Un altro ponte: situazioni di interscambio mediterraneo
UN ALTRO PONTE:
SITUAZIONI DI INTERSCAMBIO
MEDITERRANEO
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Un altro ponte: situazioni di interscambio mediterraneo di Luigi Lirosi e Nat Russo
Quando abbiamo pensato al progetto UN ALTRO PONTE: situazioni di interscambio mediterraneo, abbiamo cercato un’immagine che potesse identificare lo spirito che ci animava. Una passerella/bilico ai cui estremi ci sono due persone il cui unico percorso possibile è quello di un incontro fatto di due percorsi convergenti contemporanei. Se un solo soggetto si reca verso l’altro la situazione complessiva precipita. Usciamo fuori dalla metafora e caliamoci nella realtà mediterranea. Se un solo soggetto si muove (chiamiamo questo percorso univoco per esempio immigrazione senza regole) tutto crolla. Se lo fa l’altro soggetto (chiamiamo quest’altro percorso univoco per esempio delocalizzazione senza regole) tutto ancora crolla. La soluzione non può essere però l’immobilismo (chiamiamo questa staticità la logica dell’ognuno a casa sua) poiché la situazione è precaria. Occorre raggiungere insieme un punto di equilibrio: lo si può fare solo insieme. Ma questa positività obbligatoria spinta solo dal bisogno non basta. Occorre capire perché ad entrambi conviene. Abbiamo iniziato a cercare allora, prima delle differenze, le somiglianze. Il Mediterraneo è un grande catino dai bordi rialzati, pieno d’acqua salata. Un mondo relativamente protetto, dal caldo del Sud, dal freddo del Nord, dal vento dell’Est e dall’umido dell’Ovest; ma anche umido, ventilato, freddo e caldo. Tanti ambienti, climi e popoli; tante storie, ma un’unica civiltà. Le catene montuose proteggono, le vallate dividono, le pianure nutrono, le colline dilettano. Infinite differenze mai esacerbate, infiniti contatti nelle radici. Noi siamo figli di Abramo: la nostra civiltà è quella che pratica l’ospitalità e la fedeltà alla parola data, solo chi riconosce e pratica i valori della civiltà mediterranea appartiene ad uno dei popoli del Mediterraneo. Indipendentemente da dove è nato, da dove viene, da dove va, da dove vive. La nostra civiltà è dinamica, perché è insieme aperta (accoglie lo straniero) e fortemente strutturata (solo chi rispetta la parola ne può far parte). La nostra comune civiltà sta tra il fare (tecne) ed il conoscere (episteme), sempre impegnata nell’eterna disputa se la proprietà di un bene debba essere pubblica o privata, se si debba intendere come un diritto di comodato concessoci in uso temporaneo dai nostri padri, da cedere ai nostri figli. La strada che abbiamo tracciato è molto netta: Un altro ponte è un ponte spirituale tra i popoli del Mediterraneo. È il passato, sarà il futuro, è dentro di noi, traboccherà fuori. Ma c’è chi non ha capito tutto questo ed oggi è necessario rimediare. Come? Abbiamo iniziato a costruire un luogo simbolico, utile a favorire l’integrazione tra etnie diverse attraverso un processo formativo comune che insegni, alla seconda generazione, le regole della negoziazione internazionale. Due parole chiave: consapevolezza e condivisione. Consapevolezza di cosa siamo e da dove veniamo. Noi che abitiamo in questa città, e che accogliamo nuovi cittadini provenienti dall’estero, noi Savonesi, da quante generazioni lo siamo? Quanti Savonesi sono figli di madri e padri nati a Savona? Da una generazione? Da due? Quante generazioni ci vogliono perché a Savona non ci abiti neppure un Savonese? Ed allora cosa ci accomuna, e cosa ci divide, noi che abitiamo qui? Cerchiamo di esserne consapevoli. Condividiamo un clima, condividiamo una città con le sue possibilità economiche, condividiamo un trauma. Inoccupato o attivo, pensionato o mantenuto, tutti noi che abbiamo più di trenta / quaranta anni condividiamo il trauma di aver perso un insieme di riferimenti economici, storici ed ideali che giustificavano i nostri comportamenti. Trauma che ha subito chi è nato a Savona, ha trovato lavoro a Savona e non si è mai mosso da Savona. A maggior ragione chi a Savona ci vive da decenni, lavora a Savona, ha dei figli che frequentano una delle scuole di Savona, ma è di madre lingua non italiana, persino non inglese, francese, tedesca o spagnola, anzi neppure europea, vive altre storie, ossia appartiene ad una cultura diversa. Peraltro una cultura eccessivamente rigida e determinata non è produttiva né di risposte né di significati, peraltro protegge, specialmente i traumatizzati ed i vecchi. Oggi a Savona ed in provincia la presenza di cittadini di cultura albanese è la più numerosa. Domani un Savonese di origine albanese potrà diventare sindaco. Noi – non Albanesi – cosa sappiamo dell’Albania? Della sua storia e della sua cultura. Credo, almeno per la maggior parte di noi, niente. Ma anche i giovani di famiglie di origini albanesi conosceranno la lingua materna, un po’ di storia filtrata dalla famiglia, ma come conoscere le vicende generali della loro patria di origine? E perché non utilizzare tutte le difficoltà sopportate non solo per comprendere e farsi comprendere, ma anche per mantenere dei legami, anzi per svilupparne in tutte le direzioni, anche commerciali, e non solo culturali, avendo tutti un estremo bisogno di riconvertire tutta una serie di attività economiche destinate a sopravvivere per un tempo presumibilmente limitato? Ma a Savona non esiste solo la comunità albanese. Esistono altre sponde. E’ inevitabile che il progetto si sviluppi ulteriormente. In Inghilterra hanno buone Università, Oxford e Cambridge per esempio, dove insieme agli studenti inglesi studiano una gran numero di studenti stranieri. Spesso tra loro ci sono i figli di uomini di stato di paesi extraeuropei, che insieme alle discipline studiate, imparano i costumi inglesi e stabiliscono i primi contatti di quelle che saranno future relazioni internazionali. Savona ha buoni Istituti Superiori, frequentati dai figli di quegli immigrati, che con forte achievement lottano ogni giorno per fare in modo che essi possano un domani emanciparsi da una posizione subalterna e diventare protagonisti. Esiste una posizione xenofoba che li vede come pericolosi competitor dei giovani studenti nostrani, ma fortunatamente è marginale. Questi ragazzi, in realtà, sono una risorsa preziosa per Savona e vanno opportunamente valorizzati. Se avranno la possibilità di mantenere vive le loro tradizioni culturali, la lingua e l’amore per la loro terra, saranno loro che favoriranno gli scambi economici con i paesi da cui provengono i loro genitori. E’ importante che questi studenti siano formati insieme agli italiani alla cultura degli scambi internazionali e possano assistere agli incontri di scambio socio-economico per imparare ad essere i futuri protagonisti. Una prima esperienza in tal senso si è presentata con gli incontri italo-albanesi promossi dal format di scambio mediterraneo Un altro Ponte e fatti propri dalla CCIAA di Savona. É la volta adesso di altre esperienze.
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