Elezioni

Vado a votare…
…ma sono depressa.

Vado a votare…
…ma sono depressa.

 

Voto,  perché sono contraria all’astensione. Perché sono consapevole di quanto questo diritto, come tanti altri, sia costato sangue e lacrime ai nostri padri.

Perché particolarmente in quanto donna, solo di recente, rispetto ai tempi storici, ho visto riconosciuta la possibilità di esprimere la propria volontà.

Perché penso che sia meglio ammucchiare qualche sassolino, sperando che il mare non lo porti via, rispetto a dare calci a quei pochi sassolini già ammucchiati, per disperderli e lasciare il vuoto.

 

Perché sono convinta che, a ben guardare, a non avere il paraocchi e a non essere completamente disinteressati dalla vita pubblica, qualcuno migliore possa e debba esserci, nel mucchio, qualcuno che ha lasciato perdere faccioni e slogan e demagogia e ha parlato di programmi, e allora tanto vale dargli almeno una possibilità. Salvo poi, nel caso fosse insperatamente eletto, stargli col fiato sul collo per vedere se rispetta almeno in minima parte, e secondo le sue possibilità, quanto promesso.

 

Perché detesto la stupidaggine del voto utile, che permetterebbe a quei soliti partiti e a quelle solite facce marce, presuntuosi, arroganti, lontanissimi dalle persone come signorotti medioevali, pronti solo a prostrarsi davanti ai poteri più forti di loro, di continuare imperterriti i loro affari, senza neppure un ammonimento, un campanello d’allarme, un segnale di inversione di tendenza.

 

Detesto quel bipolarismo fra marcio e muffa verde che vorrebbero imporci a ogni costo.

 

Detesto quel compiaciuto diffondersi del verbo “tanto sono tutti uguali”, che sporcando indifferentemente tutti, equiparando colpe lievi e colpe gravi, sospetti e insinuazioni con certezze, in pratica fa solo e soltanto il gioco dei peggiori, e da loro e dai loro sodali, infatti, viene propalato.

Da quelli tanto vigliacchi da non ammettere le loro posizioni politiche, da vergognarsene, e ricorrere a discorsi ambigui per dire e non dire, nascondere e svelare, mescolare e intorbidare.

 

Sì, per tutto questo vale ancora comunque la pena.

Ma fatto un rapido giro, constatati i dati e la situazione, sono e resto depressa.

 

Altrove il mondo si muove, in Italia vi sono fermenti, tensioni non tutte negative, o almeno, reazioni visibili, segnali di resipiscenza.

 

In Liguria è tutto grigio cemento e nero carbone. A dispetto del fervore dei comitati, dell’impegno di alcuni giornalisti e blogger, degli Amici di Beppe Grillo e di lui medesimo, che è pur sempre ligure. Troppo forte il nemico, e senza scrupoli.


In Liguria non si intravede la luce all’orizzonte. Paese che appare di vecchi inaciditi, brontoloni senza costrutto, fedeli alla linea come si fosse ancora ai tempi di Peppone e don Camillo, senza accorgersi che “il partito”, non è più quello, sic et simpliciter, dei loro vecchi tempi. E che certi burocrati non sono altro che pericolosissime cariatidi, a sostegno di un potere economico sprezzante e devastatore. Oppure paese di adoratori dei nuovi miti televisivi, egoisti e sfavillanti e vuoti. Oppure di propensi a una xenofobia di fondo, a una chiusura totale, a un ripiegamento del sé.

 

Paese che sembra di (pochi) giovani, esempio di provincialismo trionfante, di disimpegno stracco. Dove chi non emigra (riuscendo magari benissimo altrove) si adegua al torpido andazzo.

 

Eppure io continuo a credere che non ci meritiamo questa palude. Questi candidati presidenti imposti, sempre gli stessi. Che, come dice il Fatto Quotidiano nell’articolo dedicato alla nostra regione, non sarebbero mai e poi mai usciti da ipotetiche primarie.

Mi rattrista pensare che la Liguria è l’unica con solo due candidati, senza un’alternativa, vero e proprio feudo e roccaforte inespugnabile dei potentati economici finti avversari, sodali fra loro e quasi intercambiabili, nemici dei bisogni della comunità.

 

Continuo a credere che basterebbe una scintilla per svegliarci, per far emergere la parte sana e consapevole, forse un po’ pigra, forse un po’ stanca di lotte solitarie. Ma che c’è. E per trascinarne altri, oltre queste apparenze che forse non ci rappresentano.

 

Perché in tanti, credo, siamo stufi del cemento inutile e delle risposte completamente sbagliate alla crisi economica, e del piattume delle nostre città, e del continuo stupro a una regione già tanto umiliata e violata, e che pure amiamo, per quel poco che rimane.

 

Intanto, però, aspettiamo. Restiamo indietro, a guardare. Tutto rimandato a data da destinarsi.

 

Il futuro dobbiamo ancora conquistarcelo.

Milena Debenedetti   
 
Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi

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