Di bene in meglio
Questo governo di grandi personalità non perde quotidianamente occasione per fare brutte figure.
È davvero molto singolare come il presidente del Consiglio sia passata dal ruolo di barricadera, che infiammava le piazze con discorsi al fulmicotone, alla versione di oggi, governativa, moderata, quasi democristiana.
I punti di riferimento sono l’Europa (ma non era euroscettica?) e gli Stati Uniti diciamolo come un qualsiasi governo degli ultimi dieci anni.
Molto abile a stare fuori dal governo Draghi, (che al confronto del suo era quasi rivoluzionario) perché quella mossa astuta gli ha permesso di stare all’opposizione, potendo così urlare inveire contro tutti e tutto, con un lessico e una interpretazione parecchio convincenti.
Ma quella, amici, era la Giorgia che stava costruendo la presa del potere.
Noi Italiani, si sa, siamo bravissimi a seguire ad occhi chiusi chi in quel momento urla più forte, non è la prima volta e temo non sia l’ultima.
Basta avere mezzi, una buona oratoria, parlare alla pancia della gente e il gioco è fatto. Promettere tutto (tanto poi al governo delle tue promesse ti puoi scordare).
Perché per vincere servono i voti e tanti, insomma è la massa popolare, gli elettori che ti portano al potere.
Oggi tutto è cambiato abbiamo Giorgia la pragmatica, colei che deve rassicurare soprattutto Bruxelles, le sue dichiarazioni in campagna elettorale e quelle ancora prima servivano per prendere voti. Tranquilli ora tutto cambia, daremo ordini di smentire qualsiasi cosa detta e promessa, si cambia passo si diventa Draghiani, più di Draghi.
Certo per chi ha sbandierato per anni la parola “coerenza” è davvero un cambiamento epocale.
Ma si sa per governare, la massa non serve più, bisogna avere dalla propria parte le lobby affaristiche, i grandi potentati, Bruxelles e gli Americani.
Lasciando da parte le grandi strategie politiche, si fa per dire, scendiamo una decina di gradini più in basso, con una polemica all’amatriciana. Il ministro della cultura, in momento catarchico, dichiara che secondo lui Dante Alighieri era di destra, facendo arrabbiare molte persone e badate non per la impavida dichiarazione che si commenta da se, bensì per l’errore storico che chi dovrebbe rappresentare la cultura non dovrebbe fare, se un minimo di cultura storica gli appartiene.
Destra e sinistra entrarono nel lessico politico all’indomani della Rivoluzione francese. Il 29 agosto 1789, il presidente dell’Assemblea Costituente chiese ai presenti di spostarsi a destra se volevano mantenere al re la prerogativa di porre il veto ai deliberati dell’Assemblea, e a sinistra se invece si rifiutavano. Questa differenziazione spaziale identificò subito i conservatori (a destra) e rinnovatori (a sinistra).
Se una tale asserzione: Dante è di destra, l’avesse fatto uno studente delle media veniva rimandato al posto con minimo un tre e non per una questione politica. Valeva lo stesso concetto se diceva era di sinistra, bensì per una profonda ignoranza storica e di Dante stesso.
Non io ma un noto professore ha detto “la Meloni dovrebbe cacciarlo per quello che ha detto perché il suo è un discorso ignorante”
Insomma chi dovrebbe rappresentare il massimo della cultura è il ministro, ci pare abbia parecchi problemi nella lettura storica e culturale del nostro Paese.
Ma cosa ti puoi aspettare da chi avendo un ruolo pubblico, direttore del Tg2, aprì a Milano un evento partitico: Guarda caso di FdI?
Insomma avevamo detto facciamoli lavorare, diamogli tempo, ok ma quando vedi che mancano i fondamentali è meglio dirlo subito perché poi i danni sono pesanti.
È come dare fiducia a una ditta edile che al posto delle fondamenta costruisce il tetto.