Reefer Terminal

Settima puntata/ Quel cognome M., per l’anagrafe è Caio Giulio Cesare
“Mi chiamo Franco Paparusso, mi chiamo Sebastiano Botta
…alla Reefer è stato sconfitto l’estremismo di Pizzorno”
Cronaca di un’udienza in tribunale. Perché la Cgil si era spaccata. Chi vinse

Settima puntata/ Quel cognome M., per l’anagrafe è Caio Giulio Cesare
“Mi chiamo Franco Paparusso, mi chiamo Sebastiano Botta
…alla Reefer è stato sconfitto l’estremismo di Pizzorno”
Cronaca di un’udienza in tribunale. Perché la Cgil si era spaccata. Chi vinse

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Savona-  Siamo fortunati, anche se “piccoli e neri”. Ci hanno chiesto per quale ragione nel precedente articolo  (sesta puntata) ci siamo limitati a riportare il cognome  M., indicandolo come un pronipote del Duce, ignorando totalmente il nome.

Accennavamo al suo licenziamento (ma non come si arrivò alla sua assunzione e chi la sponsorizzò), del suo “autodenunciato” infortunio sul lavoro. In effetti nulla sarebbe emerso nei confronti dei responsabili dell’azienda in merito ad asseriti spintoni contro una vetrata. Abbiamo già scritto, tutto si è chiarito, grazie anche ad un incontro al bar. M. era stato colpito, in quel periodo, da una crisi di sconforto. Proprio a lui che, alla nascita, avevano imposto i nomi di….Caio Giulio Cesare…E, forse, per via del rispetto a chi porta un cognome che fa parte della storia d’Italia, nessuno aveva divulgato la notizia della sua presenza, contrastata, dopo un certo periodo, alla Reefer Terminal. Un dato di cronaca e, a quanto pare, è anche un cittadino ligure, spezzino.

In questa settima puntata del “silenziosissimo” processo davanti al giudice del Lavoro, Caterina Baisi, per il licenziamento in tronco (poi ci sarà un bis) del sindacalista Cgil e più votato membro Rsu, Giorgio Pizzorno (un giorno si farà pur vivo con questo “maledetto blog”, bontà sua!), diamo spazio alle testimonianze rese da tre personaggi savonesi.

Franco Paparusso (salito alla ribalta anche con un articolo del 5 febbraio 2010 sul Secolo XIX, dal titolo: <Terminal Maerk, Paparusso lascia il Prc. Rifondazione si spacca sulla piattaforma>). Corredato con fotografia di Paparusso, il quotidiano metteva in risalto il Paparusso pensiero “Nessuno parla del lavoro. Ho sbattuto la porta perché nessuno, a sinistra, parla più di lavoro. Ormai si trittura tutto”.

Paparusso non è il “signor nessuno”. Ex operaio, ex segretario del porto Filt Cgil, scaduto il mandato ed in concomitanza  del congresso del 2006, si dimise dalla Cgil. Successivamente è entrato a far parte della Uil dove la rappresenta come  componente della Rsu e coordinatore regionale dei porti.  In regime di “distacco” per sei mesi all’anno. Oggi Paparusso ha espresso simpatie per l’Italia dei Valori di Di Pietro.

Renato Viazzi, invece, è stato segretario provinciale generale della Filt –Cgil.

Sebastiano Botta, meno popolare rispetta agli altri due testi del processo, è stato assunto alla Reefer come ex guardiano, ex operaio del magazzino ortofrutta, ex delegato della Rsu per Cgil. Ha conosciuto un periodo di “mobilità” ed ora può finalmente godersi la pensione.

IL TESTE FRANCO PAPARUSSO

“Sono e mi chiamo Paparusso Franco. Sono dipendente alla Reefer Terminal dal 1991. Oggi sono operaio polivalente, prima ero carrellista come il Pizzorno, ma io in magazzino e lui in banchina.

Sono membro della r.s.u. dal 1994 al 2001, dal 2001 sono responsabile della Filt Cgil per il porto.


Franco Paparusso

Sono stato membro r.s.u. insieme al Pizzorno dal 1994 al 2001.

Interrogato sui capitoli di prova di cui al ricorso dichiara: sui capitoli 1 e 2: “ vi era l’estratto del Ccnl assodocks per quanto riguardo il codice disciplinare.

Nel 2000 o nel 1999 vi è stato il passaggio al Ccnl unico dei lavoratori portuali, ma l’estratto disciplinare di tale contratto è stato affisso in bacheca solo dopo il licenziamento. Mi riferisco alla bacheca e ai fogli mobili vicino alla timbratrice.

A domanda risponde– Nel luglio 2005 ero in azienda e ricordo che sia io che il segretario Berruti verificammo che non vi era affisso il codice disciplinare del Ccnl porti. Vi era nella bacheca solo quello vecchio, dell’Assodocks.

Ricordo che andammo a verificare proprio perché c’erano state delle contestazioni anche perché il sindacato ci aveva detto che era un obbligo che rendeva invalide le sanzioni disciplinari”.

