Index o Internet?

Sempre molto acceso il dibattito sui benefici e i danni di Internet. La possibilità di stabilire una vicinanza, per quanto virtuale, con una persona fisicamente lontana; la opportunità di creare gruppi di interesse; la comodità dello home working… A fare da contr’altare il revenge porn; i leoni da tastiera; le truffe on line…

 Proprio perché tante sono le ragioni da tenere presenti sia da parte dei fautori che dei detrattori della rete, qui ci si limita ad evidenziare un aspetto particolare della rete stessa, vale a dire quello dell’informazione su tutto ciò che ha attinenza più o meno prossima con la religione, in cui gli elementi positivi risultano di gran lunga superiori a quelli negativi.

Ciò per una ragione storica riconducibile alla divulgazione nel 1559 dell’ Index Librorum Prohibitorum.     di papa Paolo IV.

Considerato come l’informazione all’epoca fosse possibile solo attraverso l’oralità diretta e i libri, e considerato che essa era quasi del tutto gestita dal clero mediante le rappresentazioni religiose, le prediche in piazza (soprattutto degli Ordini Mendicanti) e in chiesa (soprattutto dei preti), per avere il monopolio dell’informazione restava da controllare soltanto gli scritti, anche perché le arti visive e plastiche (dipinti, affreschi, incisioni, statue, bassorilievi etc.) erano parti integranti dei monasteri, dei conventi, delle basiliche, delle cattedrali, e insomma delle chiese.

All’appello per il pieno controllo della informazione e della cultura, perciò, erano loro, i libri, i grandi assenti. I quali, in crescita esponenziale dall’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, potevano mettere a rischio il pensiero unico del tempo, insinuare dubbi, avanzare critiche, destabilizzare, accusare, offrire alternative.

Ecco allora con la promulgazione di quello che nella traduzione italiana del titolo è l’ Indice dei Libri Proibiti, il tentativo messo in atto dalla Chiesa rimasto in vigore per più di 400 anni, di essere la sola a decidere cosa potesse leggere e non leggere la gente. Chi non avesse seguito le direttive in esso contenute avrebbe potuto nei casi più gravi e/o reiterati, in particolare nel XVI e XVII secolo, essere scomunicato, con le conseguenze relative: rogo del libro incriminato, prigione, tortura, rogo della persona incriminata. Le direttive erano:

“Che nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant’Uffizio”.

Naturale che alla censura papale si aggiungesse l’autocensura, a causa della paura delle fiamme dell’inquisitore nell’al di qua e delle fiamme dell’inferno nell’al di là.

Data una tale situazione, è agevole comprendere come una massa enorme di informazioni sia andata persa. Ciononostante la possibilità di esercitare ciascuno il proprio diritto di critica, nonché la prospettiva di godere di una visione più articolata e ricca della realtà storica, religiosa, sociale, scientifica, a mano a mano ha preso ugualmente forma ed è venuta allo scoperto. Fino a che con Internet oggi certi dati, idee e documenti censurati e poi soffocati dalla polvere del tempo e dal fango dell’ignominia, reclamano di essere considerati e tornano alla luce, proprio in virtù di Internet, con una velocità tale da impedirci persino di capire dentro a quale epocale fenomeno siamo coinvolti. E in quale mare stiamo, è il caso di dirlo, navigando.

Fulvio Baldoino

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