Politica nazionale

POPOLO ED ORGANIZZAZIONE POLITICA
Come “addormentare le coscienze” con i mass media di massa
Ma anche bavaglio all’informazione e divisione sindacale, lo chiedeva la P2

POPOLO ED ORGANIZZAZIONE POLITICA
Come “addormentare le coscienze” con i mass media di massa
Ma anche bavaglio all’informazione e divisione sindacale, lo chiedeva la P2
  

Spiace contraddire il brillante Presidente della Regione Puglia, astro nascente della politica italiana, ma ci sono parse proprio sbagliate, nel profondo dei riferimenti teorici e più direttamente politici, le sue parole, pronunciate durante una manifestazione svoltasi a Roma giovedì 10 Giugno, a proposito di una sinistra che deve ritrovare il suo popolo e poi scegliere il suo leader.

Prima di tutto perché il “popolo” (massa indistinta, se così denominiamo l’insieme delle diverse categorie sociali, che invece vanno viste e analizzate nelle loro diverse specificità di relazione interna ed esterna) c’è, esiste, vive tutti i giorni le contraddizioni di questa società, rese particolarmente acute da una crisi economico-finanziaria di una durezza inusitata verso i ceti più deboli, da un uso dei mezzi di comunicazione di massa volto ad “addormentare” le coscienze e rivolgere sempre più verso i meccanismi dell’individualismo consumistico, da una esasperazione violenta delle diseguaglianze a tutti i livelli, da un deficit culturale senza precedenti, da un attacco sconsiderato, in Italia, al quadro equilibrato di diritti e doveri proposto dal dettato Costituzionale, dalla presenza di una destra rozza, razzista, inespressiva nella sua violenza verbale quotidiana.

Il popolo c’è, e quanto ai leader vien proprio voglia di citare: “beato quel popolo….” con quel che segue.

Manca, invece, l’organizzazione della soggettività politica, almeno a sinistra: manca l’organizzazione della soggettività politica da ricostruire tenendo conto, prima di tutto, del disastro che i gruppi dirigenti della sinistra italiana hanno compiuto nel corso di questi anni, adeguandosi al meccanismo “maggioritario – presidenzialista” (riassumo per far presto), ad idee balzane come quella della “vocazione maggioritaria”, alla rincorsa sul terreno dell’uso dei media (e quindi del comparire al posto dell’essere), della vacuità di formule politiche come quelle legate al meccanismo delle primarie, ma soprattutto nella mancata difesa dei propri soggetti di riferimento, a partire da quelli appartenenti ai gradi più bassi del mondo del lavoro (precari, giovani e donne in primo luogo).

Una organizzazione della soggettività politica che non potrà essere limitata a costruire incerti luoghi di aggregazione attraverso i quali portare un altro “uomo solo al comando” a competere elettoralmente verso cariche monocratiche la cui esistenza dovrebbe, invece, essere sottoposta a critica feroce da parte della sinistra con il rifiuto – appunto – delle primarie, delle elezioni dirette, di tutti quei meccanismi che finiscono con l’esaltare una ormai perversa personalizzazione della politica.

Serve un partito, invece, un soggetto politico nuovo, che raccolga quanto a sinistra già esiste (non è possibile cancellare l’esistente con un colpo di bacchetta magica) proponendosi, però, di raccogliere le ormai sparse membra, non tanto di un popolo, ma di una comunità politica militante che, in Italia, è esistita e può essere recuperata cominciando ad andare controcorrente proprio nell’approccio alla politica, invece di scimmiottare i meccanismi dell’avversario (meccanismi, dal maggioritario al presidenzialismo, mutuati è il caso di ricordarlo dal documento della P2 del 1975, con altro: bavaglio all’informazione, divisione sindacale, ecc. Sembra proprio di leggere la cronaca dei nostri giorni).

Prima di tutto, però, un nuovo partito di sinistra deve contraddistinguersi sull’idea di società: l’ipotesi di trasformazione nell’insieme di relazioni sociali, una proposta di “sobrietà” che rifiuti il consumismo individualistico proponendo ben altro modello, la tensione verso l’eguaglianza e la solidarietà espressa in precise proposte politiche rappresentano i pilastri di una idea di sinistra che si afferma pienamente stando in campo.

Alle opzioni di carattere generale, complessive, di idea della società vanno accompagnate le proposte concrete, il discorso del programma: di fronte alla crisi, allo svilupparsi di una nuova fase di essa, del rischio di presentarsi di nuove “bolle” e dell’emergere nelle capitali dell’impero di nuovi elementi di contraddizione sociale del tutto drammatici, l’idea di un “fronte sociale” a livello europeo, della programmazione pubblica dell’economia, del sostegno dei redditi da lavoro e da pensione con misure immediate, di un intervento sul territorio rivolto non tanto alle cosiddette “grandi opere” (oggi abbiamo letto cifre da far rabbrividire..) ma alla ristrutturazione delle infrastrutture esistenti, dell’assetto idrogeologico del territorio, alla difesa dell’acqua come bene comune: ecco questi sono punti, sia pure confusamente esposti che dovrebbero essere presi in considerazione seriamente da quanti intendono, appunto, misurarsi con l’idea della costruzione di una nuova soggettività di sinistra.

