Chi stringe la tenaglia che soffoca l’Italia. La beffa della destra di governo

C’è voluto che il governo spedisse i cosiddetti profughi nei porti del nord  – Livorno, Ancona, Ravenna – scatenando le rimostranze dei relativi sindaci per aprire uno spiraglio sui costi dell’accoglienza, tenuti accuratamente nascosti  al contribuente e alla pubblica opinione. E se è vero, e non ho motivo per dubitarne, che quelli regalatici dalle Ong sono una piccola parte di quanti sbarcano sulle nostre coste con mezzi propri o a bordo delle imbarcazioni della guardia costiera (toh, quella che avrebbe dovuto impedire gli sbarchi!) visto che qualche decina di clandestini mettono a repentaglio il bilancio del comune di Ancona figuriamoci quale zavorra per l’economia italiana sono i 180.000 nuovi arrivati nel 2022 e i milioni che si sono installati in Italia negli ultimi anni.

Se gli italiani con lo stesso zelo con cui quotidianamente sono stati martellati sulle morti per covid  e lo sono ora sulle presunte stragi di civili in Ucraina venissero informati sul prezzo che stanno pagando per non  inimicarsi l’Ue (della quale l’Italia è suddita e non parte),  se conoscessero i veri motivi per cui il primo cittadino di Milano si arrovella notte e giorno per escogitare nuovi trucchi per fare cassa e il governo, dopo aver limato le pensioni e messo in cantiere una riforma dell’Irpef allo scopo di aumentare – non diminuire – il gettito fiscale, si è affrettato a rimettere le accise sui carburanti (Salvini,  Salvini…), se prendessero coscienza  che l’Italia è stretta in una tenaglia voluta dalla politica: la partecipazione alla guerra per procura degli Usa contro la Russia e il via libera all’invasione islamica dall’Africa e dall’Asia, se sapessero che è per questo che sono ridotti alla fame sono convinto che la loro rabbia troverebbe il modo di incanalarsi e far crollare i palazzi del potere, con o senza una rappresentanza politica.

Sull’Ucraina mi devo ripetere. Capita di rado che in un conflitto la ragione sia da una parte sola ma questa volta è successo; e l’unanimismo rivoltante con cui intellettuali politici e giornalisti continuano con il mantra dell’invasione non scalfisce l’evidenza di un intervento (troppo a lungo dilazionato) per far cessare un’intollerabile operazione di pulizia etnica  trascinatasi per anni. A quei giornalisti, politici e intellettuali si dovrebbe chiedere che fine ha fatto il principio dell’autodeterminazione dei popoli, se  ritengono che la banda che aveva preso il  potere in  Russia con la pseudo rivoluzione bolscevica godesse di un’investitura divina per la quale provvedimenti come quello  di regalare la Crimea e le regioni russofone del Donbass alla neonata repubblica popolare di Ucraina sono sacri e immodificabili. E  ci dicessero a cosa diavolo serve la Nato, l’organizzazione nordatlantica di difesa dal comunismo sovietico nata nel 1949 in piena guerra fredda alla quale  con la fine della neutralità della RFT seguì la risposta simmetrica del patto di Varsavia, quando l’Urss è collassata su se stessa da trenta anni e i suoi satelliti, Polonia in testa, se ne sono completamente svincolati e hanno a loro volta abbattuto i regimi comunisti. Se poi, già che ci sono, spiegassero in base a quali criteri la Russia è fuori dalla  storia e dalla cultura  occidentali mentre ne sono parte integrante la Turchia o gli emirati arabi sarei anche più contento.

Putin, la Nato e Zelensky

Ma degli intellettuali non vale la pena parlare, sono quello che sono; i politici diciamo che fanno il loro mestiere  e i giornalisti  nel migliore dei casi sono ricattati. Impressionante il caso di un quotidiano del sud (potevo mettere la maiuscola): qualche settimana fa un titolone in prima pagina con tanto di foto: quest’uomo è pericoloso (l’uomo era Zelenski e l’occasione una delle sue deliranti dichiarazioni). Un sospiro di sollievo: da qualche parte esiste ancora la stampa libera; ma il giorno dopo  firma scomparsa, sul conflitto la linea cambia di 180 gradi con un perfetto allineamento nel coro delle fake news e delle notizie passate al vaglio dell’ambasciata ucraina, quella che vorrebbe far sparire dagli scaffali delle nostre librerie gli autori russi, riesce a impedire che una pianista russa si esibisca nei nostri teatri  ed è profondamente irritata dal Boris Godunov alla Scala di Milano. Già, la Scala. Con la presidente tutta in ghingheri che ha voluto celebrare il suo riscatto sociale presenziando a quella disgustosa fiera delle vanità che rende un pessimo servizio alla musica e alla cultura.

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Poi vecchi e nuovi  leccapiedi di regime rimproverano a Conte di farsi le vacanze a Cortina, come se avesse pagato il conto coi sodi del Qatar.  La Meloni dopo aver bypassato l’Europa per farsi accreditare direttamente dal Capo Supremo ora entra a passo di danza nelle stanze dell’eurocrazia canticchiando Sono come tu mi vuoi, snocciola felice l’inglese imparato all’istituto professionale, pappa e ciccia con Ursula von der Leyen (femminista ma guai rinunciare al cognome del marito) e  pronta da brava e diligente  scolara qual è a prendere appunti. Lei che non ha mai detto di voler togliere le accise dai carburanti, ha sempre saputo che le migrazioni sono un problema epocale che l’Italia non può affrontare da sola, lei che notoriamente guidava un partito pauperista  nemico del ceto medio e non capisce perché il suo alleato Berlusconi si sia piccato di escludere l’Imu dalla prima casa. C’era una che le somigliava  e si era spacciata per lei in campagna elettorale ma per fortuna è stata identificata e soppressa, una che farneticava di blocco navale, soldi ai pensionati e ai dipendenti, fine del salasso fiscale, stop ai bonus e alle mance, voce grossa in Europa, basta con le accise, più sicurezza, investimenti sulla sanità, sulla scuola, sulle infrastrutture e su tutto recupero della sovranità nazionale.

Giorgia Meloni

Mea culpa, mea maxima culpa. Io sapevo di che panni vestono i fratelli d’Italia e sapevo che la Meloni non era semplicemente il nulla ma una sciagura per il Paese; bisognava non andare a votare mettendo così in crisi la politica o turarsi il naso e lasciare ai compagni la responsabilità di reggere il timone. Quantomeno, in attesa di tempi migliori, Lega e Forza Italia avrebbero avuto le mani libere per  una parvenza di opposizione. Del resto, allo stato attuale e per i segnali che si possono cogliere, se  sulla Nato, l’Ucraina,  l’invio di armi e le sanzioni ci dovesse essere un pur tardivo ripensamento non verrà dalle lande della destra e, sull’invasione islamica dall’Asia e dall’Africa, male che vada a sinistra non si potrà fare peggio del governo Meloni; e la pace, l’indipendenza nazionale, la prosperità del Paese valgono matrimoni gay, uteri in affitto, suicidi assistiti e tutto il bagaglio di diritti e valori rivendicati dai compagni.

Pierfranco Lisorini

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