L’auto

I nostri idoli di lamiera
L’amore italico prevalentemente “maschio per i motori e per gli sport correlati.
Savona non fa eccezione, anzi, appartiene senz’altro allo zoccolo duro dei filomotoristi

I nostri idoli di lamiera
L’amore italico prevalentemente “maschio per i motori e per gli sport correlati.
Savona non fa eccezione, anzi, appartiene senz’altro allo zoccolo duro dei filomotoristi

Nella mia “very first time” su Trucioli, quando ancora mi chiamavo Nonna Abelarda, mi esibii in alcune semiserie considerazioni su noi savonesi medi. Un po’ generalizzanti e qualunquiste, forse, ma rendevano l’idea….leggi

Non bisognerebbe mai dimenticare i presupposti. Quel pezzo dovrei rileggerlo più spesso, per non perdere la bussola nei miei ragionamenti, per non farmi trascinare da illusioni e idealismi.

Non bisognerebbe mai trascurare quel presupposto di base, che esprimevo allora: i politici sono sempre specchio di chi li vota.

Anche i più convinti assertori della democrazia di base, della democrazia diretta, della partecipazione del cittadino alla cosa pubblica e al processo decisionale che lo riguarda da vicino, non possono idealizzare l’elettorato, crederlo immune da magagne, furbizie, grettezze, mentalità chiusa.

Al più possono sperare e augurarsi che si formi una sorta di minoranza attiva e virtuosa, capace di costruire esempi positivi e argomenti concreti, di contagiare via via gli inattivi e gli sfiduciati, di convertire gli scettici, fino a trascinare per inerzia chi, fondamentalmente, si crogiola indolente nello status quo. E lasciare al loro destino gli irriducibili mestatori nemici del bene comune, auspicandoli minoranza.

Esempi concreti, si diceva, proposte condivisibili esposte senza particolari connotazioni politiche, spazzando via le etichette mentali che ciascuno ha già pronte alla bisogna, per evitare che alzi barriere di pregiudizio e smetta di ascoltare.

Per colpa di campagne mediatiche martellanti tese a screditare, della nostra mania di dividerci in fazioni come tifosi di calcio, di errori e ingenuità pregressi. Quello che volete: ma tali barriere esistono, purtroppo, fanno la fortuna delle chiacchiere da bar, della propaganda e dei politici cialtroni, e la sfortuna della logica, del buon senso e della giustizia.

 

Fatto sta, per esempio, che se comparisse la parolina magica “ambientalisti” in qualsiasi discorso, fosse pure collegata a una cornucopia piena d’oro da distribuire liberamente ai passanti, susciterebbe invariabilmente diffidenza e insulti assortiti.

 

Triste, se volete. Ingiusto, certamente. Ma bisogna prenderne atto, inutile continuare a scornarsi contro i mulini. Bisogna aggirare gli ostacoli e mirare al bene concreto.

 

Qual è uno dei nodi critici, dei più tremendi provincialismi che ci affliggono, corrispondenza d’amorosi sensi fra politici ed elettorato? Il discorso automobile.

 

Nel corso degli anni, dal dopoguerra a oggi, nel nostro Paese più che in ogni altro abbiamo costruito una civiltà intera, o presunta tale, basata su questo mito, alimentando gli interessi che vi gravitavano intorno, favorendo il trasporto di merci e persone su ruote e mezzi privati, disincentivando il servizio pubblico in ogni modo.

Abbiamo sotto gli occhi i risultati di tale percorso: il colosso Fiat, con gli infiniti aiuti e le agevolazioni statali dispensati a piene mani, una vera emorragia delle casse dello Stato, che ora ci saluta e se ne va, la rete di autostrade costruita con soldi pubblici e svenduta a utili privati, fino al business in piena espansione dei box per auto, regalo ai costruttori. E contemporaneamente, ferrovie e mezzi pubblici allo sfascio.

Partivamo dal terreno fertile dell’amore italico ( prevalentemente “maschio”) per i motori e per gli sport correlati, secondi solo alla passione per i pedestri in mutande.

