Celle Ligure, l’evoluzione negativa del paese. (Parte seconda)

Parte prima

Celle Ligure è già adesso un paese di scarsa vitalità:
diventerà a breve termine un paese stanco, soprattutto per i giovani!

Si è già scritto che la famiglia media cellasca è composta da 1,92 persone.
La Liguria è l’unica Regione ad avere la media dei componenti della famiglia inferiore a due. In Liguria solo due Provincie hanno indice inferiore a due: Savona e Genova. In Provincia di Savona solo sei Comuni con popolazione compresa fra 5.000 e 20.000 abitanti hanno indice inferiore a quello di Celle Ligure. In Italia solo una ventina di Comuni simili ha indice inferiore a quello di Celle Ligure.
Avere una composizione media della famiglia inferiore a due significa avere un elevato numero di persone sole, quasi tutte anziane e in parte con reddito di pensione molto basso. A ciò corrisponde un onere sociale molto dispendioso per i Comuni e una maggiore sofferenza sociale. La condizione di Celle è già adesso una delle più difficili ed è destinata a peggiorare, anche di molto.
L’ultimo dato statistico che si prende qui in considerazione è quello del saldo migratorio dei laureati, la cui importanza è inutile sottolineare.
Il nord-ovest, del quale fanno parte Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia, ha un saldo positivo pari a 13,7; cioè, per mille laureati residenti di età 25-39 anni, i laureati provenienti in un anno da altre macro Regioni sono più numerosi di quelli partiti di 13,7 unità: il nord-ovest attira laureati dando loro adeguato incarico professionale-

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La Provincia di Savona, invece, pur facendo parte del nord-ovest, ha un saldo negativo pari a – 13,5. I laureati che sono qui arrivati sono molto meno di quelli che si sono trasferiti altrove, per una quantità di 13,5 ogni anno, per ogni 1000 laureati residenti.
Pur facendo parte di un territorio che ha saldo positivo di 13,7 Savona ha un saldo negativo di -13,5: un record di cui non ci si può certo vantare!
Celle Ligure vede la continua perdita dei propri laureati, che è una delle perdite più importanti.
Ciò che viene fuori da tutte queste considerazioni non è l’immagine finale del paese, perché gli indici ci danno la portata di un fenomeno, la misura e il verso di un cambiamento; la condizione privilegiata di Celle, economica, sociale, culturale, fa sì che la situazione finale, al raggiungimento di un nuovo equilibrio, probabilmente sarà ancora di sufficienza; ora, però, sappiamo che la perdita che subiremo sarà di grande rilievo e si tradurrà anche in perdita di reddito.
La forte diminuzione della popolazione, il suo eccezionale invecchiamento, il numero delle persone sole, la perdita dei giovani e in particolare di quelli che più possono dare alla comunità in termini di guida e spinta, fa sì che in breve il paese che ne residuerà vedrà di molto ridotte le condizioni che fanno viva e attiva in tutti i campi una comunità. Celle del prossimo futuro sarà molto diversa da quella attuale e soprattutto da quella che era prima dell’inizio del cambiamento.
Celle Ligure è già adesso un paese di scarsa vitalità: diventerà a breve termine un paese stanco, soprattutto per i giovani!
Cellesi – o cellaschi – se il vostro reddito non subirà cambiamenti da tutto ciò, se non siete in alcun modo legati al turismo e alla popolazione residente, come lo sono i commercianti, gli albergatori, gli artigiani, i balneari, i gestori di bar, i proprietari di alloggi e di negozi, i liberi professionisti, se siete disponibili a veder diminuire sempre più la bellezza del vostro paese, se vi accontentate della Tv e soprattutto se ritenete che la gestione del vostro comune, della quale addirittura non siete stati tenuti minimamente informati, sia affare di altri, continuate pure così.
Ma se ritenete che il bene dei vostri figli e nipoti sia affare vostro, se desiderate il bello, se volete ravvivare l’ambiente nel quale vivete, se siete ancora sensibili alla richiesta di giustizia, se il vostro senso civico prevede la partecipazione ai processi di amministrazione del bene pubblico, se vi siete convinti che la partecipazione non sia un “metterci la faccia” privo di senso e addirittura offensivo (direste ad un milite della Croce Rosa: “bravo che ci hai messo la faccia”?) ma una risposta al richiamo del territorio – popolazione, ambiente, storia, cultura e tradizioni – assolutamente privo di interessi di parte ma accomunato in un momento difficile, allora fatevi avanti. SARETE ORGOGLIOSI DI VOI!

