Bartolomeo Guidobono pittore tra Genova e Torino

Il dipinto che presentiamo è di Bartolomeo Guidobono Savona 1654 Torino 1709 olio su tela centimetri 59 × 84.  Secondo uno schema privo di rigore, ma anzi giocato sulle suggestioni della simmetria e della spontaneità che è propria della realtà più che della riorganizzazione mentale di tante nature morte, Bartolomeo Guidobono dispose qui senza ordine né simmetria su un  piano dai confini sfumati, frutti, cacciagione e pollame
Da sinistra irrompe, come di sorpresa, un coniglio; elemento vivo, secondo la tipica accezione di quella che è stata definita la natura morta animata fiamminga genovese. il materiale Buon raccolto a tutt’oggi sull’attività del pittore Ligure nel campo di questo genere, a partire dal primo saggio inserito nella sua monografia (A. Orlando. Le nature morte dei Guidobono, in M. Newcome Schleier, Bartolomeo e Domenico Guidobono Torino 2002 pp 129-144) seguito dall’aggiunta di alcuni inediti (A. Orlando dipinti genovesi dal 500 al 600. Ritrovamenti dal collezionismo privato, Allemandi, Torino 2010 e A. Orlando, Pittura Fiammingo-genovese. Nature morte ritratti e paesaggi del seicento e primo settecento ritrovati dal collezionismo privato, Torino, Allemandi (2012) rende inequivocabile l’appartenenza di questa nuova tela al suo catalogo.
Dopo al carriera ecclesiastica, Bartolomeo esordisce con il padre come decoratore nella sua fabbrica di maioliche.
Nel 1680 è già a Genova, ma i suoi viaggi di studio a Venezia e Parma, verosimilmente tra il 1680 e il 1685, spiegano in parte il suo distaccarsi dalla cultura figurativa dominante in ambito locale (quella di Domenico Piola amico del padre e suo padrino di battesimo) verso la cultura più sofisticata e complessa. Bartolomeo è poi a Torino col fratello tra il 1684 circa (anno dal bombardamento francese su Genova) e nel 1689, e poi dal 1702 alla morte
L’attività di Bartolomeo e Domenico Guidobono si divide tra Savona, Genova e Torino dove risiedono ed esercitano la loro attività, una prima volta tra il 1685 e il 1689, successivamente a partire dal 1702 per un secondo soggiorno più stabile e duraturo
La figura di Bartolomeo è quella che ha goduto di maggiore fortuna e continuità di studi, potendo già contare sugli scritti degli eruditi genovesi a partire dalla biografia dedicatagli nel Settecento da Carlo Giuseppe Ratti.
Carlo Giuseppe Ratti elogia “quel bel misto di colore” che Bartolomeo Guidobono avrebbe acquisito frequentando per qualche anno a Venezia la pittura dei grandi veneziani del Cinquecento; non possiamo dargli torto, anche se “quel bel misto” è di ricetta ben più complessa comportando anche la vellutata delicatezza di Correggio e l’inarrivabile magia illuministica di Rembrandt. Ratti non poteva ignorare queste componenti, lui che scriverà una biografia di Correggio attingendo alle felici annotazioni di Mengs, ma importa tenere in conto la sua sottolineatura veneziana per capire la speciale collocazione di Bartolomeo e del fratello Domenico nel panorama pittorico genovese e soprattutto in quello torinese.
Secondo il suo biografo Carlo Giuseppe Ratti, Bartolomeo “tenne aperta scuola e con geniale affetto Insegnò. Ben vero, che pochi discepoli ci ebbe [ … ]. Fu il fratello minore Domenico (Savona 1668 – Napoli 1746} a proseguire I esperienza della bottega dopo la sua morte nel 1709 a Torino. Fedele assistente e collaboratore per tutta la vita del fratello, Domenico è definito da Ratti “di lui Scolare, ed imitatore si esatto; che l’aiutava in molte Opere, e specialmente nel dipingere fiori, e frutti; nel che riusciva per eccellenza”.
Lo ‘stile Guidobono’ non ha confronti possibili, anche se gli studiosi liguri tendono a comparare il loro linguaggio formale dalle grandi figure a quello di Domenico Piola, Giovanni Andrea Carlone e Domenico Parodi, mentre altri parlano di Seiter e di Loth.
Comunque, le scene da sogno con fiori delicati e volti naturalistici sorridenti
dipinte da Bartolomeo trovano un eco nella pittura francese deI Settecento (Boucher e Fragonard) e alla fine delsecolo nella ceramica di manifatture come Boselli e Meissen

Renato Giusto

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