Savona non fa eccezione, anzi, appartiene senz’altro allo zoccolo duro dei filomotoristi, sia quelli che invocano a gran voce svincoli e parcheggi come panacee di ogni male, sia coloro che considerano un diritto usare l’auto come quanto e dove vogliono, senza restrizioni, come principio di “libertà” personale, quella libertà personale tanto svilita e citata a sproposito da partiti cialtroneschi. Quelli per cui una multa per sosta in doppia o tripla fila è semplicemente lesa maestà, il vigile che vuol far rispettare il codice, un oppressore da odiare. Su una solida tradizione, si innesta ora la cafonaggine strafottente che impera di questi tempi.

Ed ecco che, incredibilmente, una cittadina piccola, con un centro raccolto, dove si potrebbe gestire facilmente il traffico e la sosta, in una situazione più ragionevole sia da parte degli amministratori sia da parte degli amministrati, sprofonda in un ingiustificabile caos.

Non ce ne rendiamo conto, ma piano piano, l’auto, che era nata come strumento, mezzo di trasporto, utilità, comodità, è diventata il fine, a cui immoliamo sacrifici sempre più cospicui. Persino umani.

Altro che libertà: siamo devoti schiavi dell’auto, fermi in coda, rassegnati a devolverle il nostro obolo anche per tragitti brevi, che in un ambito più civile e meno congestionato potrebbero essere coperti a piedi, in bici o in bus, addirittura in meno tempo!

Le devolviamo anche i nostri e gli altrui polmoni, rendendo irrespirabile l’aria del centro e delle vicinanze di arterie trafficate. Ingombriamo con protervia, con i nostri SUV arroganti e sproporzionati, marciapiedi sottratti alle carrozzine, strette strade storiche, curve improponibili.

Abbiamo concetti californiani senza averne gli ampi spazi e le necessità. Eppure, persino in California un governatore Terminator ha dichiarato guerra a certi eccessi.

Le statistiche ci danno quasi un auto a testa, uno sproposito, insieme con gli immancabili telefonini (che usiamo allegramente guidando, in barba a ogni regola, scarsamente multati da un codice strabico, ben più severo verso altre infrazioni). Eppure persistiamo.

Chi si ostina a camminare a piedi, a cercare improponibili tragitti e coincidenze di mezzi, o peggio, a usare la bici, è un pazzo, va incontro a percorsi ad ostacoli, lunghe attese, marciapiedi inesistenti, aria irrespirabile, rischia persino la vita.

La verità vera, che ci ostiniamo a non voler vedere, è che non possiamo andare avanti con questi criteri.

Dalla Cina, paese di cambiamenti giganti, ci giungono notizie e foto di ingorghi epocali, finora oggetto solo di racconti di fantascienza catastrofica. Eppure, non ci sfiora l’idea che il nostro piccolo ingorghetto quotidiano sia loro stesso parente, che attenda solo l’occasione giusta per crescere.

Invochiamo un nuovo parcheggio, finalmente ce lo costruiscono. Ebbene, lo potete constatare, come dato di fatto: per quanto grande esso sia, prima o poi, abbastanza rapidamente, arriverà alla saturazione, troveremo auto fuori dalle righe, messe di traverso, disperatamente in cerca di sistemazione.

Dove stavano, prima? Mistero. Ma è chiaro, è evidente che il nuovo parcheggio non è la soluzione.

Si progettano enormi centri commerciali in periferia o nei paesini di campagna, comodi alle autostrade. Così da incentivare ancora di più a salire su quelle auto, a mettersi in moto, a ingolfare.

I commercianti preferiscono strillare contro le isole pedonali in centro, lesive del Sacro Diritto Automobilistico, piuttosto che scagliarsi contro i veri nemici, i centri commerciali fuori dal contesto urbano che impoveriscono la vita, e la qualità di vita, delle città. E così ci ritroveremo le piazze sventrate, in un centro storico grande come un fazzoletto. Magari anche per favorire movimenti terra alquanto sospetti? In ogni caso, è chiaro che tutto deve andare nella direzione di muovere appalti consistenti, le soluzioni semplici e poco costose sono sempre da rigettare.