La bellezza di Celle, sempre vantata da tutti ma costantemente violata

Appena sopra ho fatto  cenno alla bellezza di Celle, sempre vantata da tutti ma costantemente violata.

Il meraviglioso cedro del Libano dal giardino della chiesa di S. Michele,

La bellezza è un valore dal quale è facile allontanarsi senza accorgersene, perché, pur conservandone l’apprezzamento, si perde il senso della bruttezza.
Negli ultimi anni di cose brutte ne abbiamo visto fare tante. Fra tutte la costante eliminazione degli alberi: a Celle, così continuando, nessun albero giungerà ad essere centenario. Siamo arrivati ad eliminare una quercia monumentale cinquecentenaria (abbiamo le fotografie del tronco tagliato perfettamente integro), un meraviglioso cedro del Libano dal giardino della chiesa di S. Michele, un intero viale di pini, i pini di via Colla e di largo Giolitti, le palme di piazza dell’Assunta e molto altro. Se non verranno curate perderemo anche le particolarissime querce da sughero della Natta.
Non dobbiamo abituarci al brutto, dobbiamo vederlo, l’abbrutimento, e correggerlo. Se non sarà possibile la sua trasformazione dovremo nasconderlo.
Celle è bellissima vista da distante o dall’alto, ma perde quasi ogni bellezza vista dal di dentro. A salvarla rimangono il centro storico, i nuclei antichi frazionali ed il lungomare della Crocetta.
Per promuovere la partecipazione di Celle al concorso Borgo dei Borghi si sono utilizzate le immagini del passato – i caruggi, la Crocetta, le chiese, la spiaggia – e niente di più recente o del presente; segno che negli ultimi anni niente si è aggiunto di bello; addirittura, infiniti interventi edilizi privi di caratterizzazione hanno deturpato oliveti e pinete al punto da non poterne più fare vanto.
Chi ha memoria di quel che era decenni fa ricorderà di aver incontrato con frequenza pittori sconosciuti i quali, sistemato il cavalletto, ritraevano scorci e vedute di Celle; ricorderà anche l’esposizione pittorica di alcuni di loro sul muretto del rio Ghiare o i quadri del paesaggio cellese nelle botteghe dei pittori Molmar e D’Aquino. Celle era da dipingere!  Quanto scambio ci fu fra Raffaele Arecco, maestro del colore, e la sua Celle!
>Restituire bellezza al paese è diventato un obbligo urgente e prioritario; dalla sua buona riuscita dipende l’avvenire di Celle. Ce lo dice l’esperienza scientificamente studiata: non vi dipende solo il recupero di un turismo in via di degrado, ma anche la ricostituzione di un solido rapporto sociale fra cittadini che hanno ormai affidato al solo associazionismo di volontariato il suo mantenimento: l’impegno prolungato, costante, per il raggiungimento di un obiettivo condiviso e alla portata di tutti ricrea una comunità.
Che il turismo sia in forte degrado non lo si può certo negare. Degrado che non è cominciato adesso, è cominciato parecchi anni fa. Nel 2014 il gruppo “Futuro Oggi” lo denunciò pubblicamente, prevedendo il calo di reddito turistico, in particolare delle strutture alberghiere, che avrebbero perso interesse a rimanere tali. Non fu creduto. Si assiste, così, ad una continua e distruttiva loro trasformazione in residenze. È inutile, oggi, vantarsi di aver avuto ragione, ma è necessario ricordare che per amministrare bene si devono prevedere i fenomeni in arrivo: riconoscerli quando già hanno prodotto i loro effetti è da incompetenti e soprattutto è inutile.
Va detto, però, che la trasformazione in residenze degli alberghi ha trovato qui a Celle una possibilità di attuazione ben maggiore che altrove, supportata dall’Amministrazione Comunale che l’ha favorita. Sarebbe stato meglio, invece, impegnarsi ed operare per restituire al paese la passata capacità di attrarre turismo e incrementarne la redditività.
Decenni fa a Celle si trasformarono gli appartamenti in pensioni e, dopo, in alberghi, creando la ricchezza che ci ha poi accompagnato; adesso si fa l’operazione contraria, credendo scioccamente di ottenere lo stesso risultato. No, il risultato, ovviamente, sarà l’opposto.
Come detto, rimetterà le cose nel loro giusto cammino la rivalutazione della bellezza. Questa sarà l’obiettivo primario, conseguibile attraverso l’opera di cittadini che mettano al servizio della collettività la loro sensibilità accompagnata, com’è sempre, con l’amore verso la natura. Sarà la stessa sensibilità, con la consapevolezza della sua importanza, a suggerire a questi cittadini di attivarsi in risposta alla comune richiesta.

