Berlusconi

Berlusconi è sempre lo stesso del 2007,è solo cambiato nel volto, mentre il comportamento è dominato dalle stesse ossessioni di sempre: giustizia e televisioni ostili.

DEMERITOCRAZIA

 

Berlusconi è sempre lo stesso del 2007,è solo cambiato nel volto, mentre il comportamento è dominato dalle stesse ossessioni di sempre: giustizia e televisioni ostili.

DEMERITOCRAZIA

Il 27 settembre 2007 erano al governo Prodi e i suoi uomini pro-banche, Padoa-Schioppa in testa. Berlusconi e i suoi cortigiani scalpitavano per tornare in sella; cosa che sarebbe accaduta di lì a pochi mesi.

In quel contesto scrissi su Trucioli un articolo, intitolato De[merito]crazia che oggi ripropongo, senza cambiare una virgola:


DE[MERITO]CRAZIA
 

Caratteristica costante delle democrazie, con l’Italia ai primi posti, è quella di procedere per demeriti altrui anziché per meriti propri. È insomma una gara al ribasso, a colpi di squalifiche, che danno fiato all’avversario.

Ciò premesso, è patetico osservare l’attuale contesto politico, nel quale si vede un Berlusconi gioire di fronte alla mala performance del governo Prodi, ritenendo che ogni errore di quest’ultimo si traduca ipso facto in un plauso a lui stesso; quando invece l’alternanza di governo alle ultime elezioni si era basata, a sua volta, sulla pessima performance dei suoi 5 anni al potere.

I cittadini sempre più si recano alle urne per bocciare il governo in carica, più che per dare il consenso al governo precedente, che attende fiducioso la nuova investitura. Seembra insomma che in democrazia si possa solo sbagliare, in quanto non c’è come non fare per non sbagliare. Quindi riscuote consensi solo l’opposizione di turno. Il fenomeno, lungo quanto la nostra democrazia, la dice lunga sul sentiment degli italiani verso tutta la classe politica, bollata ultimamente come un’unica casta incapace, anzi capace soltanto di curare i propri interessi dietro la maschera di un propugnato interesse “del Paese”.

Bene dice Casini, senza beninteso avere numeri per chiamarsi fuori, che i 5 anni di centro-destra sono stati focalizzati su due temi preponderanti: giustizia e televisioni. Ossia i due assilli personali dell’allora Presidente del Consiglio. Di lì il ripetersi di leggi ad personam e il tentativo elettorale di cambiar pagina. Ma l’indignazione fu soltanto popolare, in quanto, né allora né ora, l’indignazione è un sentimento che tocca minimamente i parlamentari; e ciò, nonostante il loro comprovato attaccamento alle poltrone, inversamente proporzionale alla sensibilità verso gli umori del Paese.

Eppure, democrazia dovrebbe significare, tutt’al contrario, proprio la capacità della classe al governo di recepire e interpretare il volere popolare, traducendolo in leggi mirate a correggere le mancanze e a promuovere i processi virtuosi.

Crede davvero il cavalier Berlusconi che gli italiani, oppressi da una ridda di balzelli e sanzioni da parte di questo governo, comunista nei metodi anziché negli ideali, individui in lui e nella sua allegra compagine la medicina giusta ai dolori che ci tocca soffrire ogni giorno, specie all’avvicinarsi di fine mese? Spera davvero che gli italiani dotati di un minimo di raziocinio si augurino un suo ritorno, quando nessuno dei due governi, a prescindere dall’ormai scolorita etichetta partitica, è riuscito a ridurre una spesa pubblica prodiga e parassitaria nonché il debito cosiddetto pubblico, che altro non è se non un gentile omaggio della cittadinanza alla vera casta, ossia alla cupola che sta sopra la casta politica: quella bancaria?

Certo, questo è palesemente il governo delle banche; mentre quello di prima lo era in maniera più sfumata: le banche oggi sono al potere in prima persona, tramite un ex-consulente della Goldman-Sachs (Prodi) e un ex-vice direttore della BCE (Padoa-Schioppa). Ieri lo erano tramite il Presidente della Repubblica (Ciampi), ex-governatore di Bankitalia ed ex-ministro del Tesoro. Tutti uomini di fiducia, assieme a Draghi, dell’apparato bancario internazionale, quello che si riunisce ogni mese nella sede svizzera del BIS (Banca dei Regolamenti Internazionali) per decidere congiuntamente le mosse dei governi mondiali in campo monetario, con tutte le ricadute sulla prosperità o il declino delle nazioni che da esso più o meno consapevolmente dipendono.

