Politica nazionale

PERSONALISMI E STRUTTURA POLITICA
IDV, MOVIMENTO A 5 STELLE, SINISTRA E LIBERTA’

PERSONALISMI E STRUTTURA POLITICA
IDV, MOVIMENTO A 5 STELLE, SINISTRA E LIBERTA’
 
Nel suo articolo, apparso su Repubblica, lunedì 4 ottobre, Ilvo Diamanti analizza acutamente il tentativo della sinistra italiana di ricostruirsi dopo le macerie di questi ultimi anni ed individua il procedere di questo tentativo di ricostruzione attraverso il formarsi di tre partiti personali: l’IDV, il Movimento a 5 Stelle, Sinistra e Libertà, esaminando le differenze tra questi soggetti in ispecie sul piano della collocazione politica ( nulla o quasi è scritto circa le diversità di contenuto programmatico) e il comune affidarsi ad una (rispettiva, ovviamente) leadership fortemente riconosciuta che funge da “collante” per l’intera formazione e, appunto, in chiusura dell’articolo usa proprio la definizione di “partito personale”.

Il “partito personale” può essere catalogato come frutto di un processo di evoluzione del “partito pigliatutti”, individuato da Kirchheimer fin dagli anni’60 quale variante di natura prettamente elettoralistica della categoria dei partiti ad “integrazione di massa”: si tratta di una categoria che, all’interno di un sistema politico particolarmente complesso come quello italiano, assume un significato particolare perché si tratta di un modello introdotto direttamente dall’attuale Presidente del Consiglio (in connubio con l’altro modello del “partito-azienda”) per esaltare in maniera esasperata la personalizzazione della politica intesa come funzionale all’uso dei mezzo di comunicazione di massa (in particolare della televisione) in luogo dei meccanismi tradizionali di partecipazione, con gli effetti sul linguaggio, la qualità dell’agire politico, il rapporto tra politica e società, l’uso delle istituzioni che abbiamo tutti davanti agli occhi (altri modelli di “partito personale”all’epoca furono, con diversa fortuna, la Lega Nord che è rimasta ancorata comunque a quello schema e il Patto Segni, invece rapidamente esauritosi).

L’utilizzo di Internet come mezzo di velocizzazione del messaggio ha poi completato il quadro di una radicale trasformazione del soggetto collettivo e dell’agire individuale in politica (come in tanti altri campi, compresa l’economia).

La premessa, quindi, è quella che il modello del “partito personale” è un modello che non appartiene alla tradizione della sinistra.

E’ necessario, quindi, interrogarsi perché, proprio in questa fase,il modello del partito “personale” (almeno nell’accezione utilizzata da Diamanti, ma crediamo condivisa da molit) è assunto come punto di riferimento per la costruzione di una “nuova sinistra” in grado, nuovamente, di affermarsi nel panorama politico italiano.

Ilvo Diamanti

Va chiarito che, a differenza di Diamanti, non assegniamo tutti e tre i movimenti citati ad una “appartenenza” allo schieramento di sinistra: anzi IDV e Movimento a 5 Stelle rivendicano assolutamente una “trasversalità” di collocazione (ed anche se non la rivendicassero sarebbe comunque difficile assegnare loro una adeguata collocazione su di un ipotetico asse politico di tipo tradizionale sul continuum destra/sinistra).

In realtà il punto che accomuna i tre movimenti (o partiti, visto che si sono già presentati e si presenteranno alle elezioni e la partecipazione elettorale è quella che segna la diversità proprio tra movimenti e partiti) è quello di trascurare la categoria delle contraddizioni sociali e di assestarsi, legittimando così il tipo di strutturazione leaderistica cui si affidano, su “issues” completamente diverse, collocate al di fuori o al di là dele definizioni correnti del contesto sociale.

Vengono, infatti, declinate categorie inusuali che suscitano forti interrogativi.

IdV si colloca, come sappiamo sulla frontiera della “legalità” portata come valore intrinseco (trascurando, dal centro, ciò che il partito fa sul piano periferico: ma anche questa è una caratteristica legata all’impostazione personalistica) e collegandosi, per quel che riguarda l’iniziativa relativa alla sfera economico-sociale, ad una impostazione prettamente populistica – corporativa; il Movimento a 5 Stelle tenta di rovesciare il rapporto politcs/policy, rifiutando una elaborazione politica complessiva sia pure di settore ma partendo dalla singola questione per costruire un movimento, la cui traduzione istituzionale poi diventa alquanto problematica e lasciando libero il campo alle improvvisazioni del “leader”; Sinistra e Libertà, quella più legata alla tradizione della sinistra italiana e le cui componenti derivano direttamente da quella storia (anche la più recente) affida al carisma del proprio numero uno il tentativo di bypassare lo schema del rapporto politico legato ai corpi intermedi, per rapportarsi direttamente ad un popolo indistinto (da qui il tema, ossessivamente ripetuto, delle “primarie”: tema declinato, fra l’altro, all’”italiana”, in un contesto di totale approssimazione dal punto di vista dei riferimenti storici) mutuando modelli dell’avversario (il “partito dell’amore” versus “i comizi dell’amore”) e richiamando categorie pre-politiche come la cura, il coraggio, la speranza, l’impegno e la libertà (tema , quest’ultimo,da maneggiare con grande cura. In questo momento ci sono due partiti della destra italiana che si richiamano indistintamente alla “libertà”. E se si ha a cuore la qualità del messaggio è bene starci attenti).

Restano fuori, come ci è capitato di affermare all’inizio le contraddizioni sociali che pure riteniamo restino ben presenti nella realtà di oggi.

Stein Rokkan, nel suo libro tradotto in italiano nel 1982, ne individuava quattro, sorte al momento della formazione dello Stato-Nazione e della rivoluzione industriale: centro/periferia, Stato/Chiesa, città/campagna, capitale/lavoro.

Davvero questi “cleaveges” non dicono più nulla, non agiscono più nella realtà del 2010, non ci si può ricostruire sopra una soggettività politica che lotti, appunto, sulla base delle contraddizioni sociali, individuando i punti di approdo e di passaggio in forma collettiva, riproponendosi il compito di produrre cultura , rappresentanza, organizzazione politica radicata sul territorio ?

Possiamo dire: è tutto finito, si torna all’indietro, ricercando le categorie dell’infinito (vengono in mente le dispute filosofiche sugli “universali”) e ascoltando sermoni?

Savona, 7 Ottobre 2010                                                             Franco Astengo

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