VENTICINQUE APRILE E DINTORNI

Che cos’è il 25 aprile? La definizione è facilmente reperibile su Wikipedia: “E’ l’anniversario della liberazione d’Italia, noto anche come festa della Liberazione. E’ una festa nazionale della Repubblica Italiana, che si celebra ogni 25 aprile per commemorare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione tedesca e la definitiva caduta del regime fascista”.

Dunque qual è, come si dice oggi, il problema? Il problema è che non tutti gli italiani la riconoscono come una loro festa: per una parte – sia pur minoritaria ma irriducibile – di italiani, in quel giorno non c’è stata una vittoria ma una sconfitta, per loro  è un giorno di lutto; perché? Perché per quella minoranza di nostri concittadini è il ricordo della resa senza condizioni al nemico, della tragedia della fine del fascismo e della (tentata)  fuga di Mussolini e della sua condanna a morte insieme a  tutti i gerarchi fascisti.  Lo spiega bene Mirco Santarelli, gran cerimoniere dei raduni di Predappio, presidente degli Arditi d’Italia, sezione di Ravenna, ex Forza nuova,  il quale, intervistato da Grazia Longo, inviata de La Stampa a Predappio dove si svolgeva il raduno dei nostalgici neofascisti per l’anniversario dei cento anni dalla marcia su Roma, alla domanda ”Lei festeggia il 25 aprile?”, così risponde: “No, non c’è nulla da festeggiare. Non c’è stata una vittoria ma una sconfitta: gli americani non ci hanno aiutato nella liberazione, ma hanno iniziato a comandarci come fanno tuttora” ( 31 / 10 / 2022). Chiaro, no?

Il raduno di Predappio

Ma se non c’era da aspettarsi una risposta diversa da un neofascista orgoglioso di essere tale, non altrettanto si può dire della risposta data da Ignazio La Russa, neoeletto presidente del Senato della Repubblica Italiana, quindi seconda carica dello Stato, data al giornalista Paolo Colonnello, anch’egli de La Stampa, che gli ha posto la stessa domanda: “Celebrerà il 25 aprile?”… “Dipende. Certo non sfilerei nei cortei per come si svolgono oggi. Perché lì non si celebra una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra. Non ho avuto difficoltà come Ministro della Difesa a portare una corona di fiori al monumento dei partigiani al cimitero Maggiore di Milano, e non era un atto dovuto”(30 /10 /22). La maggior parte degli opinionisti, dei commentatori politici, degli operatori dei mass media e di tutti i cittadini italiani che non hanno votato per i Fratelli d’Italia, per la Lega e per Forza Italia, non ha avuto dubbi sul significato di quella risposta, sintetizzato con il titolo in prima pagina de La Stampa: “Non festeggio questo 25 aprile”. Chi invece ha protestato per quel titolo è stato proprio il neoeletto (tra l’altro alquanto  rocambolescamente, passato al primo turno grazie al soccorso di alcuni anonimi franchi tiratori dell’opposizione!) presidente del Senato,  che ha pensato bene di esprimere le sue rimostranze in una lettera al direttore de La Stampa Massimo Giannini, la cui risposta è degna di nota “Caro Presidente, accetto volentieri la sua lettera, ma non le sue rimostranze sul titolo dell’intervista, insisto: noi non abbiamo ‘fuorviato’ niente”, e cita la chiara risposta di La Russa che abbiamo letto sopra.

