasa la “vernice logica”) Sono questi gli elementi costitutivi di ogni sistema sociale, quelli che conferiscono a ogni società la sua particolare fisionomia. La ricaduta storico-pratica di questo apparato teorico è costituita da quella che Pareto ha chiamato “circolazione delle élite “. In che cosa consiste?  Consiste nel fatto che i residui risultano sempre diversamente distribuiti tra gli individui di una determinata società, ragione per cui ogni società risulterà tra il gruppo dei meglio dotati (élite o classe dominante) e il gruppo dei meno dotati (classe dominata). La società ideale è quella nella quale il rinnovamento dell’ èlite è garantito in modo continuo e regolare, se questo rinnovamento venisse meno o la società si mantiene in  equilibrio oppure si ritrova in una situazione instabile che può sfociare in un sovvertimento rivoluzionario. Questo sovvertimento, tuttavia, secondo Pareto, a differenza di quello che credono i marxisti, i positivisti e i darwinisti sociali, non farebbe progredire per niente la società, come insegna la storia delle rivoluzioni (continua).

Fulvio Sguerso

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