Savona, una città in declino (terza parte) IL CARBONE

Savona, una città in declino (terza parte)
IL CARBONE
Prima parte                                                        Seconda parte

Come noto, il 1800 ha visto la nascita dell’industria basata sul carbone, dalla quale Savona, grazie anche alla sua posizione geografica favorevole e all’inesauribile tenacia dei nostri avi, ha potuto trarre i vantaggi derivanti dallo sviluppo della propria attività siderurgica. Tuttavia, il maggior benessere economico è giunto a scapito di gravi conseguenze sulla salute di migliaia di lavoratori che, a quei tempi, morivano spesso in giovane età per silicosi.
A partire dagli anni ’60 del secolo scorso, il modello dell’industria alimentata dal carbone, ovvero una fonte energetica poco costosa ma con implicazioni ambientali pesanti, terminava il suo ciclo favorevole e si avviava al tramonto.

La centrale Tirreno Power

 

Usato anche nei trasporti per le locomotive ferroviarie e per le navi come pure per riscaldare gli edifici, nei Paesi Occidentali il carbone veniva man mano abbandonato a favore di combustibili più puliti, più pratici e meno inquinanti.

Chi ha la mia età si ricorderà dei così detti “carbonini”, personaggi che esistevano in ogni quartiere della città e che vendevano il carbone coke o l’antracite per il riscaldamento delle case. E i più vecchi ricorderanno pure che, a partire dagli anni ‘60, i bei palazzi ottocenteschi o addirittura rinascimentali venivano svenduti dai proprietari, i quali preferivano andare ad abitare in palazzi nuovi, spesso di fattura semplice – se non addirittura di gusto discutibile al cospetto degli antichi e sontuosi caseggiati – ma che, grazie all’impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio, fornivano molto più confort, specialmente nei mesi invernali.

Sul finire degli anni ’70, al pari dell’uso industriale, l’uso del carbone per il riscaldamento terminava definitivamente con l’ulteriore diffusione del GPL e del metano all’interno delle singole abitazioni civili.

L’unico residuo di impiego del carbone nei Paesi Occidentali, rimaneva quasi in esclusiva quello per le centrali elettriche, anche se quelle più nuove e più moderne cominciavano a essere alimentate da gas naturale o da energia nucleare.

Per quanto riguarda il comprensorio della nostra città, l’unica industria a usare in modo massiccio il carbone rimaneva la Centrale dell’Enel di Vado Ligure, costruita con inizio attività nei primi anni ‘70 per rimpiazzare la Centrale Idroelettrica di Tenda, ceduta come risarcimento alla Francia per riparare ai danni di guerra causati col nostro stupido e assurdo intervento nella II Guerra Mondiale, voluto dal regime fascista.

Forse non tutti sanno che, in origine, la nostra Centrale doveva essere costruita a Imperia, ma la netta opposizione degli Enti Locali imperiesi, tutti ad amministrazione Democristiana, fece sì che in alternativa l’Enel scegliesse Vado Ligure, città più friendly verso quel tipo di investimento e governata, a partire dal dopoguerra, da giunte PCI di stampo bulgaro, e ai tempi guidata dal sindaco Pasquale Borra, mentre a Savona, sempre a conduzione PCI, il sindaco era Angelo Carossino.

 

Funivie per trasportare il carbone

 

Inizialmente, i quattro Gruppi generatori della centrale di Vado, per complessivi 1.280 MW di potenza, erano alimentati da Olio Combustibile, dopo di ché negli anni ‘80 si è passati al Carbone, con un ulteriore potenziamento di 40 MW e una nuova convenzione tra l’Enel e i Comuni di Vado Ligure e Savona, entrambi, manco a dirlo, governati dal PCI.

Pertanto, con la fine della siderurgia, nel nostro territorio l’unica impresa a richiedere un combustibile che veniva abbandonato da tutte le comunità dei Paesi Occidentali per motivi di salvaguardia dell’ambiente e della salute, rimaneva la Centrale Enel di Vado Ligure.