Sul capitolo 4: “non so”.

Sul capitolo 5: “non so, dal 2001 al 2004 sono stato distaccato presso il sindacato; andavo saltuariamente in azienda, per assemblee, riunioni, ecc”.

Sul capitolo 9: “sapevo che l’azienda aveva convocato il Pizzorno per un colloquio. Non su cosa. Non so se si presentò al colloquio, né se non si presentò”.

Quando sono rientrato, nel 2004, ho saputo che il Pizzorno aveva problemi di ansia.

Peraltro ricordo che i primi disturbi il Pizzorno li avvertì in concomitanza con le vicende dell’integrativo del 2003.

Tutti noi coinvolti nelle trattative vivevamo quel periodo in maniera intensa perché era un integrativo importantissimo perché avrebbe comportato riflessi economici per i successivi quattro anni, nonché decisioni in merito alle assunzioni”.

Sentivamo la responsabilità.

Fino ad un certo punto la trattativa era proceduta normalmente, poi si è creata una spaccatura interna alla r.s.u. e alle stesse Cgil e Cisl su due punti: uno legato all’organizzazione del lavoro e l’altro legato all’erogazione dei premi ad personam o come premio di produzione generalizzato.

All’interno della rappresentanza dei lavoratori si delinearono due posizioni, una più rigida e una più conciliativa.

Si tenne una prima assemblea alla presenza del rappresentante dell’azienda e di una parte della r.s.u.. io e il collega Pizzorno non vi abbiamo partecipato per nostra scelta.

Vi fu poi l’assemblea generale all’interno della quale i lavoratori si espressero in grande maggioranza a favore della proposta più moderata, che prevedeva il riconoscimento all’azienda di maggior discrezionalità nell’erogazione dei premi, nel senso che su tale punto l’integrativo non prevedeva obbligo di contrattazione.

Si trattava dei premi ad personam per i capi piazzale e per la generalità dei lavoratori. Per questi ultimi, a differenza dei primi, l’integrativo predeterminava gli importi e gli obblighi di informativa.

La proposta che venne bocciata aveva ad aggetto l’uniformità di trattamento per tutti i premi per quanto concerne gli obblighi di informazione e contrattazione con la r.s.u.”

Sul capitolo 21: “riconosco nel documento 21 di parte ricorrente la lettera che venne inviata al sindacato”.

A domanda risponde–  “Prima della lettera non ricordo avvenimenti e episodi particolari né contatti telefonici tra il Pizzorno e il Becce.

Ricordo che dopo l’inoltro della lettera ci fu un pranzo sollecitato dal mio segretario, Viazzi, con il dott. Becce, se non vado errato.

Si affrontò in generale il problema delle relazioni all’interno dell’azienda.

Si è parlato un po’ di Pizzorno e delle sue impulsività e della sua pignoleria.

Per impulsività intendo un atteggiamento non maleducato o irrispettoso ma un particolare rigore per il rispetto di regole e leggi e una minore elasticità nella ricerca dei punti di equilibrio quale deve essere in ogni ambiente di lavoro e in particolare nel nostro ambiente portuale, sia per motivi politici che organizzativi.

Peraltro il Pizzorno aveva già stipulato in passato già tre contratti integrativi e quindi non posso dire che non avesse capacità di mediazione.

Gran parte di quello che ho detto posso riferirlo anche a me stesso.

A domanda risponde- “Ricordo che io non diedi grande peso alla lettera del dott. Becce, lo presi come uno sfogo momentaneo dipendente dalle tensioni del momento.

Poi invece la situazione non rientrò.

La lettera mi stupì perché non era usuale ricevere documenti di quel tenore.

Non ricordo se all’incontro di Albissola si decise la partecipazione di un membro della segreteria agli incontri aziendali.

Anzi, lo escludo perché personalmente ho sempre lasciato piena autonomia alla r.s.u.

Partecipavo agli incontri solo se mi veniva richiesto.

a.d.r. per quanto mi riguarda personalmente come segretario non ho mai riscontrato scorrettezze da parte dell’azienda nelle relazioni sindacali.

Per questo mi meravigliai quando vidi arrivare la lettera del dott. Becce.

Successivamente ci fu un’altra lettera sempre del dott. Becce indirizzata sempre alla segreteria generale della Cgil che conteneva apprezzamenti coloriti anche nei miei confronti, legati sempre alle relazioni sindacali.

Anche dopo le lettere peraltro le modalità delle relazioni sono state corrette come prima”.

l.c.s. Paparusso Franco

IL TESTE VIAZZI RENATO

 “Sono e mi chiamo Viazzi Renato. Ero sindacalista. Nel periodo 2000-2003 ero segretario della Filt Cgil di Savona.

Confermo di aver ricevuto nella data indicata nel documento e nei giorni successivi il documento n°21 di parte ricorrente che mi viene rammostrato. Alcune delle doglianze indicate nel documento mi erano state espresse anche personalmente in vari contesti sindacali e ciò a voce e con toni meno accentuati di quanto espresso nel documento.

