SPIGOLATURE: ALLARMI, I CONFORMISTI

OBLIO. Nella prefazione di una vecchia edizione del romanzo di Alberto Moravia Il conformista (Bompiani, 1963) viene posto l’accento sulla biografia di un uomo, di un’epoca e di una società. A dispetto del tempo trascorso, l’eroe del racconto compendia in sé, oltre al conformismo, anche l’indifferenza per quanto gli accade attorno. Per giunta era pure fascista e ciò la dice lunga sul personaggio. Il quadro che se ne ricava è di un’attualità impressionante. Tra arabeschi semantici e contorsioni ideologiche, stiamo assistendo a un restyling del fascismo che in occasione del Giorno della Memoria appare in tutta la sua inquietante, feroce crudezza. In certi ambienti si tende a proporne una narrazione blanda, edulcorata, quasi salottiera, col pretesto che “dopotutto ha fatto anche cose buone”. Da mettersi le mani nei capelli. Nella sua amarezza, pienamente condivisibile, Liliana Segre sottolinea il pericolo dell’oblio, ritenendo che tra qualche anno di quei tragici eventi legati al male assoluto ci sarà solo una riga sui libri di storia. E poi – conclude rassegnata – non ci sarà neppure più quella. Ma finché l’ADL porterà avanti la sua missione, la Senatrice a vita può stare sicura che su queste colonne non daremo spazio al ‘moderno’ conformismo di una società inesistente, liquefatta e profondamente malata.

DISAFFEZIONE. Finisce male un anno al rombo dei cannoni. E inizia ancora peggio un anno nuovo – che ormai tanto nuovo più non è – se al rombo si sovrappone il tumulto assordante della guerra più stupida che ci sia. Stupida e criminale, dichiarata unilateralmente col solo intento di soddisfare le smanie della seconda (o forse anche prima) potenza nucleare del mondo. Ogni giorno ci svegliamo con l’oppressione al cuore: che altro farà il Cremlino per piegare l’Ucraina ai propri voleri? Sotto lo spettro del ricatto atomico, due eventi, due assalti alla democrazia, due fratture nella civile convivenza fra i popoli, ci appaiono carichi di tremendi presagi e non contribuiscono certo a migliorare lo stato d’animo. Dal golpe tentato a Brasilia come già a Capitol Hill, il modello Trump fa proseliti e trova nel clima di paura e di tensione il terreno ideale per saccheggiare le colonne portanti della democrazia utilizzando senza vergogna l’idolo delle false notizie e l’energia negativa dei social media in un modo o nell’altro imparentati con le forze reazionarie e retrograde. Mentre dilaga la confusione appare evidente una disaffezione per il modello democratico che va addirittura oltre gli sproloqui sovranisti e populisti. Davvero una brutta notizia per la democrazia sotto attacco.

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DIVORZIO. Anni fa, quando a Londra le cose non andavano per il verso giusto, c’era sempre il capro espiatorio a disposizione. Negli ambienti dell’economia, della finanza e di una certa classe politica era facile dare da intendere all’opinione pubblica che la colpa era tutta dell’Europa, dell’Ue cui suoi lacci e le sue regole che ingessavano il Regno Unito. Il passaggio verso la Brexit, acclamato anche in Italia, appariva dunque tracciato e inevitabile. Svariati anni dopo che qualcosa sia cambiato Oltremanica e che l’addio a Bruxelles non sia stato la panacea di tutti i mali, lo si nota da molti indizi. Persino la seria e compassata BBC con lo stile felpato che le è proprio, comincia a sospettare che sia proprio la Brexit il motivo dei segnali di crisi che allarmano larghe fette della popolazione. E c’è dell’altro. Per la prima volta dal referendum del 2016 anche i conservatori, che ne furono i più ardenti fautori, bocciano l’uscita dall’Ue. Ormai pure gli elettori più euroscettici pensano che la Brexit abbia portato più danni che benefici. La rivelazione, frutto di un sondaggio molto accurato, parla un linguaggio chiaro e mostra i risultati piuttosto eloquenti di un divorzio che a dispetto degli eurofobici rischia di costare caro.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori

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