ABUSO DI POTERE E USURA

La rapina di chi può ai
 danni di chi non può

C’è un’espressione cui spesso si ricorre per indicare una massa di questuanti che cercano di arraffare privilegi a proprio vantaggio: assalto alla diligenza.

La diligenza, simbolo di veicolo di privilegio, oggetto delle brame di banditi o di gente tenuta alla fame per pagare i lussi dei suoi occupanti. In senso lato, per “assalto alla diligenza” si intende lo scomposto incalzare di partiti politici per arraffare a proprio vantaggio l’arrivo di fondi pubblici o posizioni di rilievo ad ogni rimpasto o formazione di un nuovo governo. Qui va intesa come la diligenza del Far West, dove però non si spara alla, ma dalla diligenza

Non mi riferisco qui alla torma di aspiranti ai posti di ministro o sottosegretario nel nuovo governo, ma al fuoco di fila degli enti pubblici per raschiare il fondo delle tasche di cittadini già provati da oltre due anni di pandemia e di inflazione scatenata da una artificiale penuria di beni di prima necessità. Chi spara, insomma, non sta fuori, ma dentro la diligenza.
Partendo con un esempio, dal basso, troviamo il Comune di Savona, che, dopo la forzata astinenza di prelievi dai commercianti, in apnea per le forzate chiusure di ieri e le bollette esorbitanti di oggi, si risveglia di colpo e, quasi le ristrettezze fossero finite, si impegna in un fuoco al contrario rispetto alla tradizione, e spara dalla diligenza le sue facili pallottole: multe per mancati pagamenti del suolo pubblico con aggravi esorbitanti rispetto alle tariffe originali.

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D’altronde, il vizio di far cassa in modo facile e diretto, abusando del proprio potere, lo si vede dalla solerzia con cui Comuni grandi e piccoli moltiplicano gli autovelox a tutela, naturalmente, dell’incolumità degli automobilisti. Facile far soldi così, no?
Se risaliamo dai Comuni all’Agenzia delle Entrate, si apprende che anche qui, dopo due anni di mancati introiti, sta partendo una raffica di ingiunzioni ai contribuenti che non sono riusciti ad ottemperare alla ridda di scadenze fiscali, appesantendo le “parcelle” con sanzioni spesso più alte dei mancati tributi. Se non è usura questa!
Si consideri che tra le fila dei presunti “evasori”, soprattutto nelle piccole e micro imprese, si presenta sempre più spesso il dilemma se pagare le tasse o i dipendenti, o i fornitori, per non parlare delle bollette, col rischio concreto di mettere alla fame una famiglia, o restare senza merce o energia elettrica, e quindi esser costretti a chiudere bottega.

Fisco, pioggia di cartelle esattoriali: 5 milioni di atti entro dicembre 2022  [VEDI]

Tutti i “grossi” vogliono avere i “conti in ordine”, anche se ciò significa mettere in disordine i conti dei “piccoli”. Le armi: comunali a suon di multe stradali e altre varie; fiscali con raffiche di cartelle. Il vallo tra dominanti e dominati è sempre più profondo

Non è che queste pratiche si limitino al campo pubblico. I privati in grado di farlo, stanno cercando di rifarsi dai due anni di magra, raddoppiando o triplicando i prezzi. Basta andare in un albergo, specie nelle città più importanti, per business o arte, e constatare la veridicità di quanto affermo. Anche questo avviene in un contesto di aumenti delle materie prime energetiche, gas e benzina, che non ho bisogno di ribadire.
C’è insomma un risveglio dei “grossi” nel tentativo di restare a galla mandando sott’acqua i “piccoli”. Questo panorama, ribatte qualcuno, si scontra con quanto vediamo in giro: fiumi di automobili, come se la benzina non avesse subito aumenti, ristoranti nelle grandi città pieni di gente, nonostante i conti assai più salati. Nessuno sembra voler rinunciare alle vecchie abitudini, spendendo fino all’ultimo centesimo per mantenerle. Se questa è la frangia della popolazione più visibile, ce n’è un’altra, in costante crescita, di gente che si vede meno, perché è scivolata nel novero dei “sommersi”, anche per l’esosità della parte di società/enti con in mano le leve del potere, pubblico o privato che sia.

