Lettura di un’immagine: Et in Arcadia ego
Et in Arcadia ego
Olio su tela (1618-1622)Di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino
Galleria nazionale d’arte antica – Roma
La scena agreste si apre su due giovani pastori in abiti seicenteschi appoggiati ai loro bastoni che guardano turbati e inquieti un teschio in decomposizione. Il più anziano dei due ha il capo coperto da un ampio cappello ed ha una folta barba scura. Sono appena usciti dalla boscaglia tra la luce e l’ombra e si sono fermati a osservare stupiti e con una certa apprensione il teschio posato su una base di mattoni in primo piano a destra e in basso. Sulla superficie dei mattoni rivolti verso lo spettatore spicca in rilievo la scritta: Et in Arcadia Ego. Il teschio è girato di tre quarti verso lo spettatore. Si nota il vuoto lasciato dalla mancanza di alcuni denti. Una specie di tafano si è posato sul cranio sotto il quale comincia a tallire del muschio. Vicino al lato destro del teschio notiamo un sorcio intento a rosicchiare un dente, vicino al lato sinistro striscia un verme. Dalla rovina sulla destra in alto un uccello sorveglia tutta la scena , dalla parete in ombra pendono alberi e vegetazione varia. Lo sfondo si apre su un orizzonte di colline contro un cielo tempestoso. E’ evidente che il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666) ha voluto dipingere con quest’opera il suo memento mori (ricordati che devi morire) in un contesto arcadico-pastorale ma percorso da cupi presentimenti. Riguardo allo stile notiamo un notevole contrasto tra luci e ombre: il paesaggio è in controluce, mentre i pastori e il teschio sono illuminati che proviene dall’alto a destra. Notiamo anche un contrato tra i colori freddi dello sfondo e quelli caldi del teschio e dei pastori che hanno tonalità tendenti al rosso-ocra-arancio come nel cappello del pastore più anziano. Quanto al significato del titolo può avere interpretazioni diverse a secondo del tempo verbale che vogliamo dare al verbo sottinteso: se lo traduciamo come “In Arcadia ero presente anch’io”, allora il soggetto è il poeta defunto. Se invece lo traduciamo con il tempo al presente: “In Arcadia ci sono anch’io”, allora il soggetto è la morte stessa che vuole ricordarci la sua onnipresenza, essa è dappertutto, non ci sono luoghi franchi su questa terra dove non possa entrare. Sicut erat in principio.
Questi sono i tuoi articoli che apprezzo di più: non me ne perdo mai uno. Di sicuro, ti preferisco come critico d’arte che come schieramento politico. Ammiro anche la tua immensa cultura, incomparabilmente più vasta della mia. Ma in campo scientifico, mi permetto di presumere di essere uno scalino più in su, se non altro per i miei studi universitari, con laurea a pieni voti in Chimica Industriale, a Milano, nel 1960, quando le lauree non le regalavano come a partire da 8 anni dopo. Eppure tu mi vedi in una “bolla antiscientifica”…