LACRIME E SABBIA
Il sogno di ogni imprenditore è molto elementare: poter agire in clima di monopolio e pagare il minimo di tasse. Ebbene, c’è una categoria che in Italia questo sogno l’ha realizzato da decenni: gli stabilimenti balneari. Alla pari di certi boiardi di Stato e para-Stato, che sono riusciti ad affittare mega-appartamenti dello Stato nel cuore della Capitale a canoni irrisori (e che quindi ricorrono ad ogni mezzo –e ne hanno tanti- per insabbiare ogni tentativo di riforma del catasto edilizio), i nostri balneari, allineati lungo gli oltre 8000 km di coste nazionali, non accettano di rinunciare al bengodi conquistato non si sa quando né come. In Liguria, l’occupazione privata si estende su 114 km di litorale.
Inciso: avevo già denunciato l’ingordigia di spazio dei balneari a scapito delle attigue spiagge libere nel 2019: [VEDI]Basti pensare che mediamente per 1 mq di arenile il Demanio incassa circa € 1 ogni anno. Se questa cifra a molti dice poco, si pensi per confronto a quanto rende annualmente a Stato e Comuni 1 mq di suolo pubblico, ad es. a Savona: € 14 allo Stato (IMU) + € 63 al Comune = € 77 ca. Non ho dati sul rapporto tra incassi annuali dei Comuni e aree adibite a parcheggio a pagamento, ma presumo sia ancora più alto dei dehor.
Secondo quanto riportato dai Verdi (forza politica che non supera il livello di “cespuglio”, proprio perché non accarezza nessun detentore di scandalosi privilegi): “Oltre il 60% delle nostre spiagge è cementificato e occupato da strutture che hanno cambiato il paesaggio e la visibilità del mare [contro il solo 10% di spiagge libere]. […] Le forze politiche, trasversalmente, hanno difeso dei privilegi insostenibili: l’Hotel 5 stelle Cala di Volpe, di proprietà della Smeralda Holding dell’emiro del Quatar, per la sua spiaggia, versa 520 euro l’anno, l’emiro per i suoi 4 hotel ha incassato 106 milioni di euro; il Twiga di Briatore e della Santanchè pagano allo Stato 17mila euro a fronte di un fatturato di 4 milioni di euro; il Papeete paga 10 mila euro l’anno ma fattura 3,2 milioni di euro. Una concessione che viene pagata allo Stato 47 euro al giorno serve ad arricchire i concessionari, considerato che, per un solo giorno, una pagoda al Twiga costa 1000 euro. […] Nonostante questi canoni irrisori, l’agenzia del Demanio incassa solo 106 milioni di euro l’anno, con un’evasione del 50% e un fatturato da 10 miliardi di euro l’anno realizzato dai gestori degli stabilimenti in Italia.” [VEDI]
Per restare nel mio piccolo, cioè in quello che vedo con i miei occhi, ho notato quanto sia vero il proverbio che “l’appetito vien mangiando”. E non solo a tavola. A Finale Ligure quel poco di spiagge pubbliche che la voracità dei balneari ha lasciato campare è stato, anno dopo anno, eroso dalle loro tendenze espansionistiche, col beneplacito, tacito o espresso, del Comune. Tanto che in certi casi si è arrivati all’impudenza di espandersi sino ai moli, cancellando del tutto i già asfittici metri quadri disponibili a chi non può o non vuole subire i salassi delle cabine a pagamento, arrivando addirittura a rendere l’accesso al bagnasciuga impervio e pericoloso per la presenza di scogli.
Quando mi sono permesso di far presente a un titolare l’intollerabilità di questa situazione sono stato apostrofato in malo modo, alla stregua di un attentatore ai possedimenti del signorotto del luogo. Oltre al privilegio, la protervia.
Poiché le coste sono lunghe e quindi i balneari tanti, alla pari dei voti, sia loro che dell’”indotto” (dipendenti e famigliari), le loro alte lamentele contro la direttiva Bolkenstein, che l’UE ha imposto sin dal 2006 per porre rimedio a questa anomalia, hanno fatto scattare la solidarietà dei partiti che, giustamente in altri ambiti, difendono le piccole imprese contro l’espansionismo dei colossi nostrani e multinazionali: Lega e FdI; che però avrebbero dovuto in questo caso valutare con maggiore obiettività quanto danno provochi alle casse dello Stato, e quindi a tutti gli altri cittadini, questa strabica indulgenza verso i balneari.