Giannini poi conclude così la sua lettera: “Quanto a me – benché mi sfugga il nesso (La Russa afferma di essere certo che Giannini non è mai stato a Redipuglia) –  a Redipuglia sono stato due volte, sempre scioccato dall’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale. A maggior ragione non mi spiego perché lei che al Sacrario andrà il 4 novembre, tiene in casa quel busto del Duce, che il 10 giugno del 1940 scaraventò l’Italia nell’abisso della Seconda, unendosi a Hitler…Butti via quel busto , Presidente, fatelo insieme, Lei e  Giorgia Meloni. Allora sì che contribuirete  a riunire il Paese. Pardon, la ‘Nazione’. “ (31/10/2022). Ineccepibile, a me pare. Sennonché, ve li immaginate Ignazio Benito e Giorgia che, nottetempo, a Milano, caricano il busto di Mussolini (appena catalogato dall’ineffabile Vittorio Sgarbi come opera d’arte da conservare. quindi senza nessuna implicazione ideologica!) su un carretto e lo vanno a scaricare nel più vicino naviglio? Tra l’altro, se mai lo facessero, perderebbero una parte cospicua del loro elettorato. E poi, che bisogno c’è di scaricare Mussolini dal momento che la Giorgia (chiamiamola alla milanese) continua a salire nei sondaggi? Sembra quasi che più si evoca l’ombra del Duce su di loro più gli Ignazi Beniti e le Giorgie Meloni acquistino simpatie e consensi. Come si spiega? Una articolata e approfondita spiegazione ci viene da un giornalista militante di estrema destra, fiero avversario così dei vaccini come degli antifascisti, schierato senza se e senza ma con Putin e contro Usa e Nato, vicedirettore del quotidiano “indipendente” LaVerità, che esamina la questione dal suo punto di vista “identitario”, cioè antisistema.

La Russa e il busto di Mussolini

Così scrive nel suo articolo dal titolo vagamente minaccioso ”E’ arrivata l’ora di fare i conti con l’antifascismo”: “Non passa giorno senza che qualche illustre editorialista o qualche politico schierato dalla parte del Bene ci ricorda che dobbiamo ‘fare ancora i conti col fascismo’, o che bisogna ’prendere le distanze dal Ventennio’. Come era facile prevedere, tale ossessione già smisurata è cresciuta esponenzialmente dopo la vittoria elettorale elle destre alle elezioni del 25 settembre, ed è letteralmente esplosa quando Ignazio La Russa è stato scelto come presidente del Senato.  Da allora, il martellamento mediatico sul pericolo nero si è fatto più insistente che mai”. Ora, il minimo che si può già dire di questa prosa è l’abuso  provocatorio e urtante delle iperboli inteso a presentare le legittime preoccupazioni per le possibili torsioni in senso sovranista o populista delle istituzioni della nostra Repubblica come fuori dal mondo o in perfetta malafede: la parte del Bene, ossessione smisurata, martellamento mediatico, pericolo nero…  Borgonovo usa spesso, più che l’ironia, il sarcasmo, che è l’arma retorica tipica di chi vuole sminuire l’interlocutore e mettere se stesso in una posizione di superiorità. Ma andiamo oltre: dopo aver stigmatizzato il rimprovero che i media “progressisti” ( dunque ci sono anche i media reazionari? Buono a sapersi!) hanno mosso a Giorgia Meloni per non aver condannato con maggior decisione il fascismo e per non aver deprecato la marcia su Roma il 28 ottobre,  il giorno del centenario, il vice direttore de LaVerità accorre in difesa del presidente del Senato: “Quindi gli editorialisti più acuminati hanno preso d’assalto La Russa, stuzzicandolo sulla sua eventuale partecipazione alle celebrazioni del 25 aprile…La Stampa gli ha posto  in un’intervista, e Ignazio a risposto in maniera piuttosto chiara: ‘Dipende…’ con quel che segue.

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Da qui, il titolone del quotidiano torinese: ‘Non celebrerò questo 25 aprile aprile’, frase virgolettata attribuita appunto a La Russa”.  Sottotesto: ecco come La Stampa ha distorto il pensiero autentico di Ignazio Benito La Russa. Come se già questa manipolazione giornalistica  non bastasse a dimostrare la malafede dei media progressisti manovrati dalla sinistra, Borgonovo volge i suoi strali cartacei ai perdenti del 25 settembre: “Per riflesso condizionato, il segretario del Pd Enrico Letta si è precipitato a dichiarare che il presidente del Senato ‘divide l’Italia’ e che il governo di destra ‘fa paura’.  Per rendere ancora più truculento il quadretto, Letta ha chiamato in causa il manipolo di nostalgici che si è dato appuntamento a Predappio, paese natale di Benito Mussolini, per celebrare la marcia su Roma con ampio sfoggio di saluti romani, ovviamente immortalati con gusto da cameramen e fotografi”.vSottotesto: Letta stai sereno, il governo di destra fa paura solo a te e agli antifascisti irriducibili come Marco Revelli, pronti a scandalizzarsi per gli innocui quattro gatti in camicia nera che hanno celebrato a Predappio   la marcia su Roma. Stai a vedere che a Predappio non si può  inneggiare al Duce perché Letta e compagni sono contrari!  Ma non è questo il focus dell’articolo, non sono “le scaramucce verbali   tra La Russa e Letta…Più rilevante, invece, è il tema dell’antifascismo e del suo significato attuale. In Italia  i conti con il fascismo, al di là dei luoghi comuni giornalistici, sono stati fatti abbondantemente.

