A margine dell’incontro su “Antisemitismo di ieri e di oggi”

Nella conferenza “Antisemitismo di ieri e di oggi” che lo storico e scrittore prof. Pier Franco Quaglieni ha tenuto ad Albenga il 22 gennaio 2024, una delle tesi di fondo sostenute e ribadite con convinzione è stata come Israele sia una nazione laica e democratica.
Così, quando al termine della conferenza si è dato spazio alle domande dei presenti, ho ritenuto di rappresentare come ciò non fosse per nulla scontato.
Infatti solo circa il 74 % della popolazione di tale Stato è costituita da israeliani ebrei, mentre l’altro 26 % è composto soprattutto da israeliani musulmani, e poi, in ordine sparso, da israeliani drusi, israeliani beduini, israeliani melchiti, israeliani greco-ortodossi, israeliani circassi…
Ecco, per constatare che laicismo e democrazia sono tutt’altro che scontati, basta fare riferimento alla Legge della Knesset del 18 luglio 2018 in cui all’art. 1 comma 2 si trova scritto che
“Lo Stato di Israele è la patria nazionale del popolo ebraico, in cui esercita il suo diritto naturale, culturale, religioso e storico all’autodeterminazione”, e all’art. 1 comma 3 si trova scritto che
“Il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è esclusivamente per il popolo ebraico“.
L’appartenenza religiosa quindi fa da discrimine, e come tale va ad annullare il concetto di laicità. Su questo il professore non ha ribattuto. Anche perché c’era poco da ribattere: è il Parlamento israeliano che a maggioranza ha attestato nero su bianco di essere razzista.
Asserire poi che Israele sia una nazione democratica (le dichiarazioni del ministro per gli “Affari e patrimonio di Gerusalemme” Amichai Eliyahu, che insiste nella proposta di sganciare l’atomica su Gaza, rendono l’idea di come intendano la democrazia certi esponenti politici di grosso calibro) non è coerente con il fatto  che Menachem Begin sia stato incaricato di presiedere il Governo dal 1977 al 1983 nonostante i suoi trascorsi di gravi e reiterati atti terroristici.
Anche su questo il professore non ha ribattuto. Mi ha soltanto mosso la critica di non aver detto che Begin era stato insignito del Premio Nobel.
E’ vero. Non lo ho detto.
E non lo ho detto perché semplicemente non era necessario: chi è morto non è che resuscita se chi lo ha ammazzato riceve il Nobel. Una persona è quello che è.  
Fingiamo tuttavia che sia così, e cioè che il Nobel realmente nobiliti, e che sia sempre un premio assegnato per puro merito, non determinato in larga (o larghissima) parte da motivi estranei al merito (e mi riferisco a tutti i campi: scientifici, letterari, economici…).
Ma allora perché il professore poco prima aveva espresso una condanna senza appello sulla persona di Yasser Arafat?
Anche Arafat è stato insignito del Nobel!…
Non credo proprio che non lo sapesse, essendo specialista di storia contemporanea.
Non credo neanche lo abbia fatto di proposito, perché mi è sembrato persona corretta e in buona fede.
Per esclusione, mi pare che resti la spiegazione dell’ideologia, cosa da cui tutti siamo un po’ condizionati.
Essa ha una sua funzione; può tornare utile. Ma bisogna stare attenti: tende a deformare le cose, a preconfezionarne il giudizio.
Nel caso specifico, il professor Quaglieni se non ne fosse stato un po’ vittima forse non avrebbe invitato me a precisazioni che sarebbero spettate in maniera simmetrica prima di tutto a lui.
In altre parole: da dove la pretesa che io dica del terrorista sionista Begin che è stato insignito del Nobel, se chi me lo richiede qualche minuto prima non ha detto che del Nobel è stato insignito il terrorista palestinese Arafat? 

Fulvio Baldoino

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