Negli anni ’90, nel porto di Savona, la struttura portuale delle Funivie San Giuseppe era diventata sempre meno idonea allo sbarco del carbone, soprattutto per la sua antica collocazione, per cui la proprietà iniziava a proporre progetti di ampliamento, con il preciso obiettivo di portare i futuri sbarchi nel comprensorio di Savona a Tre Milioni di Tonnellate di Carbone all’anno (!).

Tre milioni di tonnellate annue significavano prevedere un aumento di consumo di Carbone in tutto il comprensorio, in netta controtendenza con il rallentamento dell’uso fattone a livello mondiale, consumo che evidentemente veniva ipotizzato dover essere richiesto dal potenziamento della Centrale di Vado Ligure  in aggiunta alla cokeria della Val Bormida.

 

Valleggia, Vado Ligure corteo di protesta contro l’ampliamento della centrale Tirreno Power

 

Mentre veniva ostacolata ogni forma di turismo, specialmente il turismo nautico – di cui parleremo la prossima settimana insieme al tema della portualità – a Savona il carbone acquistava un ruolo sempre più preminente nell’economia locale, in piena coerenza, aggiungo io, con lo spirito miope, conservatore e operaista del PCI-PD che, deluso  dalle scelte dello Stato di uscire dal vecchio sistema industriale pubblico e dagli assets che costituivano l’economia mista di Savona Siderurgia-Porto Carbone,  vedeva rientrare dalla finestra l’intervento dello Stato attraverso una nuova opera voluta dal  Burlando: il tunnel sottomarino delle Funivie per il trasporto di Carbone (!).

Per quanto riguarda la Centrale di Vado Ligure, già a partire da pochi anni dopo il passaggio dall’olio combustibile al carbone, vi erano state delle rimostranze da parte della cittadinanza di tutto il comprensorio Vadese per l’aumento insopportabile dell’inquinamento dovuto alla Centrale, per cui negli anni 1993/94 l’Enel firmava una convenzione con gli Enti Locali per la ristrutturazione ed ambientalizzazione della centrale, prevendendo che due dei quattro Gruppi venissero convertiti a metano, e che per i restanti due Gruppi, ancora funzionati a combustione di carbone, venissero adottati accorgimenti più moderni, come i precipitatori elettrostatici, al fine di limitare l’immissione di sostanze tossiche nell’ambiente.

Arriviamo così alla soglia dell’anno 2000 e, dopo che l’Enel aveva speso consistenti somme per la sua parziale ristrutturazione, la Centrale veniva svenduta, dal Governo Prodi attraverso le “lenzuolate” dell’allora Ministro Bersani, a una cordata di privati con a capofila l’ingegner Carlo De Benedetti, tessera n°1 del Partito Democratico e proprietario del quotidiano La Repubblica: insomma, una partita giocata allegramente in casa PD.

Naturalmente, mentre all’Enel era stata negata ogni possibilità di aumentare la potenza della Centrale, per il nuovo proprietario si aprivano ponti d’oro, non solo per mantenere inalterate le emissioni dovute ai vetusti gruppi a carbone che, malgrado la precedente ambientalizzazione degli anni 1993/94, continuavano a sputare emissioni nocive nell’atmosfera, ma nell’anno 2011 si acclarava finalmente il vero obbiettivo della giunta Burlando nei confronti di Savona e dei Savonesi.

