Omertà senza limiti. Oltre qualsiasi immaginazione.

Siamo tutti strafelici per l’arresto di Messina Denaro alias Andrea Bonafede.
Sicuramente è un cognome usuale da queste parti , il Rossi peninsulare, ma sono stata istantaneamente colpita da questa fatalità contingente. Omonimo proprio di un ministro della Giustizia , che a suo tempo aprì le carceri ai boss del 41 bis, per emergenza covid sostenendo che non doveva decidere il ministro bensì i giudici in completa autonomia.
Una settimana densa di avvenimenti questa, freddissima, dopo un autunno prolungato.
“Mai pensato a dimettermi, ho la pazienza di Giobbe e non mollo”. Sostiene il Guardasigilli, ovviamente l’attuale, in merito all’affaire intercettazioni.
Mentre un CSM espressione delle correnti più compromesse della magistratura ha dichiarato guerra alle proposte di legge del Ministro. Non passa giorno senza che qualche suo membro rilasci interviste che mistificano le posizioni in merito alle intercettazioni che,secondo il neoministro , devono restare strumento di indagine di alcune importanti categorie di reato e non diventare ,come troppo spesso succede, un illegittimo , e mai punito, strumento a strascico utilizzato contro persone e fatti estranei al reato indagato.
Il problema non è l’utilità nemmeno il costo delle intercettazioni quanto invece del loro anticostituzionale e spregiudicato utilizzo contro singoli cittadini ed istituzioni.

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Abbiamo dovuto assistere, con dispiacere, anche alla scomparsa ineluttabile di una signora amatissima, già definita la donna più bella del mondo. Una vita piena di successi ma terminata in modo spinoso e complicato che l’ha fatta soffrire. A causa di situazioni finanziarie, di carattere ereditario abbastanza complesse. Una generazione che sta scomparendo, come la vita pretende.
Ma il clou degli eventi è stato l’arresto del superlatitante, che, per convincere gli uomini dell ‘Arma ha dovuto arrendersi autodenunciandosi “sono io, sono Messina Denaro.
Ora tutti lì a cercare le carte che potrebbero mettere nei guai un sacco di gente.
Si è detto di tutto. E lui si è permesso perfino di scherzare proclamandosi “incensurato fino al momento dell’arresto. Poi non sa che è successo”.Insomma si è appalesato uomo spiritoso e ironico e, si dice, molto educato e gentile.
Considerando che è gravemente ammalato, almeno così afferma e forse è vero, dato che la pietas esiste, va trattato in modo umano.
Un essere raccapricciante, un delinquente che, se il nostro Stato prevedesse la pena di morte, che io non concepisco, non potrebbe che qvere quella come pena. Va bene la pietas, ma non concepisco neppure l’eccessivo rispetto, quasi ossequioso, avuto durante l’arresto, neanche fosse un ladro di polli.
Non c’è da entrare nel merito della questione, tanto ingarbugliata che ognuno esprime il proprio parere senza arrivare alla verità. Almeno per ora. Ruoli istituzionali , politici magistrati o semplice gente della strada. Insomma cittadini.
Ma ciò che ha davvero colpito tutti sono state le modalità di “cattura”avute dal pluripregiudicato. Tanto rispettose da non ammanettarlo. E abbiamo notato la differenza dell’arresto riservato a un uomo per bene, non ancora giudicato e davvero incensurato, e uno stragista. Questo eccessivo riguardo getta quanto meno un’ ombra sull’intera operazione.
E inevitabilmente la memoria va all’arresto emblematico del compianto Enzo Tortora. Ammanettato senza un cencio che coprisse i ferri.
Il garantismo è sacrosanto nei confronti di chi non è stato ancora giudicato. E c’è da chiedersì davvero iperchè non sia stato attuato nei confronti di Tortora, Non ci sono alibi che tengano. Le regole evidentemente non vengono rispettate in modo equo.
Claudio Camarca, regista e scrittore romano, che da anni vive insieme ai reparti speciali dell’Arma per raccontarne le imprese, nelle grotte dell’Aspromonte con i Cacciatori di Calabria, in Sicilia, ma anche “embedded” alle stazioni più esposte nei quartieri difficili delle città.
“Altro che patto col boss per evitare le manette, follia. È il boss che si è arreso allo Stato perché è stato sconfitto”
“L’assenza di manette in questo arresto? Io ho visto un giovane appuntato e una marescialla, tutti e due in divisa, a volto scoperto, portare fuori il boss. Dietro di loro, un carabiniere in mimetica verde del Gis. Cosa racconta questa scena? Racconta lo Stato che non ha paura, che ha vinto e non ha bisogno di manette, di schiavettoni per arrestare un criminale, perché lo Stato di diritto non ha bisogno della violenza per imporre la propria forza. Questo è il film della cattura di Matteo Messina Denaro che ho visto. Altro che patto col boss che per evitare le manette, follia. È il boss che si è arreso allo Stato perché è stato sconfitto”.
Non resta che sperare in questa versione.
Carla Ceretelli

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