NAPOLEONE E MUSSOLINI

E’ il momento di storicizzare il Duce come la Francia fece con Napoleone”

Questo è il titolo di un articolo uscito su La Verità del 4 ottobre 2022 a firma di Giancarlo Perna (mi guardo bene dal far precedere il nome dell’autore dall’aggettivo dimostrativo “tale”, come usa fare chi vuol sminuire preventivamente  le idee di qualcuno a lui inviso). Va bene che La Verità è un giornale schierato e militante, ma c’è un limite alla manomissione, appunto, della verità storica; già nel titolo sono presenti due affermazioni discutibili, di cui una completamente falsa. Vediamo perché: 1) il Duce è già stato abbondantemente storicizzato dai lavori di Renzo De Felice, di Emilio Gentile e di Ernesto Galli della Loggia, per citare i primi storici del fascismo che mi vengono in mente. 2) La Francia, o meglio, i francesi  “conoscono i suoi (di Napoleone) vizi e hanno pagato a caro prezzo i suoi errori, ma non hanno  mai smesso di essergli grati per le straordinarie vittorie militari, le folgoranti conquiste e le grandi istituzioni che aveva regalato alla sua patria adottiva. Il ritorno della salma a Parigi nel 1840 e la sua deposizione nel grande mausoleo della Chiesa degli Invalidi fu un evento solenne, voluto con eguali sentimenti da un re, Luigi Filippo, e da un futuro presidente repubblicano, Adolphe Thiers”. Come scrive un noto storico e giornalista contemporaneo (lascio ai lettori di “Trucioli savonesi” il compito di scoprirne l’identità). Questo per dire che i francesi non avevano bisogno di “storicizzare”, nel senso di metabolizzare, un bel niente.

Napoleone e Mussolini

Quanto agli italiani, bisogna distinguere, come ha fatto Aldo Cazzullo nel suo libro Mussolini il capobanda tra una minoranza di antifascisti pronti, ove fosse necessario, a prendere le armi per difendere la libertà riconquistata a caro prezzo, una minoranza di fascisti, o, se si preferisce, di neonazifascisti fanatici con tanto di rituali pagani e di saluto romano, e una maggioranza fluida  (o, per usare il termine coniato da Zygmunt Bauman) liquida, di anti-antifascisti. Quindi, chi è tra gli italiani che, secondo Giancarlo Perna, dovrebbero finalmente storicizzare il Duce, nel senso sopra richiamato? Evidentemente la minoranza antifascista. Sì, ma come? Semplice: faccia quel che hanno fatto i francesi con Napoleone. A questo punto non si sa se ridere o piangere per il candore (se non vogliamo dire la malafede) del giornalista de LaVerità, che dimostra senza volere che da premesse false non può dedursi una conclusione vera. La premessa è la falsa analogia tra la discussa eredità storica di Napoleone, assunta come divisiva, e quella, si parva licet, del Duce, che ancora divide gli italiani, e che è riemersa con forza nella recente campagna elettorale riguardo alla controversa figura di Giorgia Meloni, e ancor più di certi suoi colonnelli che dichiarano senza vergognarsi di considerarsi figli di Mussolini. Ma in che cosa consiste l’operazione mistificatoria di Giancarlo Perna? Anzitutto nell’assimilare surrettiziamente la figura di Napoleone a quella di Mussolini: “Un caso analogo ha avuto la Francia con Napoleone, ingombrante personaggio detestato e amato. Ad un certo punto (quando? Perna non lo dice) però i nostri vicini hanno messo a tacere le opposte fazioni innalzando l’imperatore a loro eroe collettivo. hanno chiuso gli occhi (?) davanti ai suoi immensi crimini e le limitate virtù riconciliandosi in nome della Francia. Un geniale rovesciamento della frittata che ha offerto al mondo un Bonaparte ridipinto, popolarissimo tanto tra i savi quanto tra i folli e su cui prospera il turismo d’Oltralpe. Perché (e qui Perna attinge al sublime) non fare l’eguale con Mussolini anziché restare così divisi, danneggiando il nostro presente?” Avete capito? L’operazione scurdammoce ‘o passato avrebbe anche un ricasco turistico-commerciale, lo stesso che ha fatto la fortuna di Predappio! Altra mistificazione, invero alquanto grossolana, è la seguente: “Quando abdicò nel 1815, non restava più nulla di ciò che aveva fatto salvo i cadaveri seminati.