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La bellezza è la priorità assoluta, ma occorre precisarne meglio il significato.
Innanzitutto chiarendo che l’impegno a ridare bellezza ad ogni porzione di paese – via, piazza, angolo, vicolo, scala, muro, lampione, giardino, panchina, parapetto, aiuola, ecc – creerà in brevissimo tempo il substrato per inserire opere più importanti. Ma, intanto, cambierà il paese. Faccio un esempio, così si capirà meglio: lungo via Mulino a vento, sulla destra a salire, si sviluppa un alto e lungo muro di nudo cemento, bruttissimo; anche a fasciarlo di pietra rimarrebbe troppo impattante. Perché, allora, non coprirlo con piante di buganvillea a colori diversi? Sarebbe uno spettacolo! Visibile anche dalla ferrovia e dai treni in transito. Rimanendo in zona, perché non coprire il parcheggio dietro la stazione con un pergolato di glicine? Potete ben immaginare l’effetto complessivo, con una spesa assolutamente irrisoria. Banalità? Mica tanto; se non si è mai fatto è perché non vediamo più il brutto e quindi non promuoviamo il bello.
Ecco il primo impegno dei partecipanti alla lista: scoprire i possibili abbellimenti, che non sono solo di coprire con fiori colorati (e magari profumati) ma di sostituire ringhiere di ferro arrugginito, bruttissimo anche da nuovo, con staccionate in legno o frangisole in cotto, cemento con mattoni, asfalto dei viottoli con ciottolato e mattoni rossi e mille altre iniziative. Pensateci un attimo e molti di voi lettori, certamente, cominceranno a individuarne alcuni esempi, anche vicino a casa propria (non c’è niente di male, anzi!) e, oltre a capire che affidata a molte persone, l’iniziativa può diventare importante, capiranno che può davvero costituire il primo importante cambiamento.
Occorre, però, tenere presente che la bellezza deve appartenere ad un insieme, oltre che ai particolari, e quindi deve essere funzionale al raggiungimento di un risultato coerente ed equilibrato, non disordinato, poco gradevole e comunque inferiore alle attese.
L’insieme, cioè il paese, non può prescindere dall’impronta che gli si vuol dare. Fino agli anni ‘50 l’abitato di Celle era il risultato di un equilibrato accostamento/sovrapposizione di stili ben marcati, sia architettonici che dell’arredo urbano, significativi dei corrispondenti periodi storici, sapientemente fusi fra loro.
Quasi tutto ciò che è stato realizzato dopo è privo di qualsiasi caratterizzazione, anonimo e sostanzialmente brutto. E purtroppo è tanto. Chi non riesce a vederci il brutto ha smarrito completamente la capacità di valutare i valori estetici.
Si deve decidere, quindi, quale deve essere infine la caratterizzazione del paese.
Ecco, allora, il primo dei tre verbi-chiave:
CARATTERIZZARE.
Tutto deve concorrere a caratterizzare. Si può proporre una prima caratterizzazione complessiva: il paese deve essere ROMANTICO.
