SALVI PER UN SOFFIO

Alla fine, il partito dei peones ha potuto fare il beau geste, sperando di salvare in extremis la faccia e la pensione. Quei parlamentari, catapultati da un giorno all’altro dalla grama vita della maggioranza del popolo ai fasti ed agi del Palazzo, avevano inghiottito per anni provvedimenti che rinnegavano la ragion d’essere individuale e partitica; ma l’obiettivo principe era ben chiaro in mente: godere di una pensione privilegiata e distinguersi dal resto dei loro concittadini, alle prese con pensioni talmente ipertassate da risultare le più basse d’Europa e spingere molti ad emigrare in Portogallo dove, non si sa come, le pensioni italiane arrivano esentasse.

Draghi in Senato pone la questione di fiducia alla sola mozione Casini. I pentastellati trovano, dopo 4 anni e mezzo, il coraggio di astenersi e mettere a repentaglio la legislatura, fidando sulla chiusura di agosto e il superamento, ormai certo, della data magica del 24 settembre come data delle elezioni anticipate

La data limite per digerire qualunque boccone, per quanto amaro, era il 24 settembre. La data prevista per le elezioni anticipate, guarda caso, è il 25 settembre. (Il terrore deve essersi diffuso tra i 5S nella giornata di giovedì, quando si era ventilata un’accelerazione del voto al 18 settembre! Tranquilli comunque: per la pensione non fa testo la data delle elezioni, ma quella della prima convocazione del nuovo parlamento, intorno al 15 ottobre. Ma è l’impatto simbolico del 24/25 settembre a colpire l’immaginazione nostra e a far gelare il sangue ai diretti interessati). Ma il Rubicone, pur con qualche patema, è stato attraversato: alea iacta est.

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Questa legislatura si è retta unicamente in virtù di questo obiettivo: la pensione dei parlamentari pentastellati, il cui plotone era così nutrito da poter far cadere il governo in qualsiasi momento (e di occasioni per farlo ce n’erano state parecchie); nonché il godere il più a lungo possibile dei privilegi immediati, prima di ripiombare nella schizofrenica vita dei comuni mortali, fatta di scadenze quotidiane e con la recente aggravante di un’inflazione record. Già se l’era filata Di Maio, tirandosi dietro una sessantina di parlamentari, tutti speranzosi di venir rieletti anche dopo 2 mandati.
Sto banalizzando? No, credo di guardare oltre la facciata dei bei discorsi e principi, fatti per il volgo, mentre le motivazioni reali dietro tanti atti pubblici sono perfettamente allineate a pensieri di convenienza personale che mai e poi mai devono venir pubblicizzati. La politica è forse l’ambito dove in maggior grado l’ipocrisia regna sovrana.
La chiave di lettura sopra adottata nei riguardi del M5S, mutatis mutandis, può applicarsi in questi giorni a Forza Italia. Anche lì, e per un lasso di tempo ben superiore al M5S, gli eletti hanno dato mostra di avallare, pena la non rielezione, qualsiasi provvedimento fosse gradito al padre-padrone del partito (uno per tutti: la panzana di Ruby nipote di Mubarak), per ritrovare la perduta dignità nell’infuocato contesto di questi giorni, che hanno visto colonne immarcescibili come Gelmini e Brunetta e altri, pronti a fare le valigie, prima fra tutte Mara Carfagna, osando l’inosabile: lasciare il partito.

Due ministri di Forza Italia, Brunetta e Gelmini, decidono il grande passo; con La carfagna in procinto di seguirli, lasciando il partito e il suo tycoon

D’altronde, non sono solo i parlamentari a ragionare per sé. Lo facciamo anche noi elettori quando dobbiamo decidere chi votare. Parlerò per me e, al diavolo la privacy, dichiaro apertis verbis quali sono i due principali motivi per cui non ho fatto che sperare in un ritorno alle urne sin dalla caduta del Conte I, confidando nella vittoria del centro destra.
Primo: il Ministero dell’Interno in mano a Salvini o Meloni, per dare un vigoroso colpo di freno all’assalto delle nostre coste da parte di chiunque decida di entrare con la forza e il ricatto buonista in Italia, per poi farla da padrone o passare nelle fila delle cosche, che nulla hanno da invidiare a quelle domestiche.
Purtroppo, con le elezioni verso fine settembre, il resto dell’estate vedrà non solo continuare l’andazzo sinora permesso da Lamorgese e compagni, ma sarà presumibilmente accentuato, in previsione del ritorno di politiche di forte contrasto all’immigrazione clandestina. Prepariamoci a 2 mesi di caldo torrido e di barconi a gogo, e non solo.

Da quanti anni gli italiani si sentono indifesi dagli arrembaggi alle coste di nugoli di persone che, appena sbarcate per il “buon cuore” di governi davvero populisti, vengono abbandonati a se stessi? Con lo spettro della destra al governo dal 25 settembre, c’è da aspettarsi la messa in mare di quanti più barconi possibile di qui a quella data

Secondo: come invoca Salvini da mesi, se non anni, sarebbe ora che, per arrivare ad una vera “pace fiscale”, si promulgasse una rottamazione delle cartelle sotto una soglia di almeno € 10.000, accumulate negli anni da micro imprese e singoli cittadini; fermo restando il rigore con i grossi evasori. Le piccole partite Iva devono già fare miracoli per sopravvivere; figurarsi se, dopo aver onorato le spese ineludibili, come le fatture dei fornitori e l’affitto, e messo da parte quel poco necessario a sopravvivere, riescono anche a far fronte alle fitte scadenze fiscali e contributive. L’alternativa è rivolgersi agli usurai per far contento il fisco.

[Errata corrige: mi scuso con quanti avranno letto il mio ultimo articolo per una mia inesattezza. Ho scritto che l’Iva sul gas per usi domestici sarebbe al 22%. Rettifico: dall’autunno 2020 è stata lodevolmente ridotta dal 10% al 5%. Mi sono basato sulla memoria, che spesso inganna.]

Marco Giacinto Pellifroni   24 luglio 2022

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