Fa poca o nulla differenza, per questi distinti signori, quale colore sia al governo di questo o quello Stato, finché le redini della sovranità monetaria sono saldamente in mano loro, senza alcuna possibilità di interferenza o controllo da parte degli Stati stessi. Con il Trattato di Maastricht è venuta erigendosi una cortina (oserei dire d’acciaio) intorno all’istituto superiore valutario che è venuto configurandosi nella BCE, la quale non fa nemmeno parte della Unione Europea, stagliandosi al di sopra di essa e non dovendo rendere conto a nessuno delle proprie riunioni e decisioni, totalmente secretate. Tale trattato è un vero e proprio scippo dell’autonomia dei singoli Stati, nelle veci dei quali è la BCE a decidere le misure monetarie, con tutte le conseguenze che queste comportano per la gente comune.

In base a queste considerazioni, possiamo affermare con certezza che nessun governo ha mai avuto la forza di tutelare l’indipendenza dell’Italia, lasciata in balia di ingerenze straniere in un campo, quello valutario, che più influenza ogni altro. Dobbiamo pertanto concludere che le scaramucce di cui i politici danno quotidiano spettacolo sono, come ben si è ripetuto, un teatrino per gli allocchi che ancora se ne lasciano incantare, allo scopo di distogliere l’attenzione dai veri problemi, che si discutono invece nella riservatezza dei saloni del BIS a Basilea (addirittura in territorio extra UE) o nelle periodiche riunioni del gruppo Bilderberg, associazione di potenti dell’alta finanza e della grande industria (l’ultima si è discretamente tenuta in una remota località turca l’estate scorsa). 

Cosa possiamo fare, noi cittadini very normal people? Il centro-destra ci arringa ogni giorno dagli schermi TV per convincerci dell’improrogabilità di nuove elezioni. Evidentemente perché spera di vincerle, non già sulla base del suo buon operato nel recente passato, bensì sulla scorta dello scontento popolare per più di un anno di tasse & sanzioni (di cui pochi parlano) sullo sfondo dei vergognosi privilegi ed esenzioni della classe politica (compresa quella stessa che intende tornare al governo e che nulla fece per ridurli). Insomma, siamo in piena de(merito)crazia.

La nostra risposta dev’essere chiara: scheda bianca o nulla, ovvero voto per quel partito che fa della lotta ai privilegi della vera casta, quella bancaria, il proprio programma prioritario. Al momento tale partito non c’è. Ma sorgerà al crescere delle schede di rifiuto dell’intera attuale gamma parlamentare.

Non vedo altre strade per far risorgere la nostra calpestata e tradita res publica.   

                                         23 settembre 2007

Il Berlusconi di oggi è cambiato solo nel volto, che sempre più assomiglia al caimano che dette il titolo al film di Nanni Moretti; mentre il comportamento è dominato dalle stesse ossessioni di sempre: giustizia e televisioni ostili. (Al posto di Prodi di ieri ci metterei i maggiori nemici di oggi: Di Pietro, Santoro e Travaglio).

In due anni di governo è riuscito a non far nulla per la crescente frazione di cittadini stremati dalla crisi, mentre ha proseguito nella sua occupazione favorita: sfornare leggi che gli precludano le aule di giustizia e le patrie galere.

Eppure, un’incredibile percentuale di italiani, a dispetto dell’evidenza, continuano a votare lui e i suoi gregari. La spiegazione sta proprio in quel mio articolo: ormai non si vota più per qualcuno ma contro qualcuno: il voto “utile” è la palmare dimostrazione che non ci si aspetta neppure più un buon governo, ma solo quello che soppianti il governo sgradito. Come allo stadio, si tifa per una squadra anziché un’altra senza fondati motivi. Meno che mai in base ai meriti, latitanti da decenni.

 

Marco Giacinto Pellifroni                     28 marzo 2010

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