Esiste una “questione morale”,che non può essere intesa come “questione particolare”: la “questione morale” è la politica, non tanto nelle scelte dei singoli (cominciando ad allontanare questa idea dell’esibizione del privato come fatto politico e quindi riflettendo sui temi della personalizzazione, dell’uso dei mezzi di comunicazione di massa, dei costi della politica, quali fattori che producono “questione morale”): non deve, quindi, essere evocata ma “praticata” nel concreto delle scelte.

La struttura delle istituzioni, il tema della giustizia, l’assetto dello stato, debbono essere affrontati nel rigore che impone il rispetto della Costituzione Repubblicana: non basta pensare all’articolo 49 come momento di richiesta per la regolamentazione per via giuridica dei partiti (punto sul quale riflettere a lungo) ma, piuttosto, all’idea dei partiti come “libera associazione dei cittadini, provvista di vita democratica” (questo elemento pone interrogativi pesanti, a tutti, dall’annullamento del dibattito alla base, alla mancata autonomia dei territori, alla sostituzione della vita associative con “primarie” che esaltano la personalizzazione della politica, contraddicendo così platealmente tutto l’impianto che si dice di voler sostenere; non basta fare demagogia con la riduzione del numero dei parlamentari, senza ragionare su di un sistema elettorale che garantisca, in primis, la rappresentanza complessiva del territorio e delle sensibilità politiche presenti nel Paese; non basta pensare al superamento del bicameralismo “ridondante” senza riflettere sulla necessità di restituire centralità al Parlamento (ed all’insieme dei consessi elettivi), senza aprire un dibattito sui guasti prodotti dal “decisionismo”, dall’esigenza di “velocizzare” la politica nel senso di tagliarne il rapporto con la società, per favorire i settori più forti.

Un nuovo soggetto di sinistra deve, sotto l’aspetto dell’agire politico, contraddistinguersi su due elementi fondamentali: una struttura partitica che, per far presto, identifico come “ad integrazione di massa” (modello Duverger, per intenderci), ed un sistema elettorale di tipo proporzionale a tutti i livelli, evitando gli “unti del signore”, nei Comuni, come nelle Province, nelle Regioni.

Esiste, infine, un problema riguardante gli “ascendenti” nella storia della sinistra: credo non si debbano regalare a nessuno; c’è una storia, lunga, complessa, difficile, ma è la storia che ha fatto questo Paese e ad essa dobbiamo riferirci.

La fase che si apre richiede, comunque, una risposta immediata: siamo al declino di una prospettiva politica che la destra italiana ha portato avanti nel corso degli ultimi 15 anni.

La crisi produrrà nuovi equilibri, nuovi rapporti di forza, nuove competitività, nuove filosofie della cittadinanza e del lavoro.

Di tutto questo, in Italia, non si sta discutendo, la la deriva appare proprio essere quella del personalismo, identificando in questa deriva un dibattito pubblico assai povero di contenuti e di argomenti.

Occorre intervenire su questo punto impedendo che si laceri nel profondo, e definitivamente, il tessuto sociale, che si passi ad una irreversibile fase di decomposizione, aprendo la strada ad una definitiva normalizzazione autoritaria.

Occorre rovesciare il pensiero, far sì che la pulsione alla lotta sopravanzi la pulsione alla resa.

Per questo serve un nuovo soggetto di sinistra, posto al riparo dalle ambizioni dei singoli, capace di lavorare come intellettuale collettivo costruendo sul territorio un gruppo dirigente provvisto dei dati culturali, politici e sociali di una piena autonomia di pensiero e di azione.

Naturalmente ci sarà poi tempo e luogo per discutere di alleanze, prospettive di governo, e quant’altro: abbiamo di fronte una destra pericolosa, che ha saputo inquinare profondamente l’insieme delle relazioni sociali del Paese, in una situazione di crisi, di abbrutimento morale, di forte iniziativa della criminalità organizzata; una destra che sta attaccando i punti fondamentali della Costituzione.

Una destra verso la quale non sono possibili elementi di dialogo sulle riforme, ma soltanto un fronteggiamento alternativo: questa la condizione di partenza, la sinistra, in completa autonomia, deve porsi nella condizione di fare la propria parte, compiere il proprio dovere come reclamano , dalla loro comune condizione sociale, le donne e gli uomini che vivono ogni giorno la fatica del quotidiano.

Savona, 11 Agosto 2010                                                       Franco Astengo

 

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