Una vicenda tormentAta

Quante volte ci siamo sentiti dire: siete ossessionati da Ata.  Ora sarebbe fin troppo facile tirar fuori un: l’avevamo detto.
Chiedevamo una commissione di inchiesta specifica, presieduta dall’opposizione. Ce la negarono entrambe le amministrazioni, con o senza pretesti. Qualcosa si sarebbe potuto studiare, capire, accertare, nell’interesse dei savonesi.

Il rammarico, oltre ad aver seguito tutta la china discendente, prevedendone gli esiti senza poter fare nulla, è anche per tutto il tempo perso, per azioni che avrebbero potuto essere intraprese con più tempestività. Tempo che ora ci vede languire nella rumenta, con la gara che va per le lunghe, i prevedibili ricorsi e tutto quanto.  Per fortuna dei coinvolti, la rabbia continua a scaricarsi sui savonesi incivili, sui lavoratori inefficienti e su altri bersagli a caso, anziché essere convogliata, come giusto, sui reali responsabili dell’attuale totale inefficienza.
Non andrò nel dettaglio di ciò che spetta solo alle opportune sedi legali accertare.
Ripercorrerò solo alcune tappe, le stesse che vengono rievocate in questi giorni su Uomini Liberi con una serie di titoli e articoli.
Quando siamo entrati in Consiglio Comunale, 2011, secondo mandato Berruti, Ata incontrava le prime difficoltà.

La chiusura di Cima Montà, voluta per pressione dei comitati cittadini che lamentavano seri problemi di inquinamento e si opponevano a un ampliamento (chiusura che, sia ben chiaro, io approvo) aveva privato Ata di quel cespite, come ci siamo sentiti ripetere fino alla nausea nel corso degli anni.
L’ipotesi discarica a Passeggi (ove, a detta di alcuni, esistevano inquinamenti pregressi) era tramontata per vari motivi, non prima che fossero svolti una serie di studi preliminari, non del tutto giustificabili in quella fase preprogettuale e criticati dalla Corte dei Conti per i costi.
Ora, dove le mie idee differiscono da quelle della maggioranza Berruti è sulle azioni attuate.
A quel punto, se fossi stata al governo della città, avrei colto l’occasione per spingere al massimo sulla raccolta, ipotizzando di investire per modernizzare la partecipata, studiando le migliori e più avanzate tecniche di gestione dei rifiuti, creando una filiera virtuosa di riciclo, per minimizzare le quantità conferite in discarica, creando introiti e posti di lavoro e diventando un modello da seguire. Paradossalmente, proprio il ritardo e il dover partire da zero potevano diventare un vantaggio per impostare bene e rapidamente dalle fondamenta.
Invece si continuò con una raccolta scandalosa, la differenziata ai minimi, vista come un “capriccio”, una moda fastidiosa, anziché una reale e concreta esigenza per l’ambiente e per il risparmio delle tasche dei cittadini.
C’è poco da fare: se non ci credi, se non hai una mentalità moderna o se il problema è ben lontano dalle tue idee e interessi, darai risposte giurassiche.  E questo faceva Savona.
A ogni critica alle azioni dei vertici di Ata veniva risposto dal Sindaco che i suoi amministratori dovevano avere indipendenza di azione, in una interpretazione un po’ discutibile del controllo analogo che il Comune deve esercitare sulle partecipate. A ogni sollecitazione sulle esigenze di una differenziata moderna e di corretti investimenti, ci si sentiva rispondere, come accaduto a me: mi dica lei come fare.
Al che replicai che bastava rivolgersi a Capannori, a Ponte delle Alpi o altri posti simili, che applicavano le tecniche più moderne.
Che è poi quello che la giunta Caprioglio ha fatto, molto molto in ritardo e ahimè solo in vista della privatizzazione, rivolgendosi a Contarina.
Quale fu, invece, la strategia? “Compensare” Ata cedendo quote di servizi come parcheggi a pagamento, gli stessi dove il Comune avrebbe potuto introitare direttamente cifre importanti, invece di accontentarsi di minime percentuali.  Coinvolgendo Ata in ogni genere di attività e operazione, con stanziamenti anche di rilievo.
Si venne a creare quel circuito fra Comune e partecipata definito “di bancomat” dalla Corte dei Conti, nella sua molto critica relazione relativa a quegli anni. Una sorta di meccanismo-tampone dal fiato molto corto per entrambi gli enti. Tanto è vero che ci siamo ritrovati (non solo per quello) il Comune al predissesto e Ata sull’orlo della bancarotta.
Si investì tardi e male verso la fine del mandato Berruti con cassonetti fragili e senza un reale controllo sul conferito. Più una esibizione che una sostanza. Parte dei fondi inizialmente e tardivamente stanziati furono dirottati su altro, come il campo sportivo.
Guardate in che condizioni versa ora il Bacigalupo e chiedetevi se ne sia valsa la pena.
E poi le improvvide espansioni in altri comuni e addirittura fuori provincia, non sostenibili sul piano organizzativo e del personale, il proporsi come gestori di spiagge e molto altro.

La vicenda del park S. Cuore, dei tentativi di vendita e coinvolgimento di privati, il progetto faraonico del crematorio, o di recente (che’ non crediamo che la passata giunta o i nuovi amministratori di Ata siano esenti quanto meno da ritardi e inefficienza) il pietoso tentativo di vendere gli stalli singoli di park Doria, i costi post-chiusura della discarica sono altri satelliti che girano intorno a questa vicenda.
Io credo che al di là dei diretti interessati coinvolti per l’amministrazione di Ata, anche gli amministratori politici dell’epoca abbiano pesanti responsabilità. Se legali, non sta a me dirlo e non ho titoli per giudicarlo, ma sicuramente gestionali e politiche.
Errori pesantissimi, che ora scontano i cittadini in termini di costi, degrado dei servizi, disagi, qualità della vita urbana.
Sì, eravamo ossessionati da Ata. E ne avevamo ben motivi. Diteci che avevamo torto, a lanciare allarmi.

Milena Debenedetti

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