Noi siamo poveri di buona bocca. Siam pronti a prendere quel che ci tocca?

Rossini ci invita ad accontentarci. Ma noi siamo italiani. Con tutti i nostri difetti e pregi.
Invidiati dal mondo intero, forse non siamo consci delle nostre potenzialità, pur avendo una notevole autostima.
Troppo ottimismo? Può essere, ma una cosa è certa, il pessimismo non porta da nessuna parte.

Abbiamo passato anni difficili, gli ultimi, ma chi è datato ricorda momenti simili, sicuramente non migliori. Non ricordiamo forse il terrorismo intra moenia degli anni ’70/80? Gli anni di piombo , estremizzazione della dialettica politica che produsse violenze di piazza e lotta armata.
Ogni anno, durante i festeggiamenti solenni del due giugno enfatizziamo, insieme alle istituzioni, alle più alte cariche dello Stato, quanto siamo fortunati a vivere in una Repubblica democratica.

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La nostra Carta costituzionale ci ricorda l’importanza della ricorrenza come occasione per riedificare l’impegno comune a rispettare, custodire e promuovere i valori su cui si fonda la Repubblica. Valori che devono essere difesi ogni giorno, non soltanto una volta l’anno.
Si esaltano libertà democrazia, lavoro, pace, merito. Sussidiarietà orizzontale e verticale, alla bisogna. Rispetto e sostegno per chi si trova in difficoltà. Sempre che ciascuno ci metta del suo, non si aspetti soltanto la manna dal cielo. a proposito della frase, molto toscana, “lo stato m’ha a dare”. Lo Stato è composto dai cittadini e ciascuno deve dare qualcosa in cambio di ciò che ottiene. In una sorta di do ut des.
Al momento il pensiero va, in particolare ai nostri connazionali dell’Emilia-Romagna e alla martoriata popolazione ucraina. Sapendo che domani tutti noi potremmo avere bisogno di solidarirtà.
Tante, forse eccessive, sfide ci aspettano, anche se non ci dovrebbero spettare.
Le eccessive diseguaglianze sociali e le nuove povertà. Ancora non siamo riusciti a comprendere da chi dipendono effettivamente. Il RDC ha scoperchiato il vaso di Pandora. Ci ha fatto capire, quantomeno, che alcuni concittadini pretendono un aiuto senza muoversi dalle piccole o grandi comodità quotidiane. Cercando con scarsa lena, un lavoro pronto, giusto e perfetto per loro, comunque offerto su un piatto d’argento dallo stato. Altri invece, molti imprenditori , quelli che il lavoro lo creano, facendosi il mazzo quotidianamente con scarsi proventi , lamentano la carenza di personale. Almeno di maestranze formate professionalmente.

Per non parlare della tragedia dell’immigrazione ed il Mediterraneo che cambia. Di chi arriva da fuori e viene sfruttato creando, altresì, concorrenza sleale. più o meno involontaria. Soumahoro docet.
Il sindacalista, o pseudotale, di origini ivoriane, approdato in parlamento , dopo una gestione quantomeno allegra di cooperative di immigrati. Chiuse le indagini il marzo scorso,si aprono le porte al processo. Le cooperative avrebbero dovuto occuparsi di accoglienza, inclusione sociale e integrazione.
Basta un filmatino che ci racconta il loro quotidiano per evidenziare esattamente il contrario.
Con i fondi dello stato finalizzati a quanto detto sopra, pare che qualcuno, fra suoi famigliari, abbia realizzato e praticato spese di ben altra natura.
Fra l’altro la procura di Latina avrebbe scoperto illeciti amministrativi e ha avviato un’indagine sui rendiconti delle due cooperative coinvolte.

Altri problemi aspettano chi governa. Come la vulnerabilità alle calamità naturali ed il cambiamento climatico; la transizione ecologica e l’autonomia energetica. Naturalmente anche su questo tema la divisione, la fa da padrone. Come sempre, delle due scuole di pensiero, anzichè cercare un compromesso accettabile, un dialogo per venirne fuori, se ne fa una occasione, un pretesto politico/elettorale.
A seguire, ci avvediamo dell’lnvecchiamento della popolazione e della denatalità che fa auspicare a una parte politica una immigrazione selvaggia, senza limiti, senza controllo. Dando vita al rischio di una eventuale, potenziale, guerra fra poveri.
Mentre i molti dei nostri giovani, quelli formati professionalmente e culturalmente, fuggono all’estero. Altri, invece, quelli non formati, spesso non hanno alcuna intenzione di farlo cercando di sbarcare il lunario vivendo di rendita statale. Con bonus e superbonus. Giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Si crea così un circolo vizioso, un continuum fra chi esce e chi entra. Fra emigranti i migranti.
Sono queste alcune delle più impegnative sfide che si presentano sul percorso di quanti, nelle amministrazioni periferiche e nel governo, sono chiamati a ruoli di responsabilità pubblica. Occorre dunque fare rete, dal governo centrale, alle regioni , ai più piccoli e isolati comuni, con lo stesso spirito, lo stesso stato d’animo, la stessa empatia con cui si affrontano le emergenze.
Prima che diventino tali.Carla Ceretelli

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