 

Peraltro, già il fatto di aver formalizzato in un documento scritto quel genere di doglianze è un fatto che giudico del tutto insolito alla luce della mia esperienza ultra ventennale come segretario della categoria. Dopo aver letto la lettera ho contattato Franco Paparusso che era il membro della segreteria che seguiva l’azienda e ho sottoposto la lettera all’avv. Acquilino per un parere legale. Il Paparusso propose un incontro informale con l’azienda  per approfondire con l’azienda e poter manifestare la nostra opinione.

L’incontro si tenne con il Becce. All’esito dell’incontro si convenne che alle successive riunioni-incontri sindacali in azienda avrebbe partecipato il Paparusso come membro di segreteria Filt.

A domanda risponde – “Decidemmo di fare partecipare un  membro della segreteria per capire meglio cosa succedeva e epurare le relazioni sindacali da elementi di tipo personale e caratteriale e favorire un miglioramento del clima.

Nell’ambito della nostra organizzazione esiste una pluralità di posizioni ed è compito del segretario generale quello di cercare un coordinamento o comunque una sintesi tra queste posizioni.

A domanda risponde- “Era già capitato in altre occasioni di inviare membri della segreteria a partecipare ad incontri o a seguire particolari vertenze. Si è trattato di fatti molto sporadici.

A domanda risponde- “Che all’incontro informale con il Becce e Paparusso io avessi manifestato quella che era la mia valutazione in generale del tenore del clima delle relazioni sindacali nel settore trasporti e, in particolare, nella portualità. Rispetto alle mia precedente esperienza nel settore chimico ritenevo infatti che tale clima, da entrambe le parti, fosse eccessivamente “spigoloso” e spesso inquinato da elementi di tipo caratteriale”

notai comunque un certo miglioramento nel periodo della mia segreteria (2000-2003).

Il miglioramento c’è stato, a parte gli avvenimenti in questione”

l.c.s. Renato Viazzi

IL TESTE BOTTA SEBASTIANO

“Ssono e mi chiamo Botta Sebastiano. Sono stato dipendente della Reefer Terminal dal 1991 sino a pochi mesi fa come operaio mulettista.

Ero rappresentante sindacale. Lo sono stato a periodi alterni sino a quasi alla fine. Ero membro della r.s.u.. lo ero anche nel 2003. Ho partecipato alle trattative per il contratto integrativo. Vi era anche il Pizzorno.

Ricordo che il Pizzorno era un po’ più esperto, anzi si applicava di più.

Ricordo che le trattative si protrassero per alcuni mesi e non si riuscivano a concludere. La r.s.u. era spaccata in due linee diverse. Una faceva capo al Pizzorno e l’altra più moderata cui io mi riconosceva.

Ricordo che la bozza dell’integrativo era stata in massima parte elaborata dal Pizzorno insieme con il Paparusso e pertanto noi più moderati non capivamo perché non si riusciva a chiudere perché gli ostacoli erano fra parti per lo più della stessa componente del Pizzorno.

Ricordo che non c’erano punti essenziali del contratto che creassero problemi, ci sembrava più un atteggiamento di resistenza immotivato, per questo decidemmo di portare in assemblea le due bozze o meglio l’unica bozza rimettendo all’assemblea la decisione se sottoscriverla.

Ricordo che Pizzorno, in assemblea, addusse quale motivo per proseguire sulla negoziazione la necessità di ottenere miglioramenti economici dicendo che si era saputo che contrariamente a quanto l’azienda aveva sostenuto vi era stata l’erogazione di somme ad alcuni dipendenti.

L’assemblea decise per l’80% di sottoscrivere l’integrativo così come era.

Preciso che quello che si verificò era un conflitto all’interno della r.s.u.

Dopo l’assemblea ci fu l’incontro per la sottoscrizione dell’integrativo e in quella sede né il Pizzorno, né il Paparusso volevano firmare. Dovette intervenire il segretario provinciale Di Tullio per convincerli ad accettare il responso dell’assemblea. Ed essi firmarono.

A domanda risponde-  “Il Pizzorno è sempre stato delegato aziendale.

Con il Pizzorno abbiamo sempre avuto divergenze, legate ad un diverso modo di interpretare il ruolo del sindacato, nel senso che ci trovavamo, pur essendo nella stessa organizzazione, in posizioni diverse, nel senso che la mia linea era quella più moderata e tesa a trovare compromessi nel senso di accordi magari anche concedendo qualcosa pur di non arrivare a situazioni di scontri e conflitto continuo.

A domanda risponde- “Il Pizzorno era più rigido, era meno disponibile a concessioni e quindi più rigido nel perseguire il conseguimento degli obbiettivi che si prefiggeva. Si trattava di due modi diversi di fare il sindacato.

A domanda risponde- “Il Pizzorno era quello che riceveva più voti alle elezioni per la r.s.u. , in quell’occasione l’assemblea non lo seguì perché a mio avviso comprese che era sbagliato non sottoscrivere l’integrativo”.

l.c.s. Botta Sebastiano

Redazione Trucioli

 

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