A Levante della città, alla presenza dello stesso Burlando insieme a Federico Berruti, Fulvio Briano, Raffaella Paita e Renata Briano, tutti PD, si inaugurava in pompa magna il tunnel sottomarino delle Funivie che, secondo il progetto, avrebbe dovuto portare nel nostro comprensorio 3 milioni di tonnellate di carbone all’anno, con lo stesso Governatore Burlando che orgogliosamente dichiarava:«Aspettavo questa opera da quando ero ministro …Si è avverato il mio sogno!». Infatti, da Ministro delle Infrastrutture, Claudio Burlando aveva elargito 40 milioni di Euro dei contribuenti italiani per inondare di carbone il comprensorio di Savona col tunnel sottomarino delle Funivie. Quasi contemporaneamente, a Ponente della città, qualche mese dopo gli stessi personaggi autorizzavano il potenziamento della Centrale Tirreno Power per altri 460 MW con gruppi a Carbone (!).

Insomma, il Governatore Burlando, con i suoi compagni savonesi, mentre aveva messo sotto la sua personale protezione la Alga Unicum della Madonetta, bloccando la costruzione del porto turistico, metteva tutti i savonesi nella morsa del Carbone, con l’obbiettivo finale per la città di Savona di diventare la capitale delle rinfuse nere, mentre nel porto di  Genova, in nome della razionalizzazione, avrebbero dovuto confluire le rinfuse bianche.

Questo disegno politico, arrogante e prepotente nei confronti della nostra città, mentre veniva accettato supinamente dagli eletti del popolo del comprensorio savonese, tutti targati PD, veniva mal digerito dal Popolo stesso il quale, guidato da quelli che vengono definiti populisti, ha iniziato a organizzare cortei, comizi e dimostrazioni per fermare il carbone.

 

Giancarlo Bertolazzi e la sua lotta contro la centrale

 Tra i populisti non poteva mancare la Lega Nord che, pur essendo a quei tempi un partito marginale nella politica locale, con solo il 4% dei voti, si è sempre opposta all’ampliamento a carbone della Centrale di Vado, sia con l’amico Giancarlo Bertolazzi, partecipante a ogni manifestazione e primo firmatario di innumerevoli petizioni contro l’ampliamento e l’uso del carbone, sia col sottoscritto che, come responsabile per la portualità della Lega Nord, nel 1998, in occasione delle elezioni comunali, aveva già espresso la propria contrarietà all’enorme investimento pubblico destinato ad aumentare i volumi di carbone nel porto di Savona, per cui fin dall’inizio la Lega è stata l’unico partito contrario alla costruzione del tunnel sottomarino delle Funivie.

Nel frattempo il CNR completava uno studio epidemiologico per valutare gli effetti causati dall’inquinamento della Centrale sulla salute dei cittadini, che confermava i risultati sconcertanti, già prodotti da altre indagini da parte di varie associazioni e comitati cittadini, da far prendere la decisione della Procura della Repubblica di sequestrare tutti i Gruppi della Centrale che bruciavano 5.000 tonnellate al giorno di carbone, e di fermarli definitivamente a marzo del 2014.

 

 

Le cronache giudiziarie di questi ultimi giorni sono note a tutti, con il rinvio a giudizio per 26 imputati tra dirigenti e amministratori di Tirreno Power, accusati di disastro ambientale e sanitario colposo, mentre la posizione della Giunta Regionale precedente è stata archiviata: un bel sollievo, non c’è che dire, per le posizioni personali dei politici dal punto di vista penale.

Tuttavia, rimangono le loro responsabilità politiche, che evidentemente gli elettori hanno ben compreso, tant’è che alle ultime elezioni, ovunque in Liguria, le amministrazioni del PD sono state esautorate drasticamente e Savona è stata l’apripista.

E noi Savonesi cosa è rimasto? Oltre al sospetto di un eccesso di mortalità di 4.000 abitanti del nostro comprensorio – il cui nesso di causalità con l’attività della Centrale di Vado non è ancora stato dimostrato in giudizio – ci restano, netti e ben visibili, i danni ormai irreparabili alla nostra economia, specialmente per ciò che concerne la portualità, della quale parleremo prossimamente, argomento del quale posso dire di vantare una buona conoscenza.

Silvio Rossi

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.