Se si decide in tal senso tutto deve essere romantico: i lampioni a barattolo sono tutt’altro che romantici! La plastica degli arredi non è romantica. L’eccesso di luce non è romantico. La musica techno non è romantica. Il silenzio totale non è romantico. I cancelli a pantografo dei negozi non sono romantici. Sono romantici i lampioni, il ferro battuto, il legno, i mattoni, la ceramica, la panchine in stile, i gerani al balcone, le fontane, le rose rampicanti, i portoni con il battente.
È romantica la vecchia passeggiata con il San Giorgio (poi Alborada) e il piano bar, o lo Chalet con l’orchestrina. Non è romantica la passeggiata con niente.
È romantica l’edilizia del borgo marinaro, anche se non antica, come lo sono quella dei nuclei frazionali e delle case contadine o delle ville liberty; non lo è quella dei palazzoni squadrati.
Caratterizzare vuol dire anche un’altra cosa: “Celle è il paese dove ….”. Provate a mettere parole al posto dei puntini. Parole che abbiano senso anche a Milano, Roma, Napoli, Parigi, Düsseldorf, cioè che non siano una comunissima banalità. Io non saprei cosa metterci. Potrei tentare con “dove è nato Papa Sisto IV” ma non credo che avrebbe successo: cosa volete che se ne facciano a Parigi se non ce ne facciamo niente nemmeno noi! Non abbiamo niente che ci distingua in modo significativo. Eppure ci vuole, è irrinunciabile se vogliamo risollevarci. Può essere un fatto naturale, può essere un evento, può essere una tradizione, può essere qualsiasi cosa bella o interessante purché sia unica.
Le Cinque terre sono conosciute in tutto il mondo per la loro unicità paesaggistica complessiva, Borgio Verezzi per il suo teatro estivo all’aperto (invenzione straordinaria), Albisola può esserlo per la ceramica e i suoi grandi artisti (unica per la sua importante partecipazione a movimenti artistici), Perugia per Umbria jazz estate, Carrù per la Fiera del Bue grasso, Laigueglia per il Trofeo ciclistico (non per essere giunto 4° nel concorso Il Borgo dei Borghi), Toirano per le grotte, Alba per il vino e il tartufo.
Qui ci vuole inventiva e, magari, un po’ di cultura del luogo.
Tralascio la prima, non perché non abbia proposte ma perché molti altri possono averne: verrà il momento di metterle a confronto. La seconda mi dice che Celle ha avuto una caratteristica che adesso avrebbe molto valore per la sua visibilità e per il suo effetto – chi l’ha vista una volta non la dimentica più. Il toponimo “Buffoü” significa “che sbuffa”. Presso la punta del Buffoü vi è una grotta a mare che sottopassa la via Aurelia e che aveva un camino verticale che sbucava al di là della strada, a sinistra verso Varazze. Quando vi era mareggiata dal foro del camino usciva, ad ogni ondata, un potente getto d’acqua, che si innalzava molti metri sopra l’Aurelia. Dopo la guerra il foro fu chiuso perché incompatibile con il traffico stradale. Perché non ricostruirlo con la bocca dalla parte del mare incrementandone la pressione per farlo innalzare verso il largo almeno una trentina di metri?
Non deve essere unico l’elemento di caratterizzazione: la sua pluralità avrà effetto su una pluralità tipologica di turisti.

Continua

Luigi Bertoldi

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