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ed Enrico Letta, segretario del Pd

Ma i conti con l’antifascismo non sono stati fatti mai. A sinistra è considerato l’ultimo valore capace di unire, di mobilitare e d’entusiasmare, da qui la sua sacralità. A destra è guardato come si guarda una pistola puntata, un’arma pronta da scaricare alla bisogna. In entrambi i punti di vista c’è della verità, che però non basta a esaurire il fenomeno”.  I conti con l’antifascismo? E perché mai dovremmo fare i conti con Matteotti, con Gramsci, con Gobetti,  con i fratelli Rosselli, con Ernesto Rossi, con Eugenio Colorni, con Ferruccio Parri, con Emilio Lussu, con Norberto Bobbio, con Leone e Natalia Ginzburg, con Cesare Pavese, con Giaime Pintor, con Galante Garrone, con Franco Antonicelli, con Carlo Levi, con Primo Levi e con Liliana Segre? Caso mai dovremmo vergognarci per non essere stati e non essere ancora non dico pari ma nemmeno vicini alla loro statura morale e intellettuale! L’operazione di Borgonovo è chiara: una volta messi sullo stesso piano fascismo e antifascismo, non ha più senso tenere la pistola carica pronta a sparare, né per gli uni né per gli altri, e nemmeno l’eterna  guerra civile italiana ideologica e politica che si sta ancora combattendo fortunatamente solo sui media, progressisti o reazionari che siano. Giusto, ma allora che senso ha conservare nel simbolo di Fratelli d’Italia la fiammella che arde sulla tomba di Benito Mussolini e il suo busto in casa La Russa? Borgonovo poi coinvolge nel suo discorso identitario e antisistema la nuova destra di Alain de Benoist e la stroncatura ideologica dell’antifascismo in assenza di fascismo fatta da Costanzo Preve, il maestro di Diego Fusaro; se l’albero si conosce dai frutti… Ma di questo parleremo un’altra volta.

Fulvio Sguerso

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3 thoughts on “VENTICINQUE APRILE E DINTORNI”

  1. Tranquillo, Fulvio: questo governo è di destra solo nella maschera, che gli ha consentito di fare il pieno di voti; ma in sostanza si sta rivelando per quello che è e che orgogliosamente ha dichiarato già prima delle elezioni: atlantista, europeista e filo-Nato. Per far digerire agli italiani (comprese le sinistre memori delle loro posizioni fino a non molti anni fa) questa posizione, hanno fatto la voce grossa sui migranti. Ma han dovuto gettare la maschera anche su questo fronte: sono tali e quali ai governi precedenti. Quindi, dormite sonni tranquilli antifascisti, non è cambiato niente; al massimo il facile pugno di ferro su un rave party.

  2. Marco, tu almeno, – diversamente dal prof. Lisorini che, ne sono certo, mi legge ma tace, – rispondi, reagisci, ti esprimi senza remore, insomma dici quello che pensi. Però qui c’è un problema serio: dato che non dubito che tu creda in quello che dici, devo dedurre che speravi, e speri tuttora, in una rivoluzione conservatrice, sovranista e populista, che spazzi via l’attuale classe politica per sostituirla con….Ecco il punto: con chi? Alt, come ti ho già detto tante volte ritengo l’ attuale classe politica italiana la peggiore d’Europa, tant’è che per ben due volte è stata commissariata, prima con Monti e poi con Draghi. Ora vedo che sei deluso anche dalla Meloni. Volevi che uscisse dall’euro, dall’EU, e dalla Nato? E poi? Che si alleasse con la Russia di Putin? Te lo chiedo perché se hai intenzione di dichiare guerra agli Stati Uniti almeno lo devi dire. Idem per il prof. Lisorini.

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