Navi allo sbando

NAVI ALLO SBANDO

NAVI ALLO SBANDO

 Le ultime vicende delle due navi ONG vaganti per il Mediterraneo alla ricerca di un porto ospitale non fanno che riproporre un insoluto dilemma: se lasci sbarcare il carico umano non fai che alimentarne il flusso; se poni un rifiuto passi per insensibile al grido di dolore che in molti raccolgono e fanno proprio, a cominciare dal papa. 

 

 

La Sea-Watch, una delle navi vaganti nel Mediterraneo alla ricerca di migranti/naufraghi. Chi le paga? Lo speculatore finanziario George Soros è indicato come il maggiore “sponsor”: l’Italia sembra essere la sua vittima preferita, dopo la speculazione contro la lira del 1992

 

Ora, io vedo un’incongruenza, in odore di ipocrisia, tra l’incoraggiare il flusso di clandestini e, al tempo stesso, scoraggiare ogni politica o pratica di limitazione delle nascite che più volte si è tentato di fare nei Paesi ad esplosione demografica, asiatici ed africani; limitazione sempre osteggiata dal Vaticano.

Quello che si dimentica è che viviamo sulla Terra, e non in Paradiso; e la Terra è soggetta a ben precise leggi ecologiche, secondo le quali la regolazione delle nascite è lasciata a fattori non umanamente negoziabili: il territorio fertile pro capite, i consumi pro capite, senza tener conto dei quali subentrano fattori inflessibili a rimettere le cose in ordine: la fame, la sete, le malattie.

L’uomo tecnologico s’è illuso di poter sorvolare su queste inderogabili regole, forzando a morte i terreni, disboscandoli e disseminandoli di fertilizzanti sintetici e fitofarmaci, con ciò innescando un inurbamento di massa e recidendo il legame ombelicale di ciascuno con la terra. Di più, sfruttando il sottosuolo a dismisura, si vanta di estrarre dalle sue viscere minerali e combustibili fossili accumulati in milioni di anni per consumarli nel giro di decenni, rilasciando poi nell’ambiente, inquinandolo, i prodotti di scarto. 

 


La popolazione esplode a partire dall’industrializzazione. Prima, la crescita era regolata da fame, sete, malattie, guerre. Oggi  il nostro maggior nemico siamo noi stessi

 

Processi di tal fatta sono ammissibili solo in presenza di sparuti drappelli di umani sul globo, non certo miliardi. Basti guardare il grafico della crescita demografica, anche solo dai tempi dell’antica Roma, quando eravamo in tutto qualche centinaio di milioni, per renderci conto di quale peso siamo diventati per il pianeta.

 

 L’Africa è il continente con la più impetuosa crescita demografica: >3% annuo! Se i Paesi meno prolifici accogliessero i suoi surplus, il mondo intero ne verrebbe sopraffatto. E’ questo che vogliono i nostri “buonisti”?… VEDI

 

Inoltre, mentre la tecnologia avanza e sforna prodotti sempre più sofisticati, di precaria durata e di difficile riciclabilità, mentre il consumo di suolo a scopi edili e stradali avanza inesorabile, ci accorgiamo che, mentre la cavalcata dell’industria non trova ostacoli, perché “dà lavoro”, nessun governo è in grado di fermare queste patologie, che costituiscono una sorta di cancro globale, cui tutti assistiamo, anzi concorriamo, convinti della sua irreversibilità, come un piano inclinato verso il baratro che non riusciamo a raddrizzare, in quanto ci siamo posati sopra.

Il governo in carica è un esempio lampante dell’incapacità di intraprendere svolte significative rispetto alla deriva che ci coinvolge a ritmo accelerato. E i punti eternamente dolenti di qualunque programma elettorale, in quanto sono i primi ad essere disattesi, sono quelli concernenti l’ambiente, in quanto quest’ultimo richiede pianificazione a lungo termine, ossia una forma mentale che solo uno statista ha e riesce a far prevalere; non certo uno dei tanti politicanti in ansiosa ricerca di voti, generalmente dati per propri interessi di settore e non certo all’interno di una visione d’assieme.