Qualche tentativo utile c’è, come il car sharing: bisogna vedere quanto sentito, appoggiato, pubblicizzato o compreso dalla cittadinanza.

Le reazioni, quando si toccano le auto e i diritti dell’automobilista, sono isteriche e irragionevoli.

A dispetto di ogni evidenza, si continua a proporre, come soluzione all’insostenibilità di tutte queste automobili, altro spazio, altri parcheggi, altri box, altro terreno sacrificato, altre strade-camere-a-gas in cui ingolfarsi.

Eppure, le evidenze ci sono, che la civiltà dell’automobile, così come è stata concepita e realizzata e portata alle estreme conseguenze, prima di tutto non è civiltà, non è comodità, non è vita, e poi, ha i giorni contati, prima dell’implosione totale.

O quanto meno, che possano esistere alternative migliori, che non basare tutto, tutto, tutto: industria, mercato, pubblicità, spazi, ritmi e stili di vita, turismo, su una ipertrofia del trasporto privato. E che sarebbe stato meglio progettarle per tempo, le alternative, invece di continuare a cedere ai ricatti di un business sempre più asfittico, decotto, come tutte le evidenze dimostrano.

Ma è difficile, molto difficile, che idee del genere possano attecchire qui da noi. Siamo un paese di anziani, una città di anziani, e già questo rende pigri e conservatori: ma non è solo questo.

So di ventenni che prendono l’auto per andare dalla fidanzata a due isolati di distanza.

Che dobbiamo fare? Aspettare che sia la crisi, a farci cambiare strada, volenti o nolenti, oppure reagire per costruire un sistema nuovo e migliore, tagliando gli utili privati, gli investimenti a fondo perduto su un futuro che non esiste e gli sprechi, e investendo sul trasporto pubblico, la qualità della vita cittadina, la lotta all’inquinamento da traffico e la lotta (improba) all’eccesso di auto, facendone pagare il costo sociale come si conviene?

E’ difficile, l’ho detto: eppure a fronte di qualche risultato positivo forse l’opinione corrente si potrebbe cambiare. Per ora, una fitta d’invidia, leggendo ciò che accade a Nottingham. Ma la megalopoli Londra pare non sia da meno.

 

http://www.repubblica.it/ambiente/2010/09/14/news/biciclette-7076076/?ref=HREC2-6

 

Piste ciclabili, trasporti pubblici capillari e organizzati, centri commerciali non periferici, persino multe stratosferiche e punitive (oppure, dico io, un giusto contributo sociale agli effetti dell’abuso di auto) contro la tendenza ad andare al lavoro in macchina. Una cosa che proposta qui da noi esporrebbe come minimo alla lapidazione immediata, altro che.

 

Lo so, loro ci hanno pensato per tempo, ora per noi certi cambi di rotta sarebbero più difficili e non indolori. Lo so, la loro mentalità è diversa…

Ma è poi così? O è merito dell’esempio?

Sono convinta che molti di coloro che difendono a spada tratta l’auto, i suoi spazi privilegiati e la sua predominanza, e che magari sono in totale disaccordo con quello che scrivo, che magari boicottano qualsiasi timido tentativo di limitazione, se vivessero lassù per qualche tempo, se toccassero con mano, cambierebbero idea, come già l’hanno cambiata tanti savonesi che sono usciti dai nostri confini.

Basta provare. Altro che scomodità e disagi. E’ tutto un discorso di tempi, di spazi, di organizzazione e regolamentazione, di ritmi più umani che ci fanno ricuperare l’idea di qualità della vita urbana. Di vita di tutti noi, più armoniosa ed equilibrata. Ecco il vero, autentico progresso.

 

Milena Debenedetti   19/09/2010

Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi 

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