Per una volta, plaudo alla fermezza di Mario Draghi nel portare a compimento una direttiva europea rimasta lettera morta per oltre 15 anni, nonostante gli interessati si straccino ogni giorno le vesti quasi fossero cittadini vessati e discriminati -in senso negativo- rispetto agli altri contribuenti, ben sapendo che discriminati in effetti lo sono, ma a loro favore e ai danni di tutti.
Un altro punto che fa imbestialire questi privilegiati è l’imposizione di rapportare i prezzi di impianti e prestazioni alla loro reale natura, non lasciandoli all’arbitrio, o meglio alla cupidigia dei gestori, privi della benché minima concorrenza, che dal 2024 saranno invece chiamati ad affrontare attraverso regolari gare. Naturalmente, si sono appellati al facile confronto con le multinazionali straniere che in Italia fanno shopping da più di 30 anni (anche grazie all’avallo di un giovane Draghi in conciliabolo sul panfilo Britannia; non lo dimentichiamo). Nel loro caso la situazione è molto diversa, in quanto la legge include particolari prerogative, con punti di merito a chi già gestisce gli stabilimenti; ma non potrà escludere nella decisione di affidamento finale quanto ogni concorrente sarà disposto a pagare per l’usufrutto di ogni singolo arenile.
La difesa a oltranza dei balneari adottata da Lega e FdI è volta soltanto ad attirare voti, ossia è davvero populistica, quanto non lo è –anzi era- in altri campi, in primis quello monetario (ormai dimenticato), in una impropria identificazione di populismo e sovranismo, come non mi stanco di ripetere da più di tre lustri.
Marco Giacinto Pellifroni 20 febbraio 2022
Draghi come esecutore della volontà condizionante della EU è davvero tenace, dicendo va risolto questo nodo. Concordo ! Qui c’è una buona spiegazione della truffa allo stato perpetrata da tempo immemore che fa il pari con case costruite in parchi pubblici e archeologici, ecc. La sostanza è però un bivio non affatto risolto poichè non è chiaro se la possibilità di riforma Bolchestain è fatta a favore dei cittadini o per mettere solo ordine ad una situazione di fatto fra i gestori dei bagni. Il punto a parte i capoccioni ricchi alla Briatore (non molti): la maggioranza vede in essere gestori di piccoli/medi appezzamenti di spiaggia dove nel tempo di concessioni anche trentennali, hanno pure investito spesso come famiglie importanti somme per migliorie e aggiustamenti. Ora a Genova per esempio hanno concesso ad una società specializzata americana una concessione di 60 anni sulle aree pubbliche cittadine per “parcheggi” (una fabbrica di liquidità enorme) Cosa vieta nel rinnovo al 2024 della scadenza proposta da Draghi di concessione per rinnovo con gare ai soliti fondi finanziari(tipo Blakrock) di mettere le mani per sempre su un bene pubblico, ma in misura enorme poiché hanno risorse illimitate finanziariamente? Cioè si possono comprare molte località considerate pregiate lasciando le meno remunerative. Basta andare oltre Ventimiglia in Francia e le spiagge sono tutte libere, anche lì hanno cementificato ma lasciando spazi di accesso pubblico. Quindi bene fa chi produce dubbi su questo che è solo uno dei tanti elementi dove la proprietà dello stato è ceduta a privati, come del resto avviene nella sanità ed altre porzioni di territorio gestiti solo con l’occhio a imprese e profitto e in cui il bene comune non è neanche sfiorato come forma di difesa collettiva.
Concordo su quanto dice il commento. Il vizio è all’origine: l’aver ceduto tanto spazio costiero all’iniziativa privata, lasciando le sempre più poche spiagge libere al degrado, facendo così ancor più brillare, per confronto, quelle private. Ormai la frittata è fatta, e si è incancrenita. L’unica via d’uscita è perlomeno adeguare i canoni d’affitto in parallelo -e fatte le debite proporzioni- con quelli che Stato ed enti pubblici adottano in altri ambiti, così come dovrebbero fare per gli alloggi pubblici urbani di pregio ceduti ai soliti privilegiati a prezzi irrisori.