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Ai nostri anni, sarebbe stato giudicato a Norimberga. RISPETTO A NAPOLEONE MUSSOLINI E’ UN CHIERICHETTO (grassetto mio). Se i francesi sono riusciti a riappacificarsi con un tipo simile, possiamo farlo anche noi col nostro incomodo”. Avete capito? Qui siamo alla banalizzazione voluta e consapevole di una tragedia storica collettiva che ancora oggi grava sul nostro destino. Il giornalista de LaVerità evoca il  processo di Norimberga postumo per Napoleone Bonaparte e omette di evocarlo, se non fosse stato giustiziato senza processo (e questo, come già ho avuto modo di rilevare su queste pagine, fu un errore: Benito Mussolini andava processato in quanto criminale di guerra, insieme a Graziani,  a Pavolini, a Starace, a Farinacci e ad altri che si sono salvati fuggendo all’estero) per il Duce, declassato da capo del fascismo  a “nostro incomodo”! E Napoleone Bonaparte da Imperatore dei francesi e diventato “un tipo simile”, insomma, un tipaccio! E qui veramente mi chiedo che scuole abbia frequentato, che libri abbia letto, con che persone abbia mai parlato il giornalista de LaVerità. Come si fa a scrivere che “Quando abdicò nel 1815, non restava più nulla di ciò che aveva fatto salvo i cadaveri seminati”?

Con tutto quello che di e su Napoleone è stato scritto, detto, rappresentato nel bene e nel male, per il giornalista de LaVerità rimangono solo i cadaveri che ha seminato? Lasciamo pure stare la famosa descrizione che ne fece il giovane Hegel a un amico nell’autunno del 1806, dopo la battaglia vittoriosa di Jena: “Ho visto l’Imperatore, quest’anima del mondo, uscire dalla città per andare in ricognizione. E’ una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui concentrato in un punto, seduto a cavallo, si irradia sul mondo e lo domina”. In seguito Hegel cambiò idea, ma quell’entusiasmo giovanile per Napoleone ci restituisce il clima di attesa  e di  speranza in  un mondo nuovo di libertà e di giustizia che tanti giovani intellettuali di allora, in Germania come in Italia, si aspettavano da chi, ai loro occhi, combatteva per attuare gli ideali della Rivoluzione francese. Più disincantato e amaro il ritratto che ne fa Tolstoj in Guerra e pace: “Egli, predestinato dalla Provvidenza alla triste e non libera parte di carnefice dei popoli, assicurava a se stesso che lo scopo delle sue azioni era il bene di questi popoli e ch’egli poteva reggere le sorti di milioni di uomini e mediante la sua potenza portare a loro dei benefici!”. Come se dal male potesse nascere il bene.

Monti, Foscolo e Napoleone

D’altronde non aveva forse Vincenzo Monti nella sua Mascheroniana definito Napoleone “Arbitro dei destini del mondo”? E Ugo Foscolo non aveva anche lui creduto in Bonaparte liberatore (salvo ricredersi dopo Campoformio)? Ecco perché il Manzoni si chiede, dopo aver appreso la notizia della sua morte: “Fu vera gloria?”, con quel che segue. Certo è che “Ei si nomò: due secoli, L’un contro l’altro armato, / Sommessi a lui si volsero, / Come  aspettando il fato, / Ei fe’ silenzio, ed arbitro / S’assise in mezzo a lor”. Altro che “un tipo simile”, un “incomodo”. Questo “incomodo” ha lasciato ai posteri il Code Napoléon, cioè il Codice civile, che rappresenta una delle più consistenti e durature eredità dell’Età napoleonica, tuttora in vigore in Francia. Si tratta di uno dei più celebri codic del mondo e ha influenzato quasi tutti quelli emanati successivamente negli altri Paesi, a partire dalla Restaurazione, che si è ben guardata dall’abolirlo. La sua riforma dell’amministrazione statale è anch’essa rimasta tale quale fino ai nostri giorni e così la sua riforma scolastica con l’istituzione dei licei e delle Università di Stato e dei Politecnici per la formazione scientifica. Queste riforme sono rimaste in vigore anche sotto i regni restaurati, non più assoluti ma costituzionali. E questa è un’altra eredità napoleonica: ormai i borghesi non si sentivano più sudditi ma cittadini appartenenti a una nazione in cui vigevano i principi del liberalismo. Senza Napoleone, pur con tutte le sue contraddizioni, non ci sarebbe stato nemmeno il nostro Risorgimento, lo Statuto Albertino e, infine, la Repubblica italiana. Altro che “non restava più nulla”!

Fulvio Sguerso

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One thought on “NAPOLEONE E MUSSOLINI”

  1. Dato che non intendo abusare della pazienza dei lettori di “Trucioli savonesi” che hanno la bontà di leggere i miei articoli, preciso che lo storico e giornalista da me citato è l’x ambasciatore e accademico Sergio Romano .Il passo citato è tratto dalla risposta a un lettore che, nelle rubrica “Opinioni-Lettere al Corriere” , il 31 luglio 2012, chiede ragguagli sui motivi della diversa fortuna postuma di Napoleone e Mussolini.

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