Dietro il sorriso per il cliente si agita spesso il dilemma a quale scadenza dare priorità, tra stipendi e contributi dei dipendenti, merce, bollette, mutuo, fisco, mettendo in coda proprio quest’ultimo, considerato come il più rinviabile a tempi migliori, che però non arrivano mai

Vogliamo parlare di soldi alla fonte? Anche le banche, da quella centrale a quella commerciale, si sono zelantemente adeguate all’andazzo, aumentando i tassi di interesse e rarefacendo mutui e finanziamenti, poiché, col salire dei tassi, aumentano le probabilità che il mutuatario non riesca a pagare le rate. (Un bis delle cartelle esattoriali: se un disgraziato non riesce a pagare in tempo 100, sarà ancora più probabile che non riesca a pagare 200 o più. Elementare).
Tutto ciò sul fronte delle uscite dalle tasche dell’uomo comune. E le sue entrate? Pressoché immutate, salvo per coloro che hanno perso, a causa dei diffusi ridimensionamenti degli organici, la propria, pur modesta, fonte di reddito. Una spirale perversa, che alla fine si ritorcerà contro l’istituzione che, per salvare se stessa, infierisce sui cittadini: uno Stato a sua volta in balìa degli umori dei “mercati”, verso i quali si rapporta come il cittadino nei confronti dello Stato stesso, alla stregua di un questuante qualsiasi, con i politici di ogni colore che indossano i panni dei camerieri della finanza, come diceva Ezra Pound oltre mezzo secolo fa, condannando l’usura.E a quanti sostengono che non pagare le tasse equivale a lasciare a secco l’erario, impedendogli di far fronte alle spese di pubblica utilità, vorrei ricordare che lo Stato, grazie all’aumento delle materie prime energetiche e alle accise, pur ridotte, ha accumulato un sostanzioso extra-gettito, considerabile come equivalente a tasse indirette anziché dirette.

Ezra Pound, il poeta dei Cantos, implacabili contro l’usura. Pagò a caro prezzo la sua avversione al mondo della finanza speculatrice e usuraria, contrapposto a quello del lavoro. [VEDI  e VEDI]

E il nuovo governo? Promette di essere nuovo soltanto sull’etichetta fuori della porta di palazzo Chigi. La Meloni sembra quasi una riedizione di Mario Monti: nella scelta dei ministri è attentissima ai gusti di Mattarella, ergo di Bruxelles. Nei posti chiave vanno messe pedine che riscuotano il loro gradimento, ossia atti a tenere i cordoni della borsa ben stretti: quindi, niente Salvini agli Interni, dove aveva dimostrato la sua valentia nel respingere gli assalti di migranti alle nostre coste (ma non piace a Mattarella); e niente Tremonti all’Economia, troppo propenso ai condoni, visti come cedimenti agli evasori fiscali, anziché come provvedimenti giubilari per alleggerire la schiena di gente oberata di debiti, non per sue colpe, ma per l’ingordigia di banche, governi, enti pubblici, tutti dediti alla facile pratica di far cassa a colpi di multe e sanzioni usurarie. Insomma, la superstite visione del PD e delle sinistre, che fino alle ultime elezioni credevano di annoverare tra i loro votanti la classe operaia e impiegatizia, da sempre messa in contrasto con la platea di commercianti, professionisti e lavoratori autonomi, additati come evasori da punire a colpi di tasse e sanzioni. Non si sono accorti che i lavoratori dipendenti si sono assottigliati, trasformati in piccole partite Iva, volenti o nolenti; mentre quelli rimasti “sotto padrone” vivacchiano con stipendi e salari precari o comunque assai inferiori, in termini di potere d’acquisto, a 30-40 anni fa. Quanto ai pensionati, quelli che ancora se la passano discretamente puntano ancora il dito su quanti, per sopravvivere, devono fare un po’ di nero, reso strutturalmente necessario dall’avidità dei “grossi”, per non soccombere. Piccoli evasori di necessità, odierne streghe cui dare una rinnovata caccia.Marco Giacinto Pellifroni   9 ottobre 2022

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