Il M5S, pur con un notevole surplus di parlamentari rispetto al suo compagno di governo, non fa che arretrare di fronte ad ogni problema di tipo ambientale, con ciò erodendo la consistenza del suo elettorato, fortemente orientato in senso ambientale. D’altronde, basta guardare a che percentuali s’è ridotto il partito dei Verdi, proprio per l’indigeribilità delle regole ambientali da parte della maggioranza degli italiani. Chi tenta di privilegiare l’ambiente si avvia ipso facto verso il supplizio di san Sebastiano, con plotoni di arcieri e relative saette, pronti a trafiggerlo. 

Non c’è giorno che i notiziari non riportino piccole o grandi sconfitte sul fronte ambientale. E c’è da giurare che anche la tanto contestata TAV farà la fine della TAP e di infiniti altri cedimenti al “mondo produttivo”, ai “posti di lavoro”, mentre, in contraddizione, le imprese, che lottano per sopravvivere in un mondo ultra competitivo, si affannano proprio per ridurre quei posti di lavoro, tagliando il personale e/o sfruttandolo senza pietà. Eppure, di lavoro in campo ambientale ce ne sarebbe a iosa. Ma si tratta di investimenti a lungo termine, sparsi sul territorio; mentre si preferiscono le grandi opere localizzate, con bassi rapporti lavoratori/investimenti e molto graditi a imprese spesso in odore di mafia o di tangenti.

Tornando al tema migranti, se l’attuale linea di chiusura dei porti dovesse invertirsi sarebbe un chiaro segnale a popoli come ad es. quello nigeriano, estremamente prolifico, di continuare tranquillamente a fare figli, che poi tanto c’è Mamma Europa pronta ad accoglierli e a sfamarli. Eppure, non c’è, né a sinistra né in Vaticano, alcuna voce che ponga l’accento sulla fonte delle migrazioni, anziché sui loro sbocchi mediterranei, optando per ripetute, pietose accoglienze.

Sono stato fondatore, assieme ad altri visionari, del primo Partito Verde italiano, a Finale Ligure, nel lontano 1985. E verde sono rimasto. Ma proprio per questo mi rattristo al vedere la strana coesistenza, in quel poco che di tale partito è rimasto, di “buonismo”salottiero e idee ambientaliste. Mi sfugge come Bonelli e il suo modesto seguito non si rendano conto di quanto contraddittorio sia questo loro comportamento, che tende a salvare capra e cavoli.

 

I circoli rossi indicano metropoli che a breve “ospiteranno” (si fa per dire) oltre 10 milioni di abitanti/baraccati, nutriti dai moderni latifondisti: le multinazionali agro-chimiche.

 

La parte prolifica del mondo non rispetta le regole ecologiche cui accennavo all’inizio, ma pretende, con tanto di accaniti fiancheggiatori nel mondo occidentale, di continuare a figliare, per poi impietosirci, come la zingara all’addiaccio col pupo in grembo. Da ciò non si può che concludere che la politica dell’accoglienza a prescindere sia scriteriata e suicida.

Invito quanti insistono nel sostenere il contrario a spiegare come si concilia la moltiplicazione a piramide degli umani con la capacità della terra ad ospitarli dignitosamente. Continuando a moltiplicarci, pur di non dover attraversare il Scilla e Cariddi della decrescita, stiamo marciando a tappe forzate verso il 3° conflitto mondiale.

 

A proposito di navi nel Mediterraneo: ecco il panfilo Britannia, dove nel 1992 si decise il sacco dell’Italia; che oggi prosegue, nei “mercati” e via mare.

 

Alla luce di tutto quanto sin qui detto, è quasi patetico vedere navi ONG, i cui finanziamenti tra l’altro destano più di un sospetto, girovagare per il Mediterraneo alla ricerca di migranti, con ciò incoraggiando le organizzazioni criminali africane a spingere in mare altri disgraziati, a loro volta in fuga da nazioni dove si figlia “come conigli”, per usare un’espressione di papa Francesco. Ogni salvataggio non fa che accrescere le speranze di raggiungere la nuova “terra promessa” e spegnere ogni senso di responsabilità nel procreare umani a dismisura, certi che qualcun altro se ne farà carico.

Chiudere i porti, certo, ha l’amaro sapore dell’abbandono, ma aprirli non fa che incancrenire la piaga. “Fuggono dalla fame”. Vero. Ma se il pane esistente non basta, se dilaga la carestia, che senso ha ingravidare 8 volte una donna? E che senso ha intervenire solo a valle, anziché a monte?

 

Marco Giacinto Pellifroni    13 gennaio 2018

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