Quando c’era lui caro lei…

Dicono, basta lo strumentale accanimento nel ricercare il fascismo in questo Paese, è una pagina che deve essere affidata alla storia.
Allora perché il Presidente del Senato che ricordiamo è la seconda carica dello Stato si è sentito libero di raccontare la storiella della banda musicale di via Rasella? Torniamo indietro nel tempo e cerchiamo di rivivere quel episodio.
Nell’ attentato di via Rasella, morirono 33 militari dell’esercito nazista di origine altoatesina appartenenti all’undicesima compagnia del reggimento di polizia militare “Bozen”. “Quando il presidente del Senato Ignazio La Russa descrive le vittime come “una banda musicale di pensionati” forza i fatti, dando agli eventi una visione falsa, oltre che grottesca”.
Questo è la parte di un articolo di Famiglia Cristiana.
Non un giornale, di sinistra ma ripeto famiglia Cristiana.
Se tale dichiarazione grottesca La Russa la avesse fatta due o tre anni fa non avrebbe sortito tutta la pubblicità di questi giorni, per cui ha sfruttato consapevolmente la sua carica istituzionale per fare esternazioni deprecabili.

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Il vero fatto grave che il Presidente la Russa oggi dica queste cose, è un segnale che ci deve fare riflettere.
Perché ritengono che la svolta a destra di questo Paese permetta che certe cose riferite al fascismo possano essere sdoganate, una sorta di appropriazione delle istituzioni a loro esclusivo uso e consumo.
Il clima che loro stessi stanno creando, con cose davvero assurde, mi fa riflettere. Ad dsempio l’idea sul linguaggio autarchico che tal Rampelli sta portando avanti, è una revisione in atto o meglio una sorta di rendez-vous (scusate il francesismo) forse per Rampelli dovevo dire “italianamente” cose già vissute. L’idea dell’esponente di Fratelli d’Italia è di multare da 5.000 a 100.000 euro per chi non utilizza la lingua italiana nella fruizione di beni e di servizi, nell’informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici.
Nel 1923, il regime intraprese una politica di italianizzazione forzata nei confronti della comunità slovena a Gorizia, Trieste, Pola e Zara, che venne velocemente estesa a tutto il paese.
“Basta con gli usi e costumi dell’Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d’America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare noi, come guardarono a Roma o all’Italia del Rinascimento” La sorte peggiore toccò ai giornali in lingua diversa da quella italiana e alle scuole bilingue che furono costrette a chiudere, come nel caso del giornale tirolese Der Tiroler. Nei casi migliori venne invece imposto l’italiano come lingua unica, mentre testate e case editrici in lingua italiana vennero praticamente costrette a evitare parole straniere e a preferire i corrispondenti italiani o, quantomeno, italianizzati. Capite che oggi anno del Signore 2023 certi discorsi devono preoccuparci per il tentativo di creare un clima favorevole a un revisionismo su pagine drammatiche o meno, come in questo della nostra storia.
A livello istituzionale è una vergogna che la seconda carica dica certe cose e poco contano le scuse tardive.
A livello umano non ho parole.
Ma una cosa devo dire a La Russa e a chi dice che ha detto bene.
Quelli che marciavano in via Rasella erano il nemico gli invasori e ad essere dalla parte giusta erano i partigiani, che non erano una burletta come vuol fare credere Ignazio ma coloro che hanno salvato l’onore degli Italiani e ristabilito la libertà.

Roberto Paolino

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