Incrollabile illusione dei popoli cambiare il mondo con la politica
Prima è meglio dell’arca di Noè, senza capitano e senza pilota automatico, senza professori, giornalisti, politici, industriali, banchieri, generali e guerrafondai, il pianeta Terra si è fatto da solo una passeggiata di milioni di anni garantendo a tutti gli esseri viventi, (analfabeti ma non ignoranti), presente e futuro.
Ora, straripa di presidenti, governanti, direttori, amministratori, accademici e premi Nobel superalfabetizzati, ma non ha alcuna intenzione di garantirgli manco pane e acqua, se non daranno un taglio a l’avvelenamento fisico e intellettivo dell’intero creato.
Rendendo gli esseri viventi capaci di acquisire tutta l’intelligenza istintiva necessaria per muoversi e usare la natura senza reciproci danneggiamenti, Dio aveva reso il mondo vivibile e la vita un dono per tutti: uomini, animali, piante, virus, batteri, muffe e chissà cos’altro per centinaia di migliaia di anni.
Poi è arrivata l’istruzione e l’informazione, e in una manciata di millenni ha sprogrammato anzi resettato i cervelli fino a cancellare totalmente l’intelligenza istintiva (presente e infallibile in tutti gli esseri viventi dalla formica al dinosauro e passando per l’uomo) e li ha riprogrammati tanto da mettere l’uomo in guerra non soltanto con il Creato ma persino con se stesso.
Il contadino, il pastore, il pescatore, il boscaiolo, (se protetti dalle patologie cerebrali indotte dalla “incultura”) avrebbero saputo istintivamente procurarsi di che vivere senza derubare il prossimo o danneggiare la natura.
Mentre l’intellettuale, l’uomo di “scienza”, ha difficoltà persino a trovare la via di casa, se sconfina dal perimetro della sua conoscenza razionale, che per renderlo produttivo gli ha cancellato la conoscenza istintiva.
Tant’è che i ladri si sprecano non fra i lavoratori poco acculturati ma fra le teste d’uovo della scuola, stampa, politica, finanza, mercato. Come dire che politica e finanza sono disoneste perché la cultura ha disegnato sistemi sociali talmente giganteschi e conflittuali che nemmeno i migliori geni della politica e della finanza, affiancati e supportati da interi eserciti di comitati tecnici scientifici, (CTS) sono riusciti a comporre il mosaico della “globalizzazione” costituito da montagne di tasselli che al primo tentativo di accostarli diventano devastanti quanto il fiammifero gettato sulla benzina. Tant’è che gli omicidi, le rivoluzioni, le guerre, le migrazioni, i fallimenti e le catastrofi ambientali ormai sono senza soluzione di continuità.
Forse noi umani siamo vittime di un grande equivoco. Da cittadini sovrani ci sentiamo liberi di muoverci senza limiti al pari degli animali, dimenticando che non potremo avere mai la stessa consapevolezza, perché gli animali sono rimasti alunni del Creato, sono dotati dell’istinto per muoversi con intelligenza nell’habitat in cui sono nati.
Noi umani invece siamo un prodotto culturalmente modificato, programmati non per “fare bene” un mestiere o una specifica professione, ma “per fare soldi” partecipando al festival della distruzione, produzione, consumo, profitto.
Insomma è la cultura non la politica a delimitarci la libertà consapevole e produttiva. Quella illimitata che pretendiamo dalla politica è libertà omicida o suicida.
Un ingegnere, un avvocato, un commercialista che osasse entrare e muoversi liberamente in una sala operatoria, sarebbe inconsapevole e pericoloso più di un elefante in una cristalleria.
Un professore di italiano che non conoscesse le lingue, spostato in un’altra nazione, fra un popolo che parla un’altra lingua, sarebbe un Illustrissimo analfabeta.
Insomma, è una tragica illusione pensare che sia la “buona” politica a rendere il cittadino illimitatamente libero, consapevole, responsabile.
A delimitare la libertà degli uomini che non vogliono essere distruttivi, è la qualità e quantità della loro “cultura” se degna di questo nome.
Il peggiore tiranno di qualunque Popolo non è politico, economico o finanziario, ma culturale. Ogni individuo può muoversi senza danno per sé e per gli altri, nello spazio circoscritto della sua specializzazione.
Nemmeno il più genio del mondo ha la percezione totale della nazione In cui vive o peggio dell’intero pianeta. E quindi possiamo dire che la civiltà umana è come una nave piena zeppa di ufficiali ma priva di capitano che abbia il controllo totale del mezzo e degli uomini, che sappia tracciare o modificare una rotta che salvi tutti.
Al capezzale del mondo malato gli intellettuali accreditano a sé i meriti del poco che sembrerebbe funzionante; e addebitano i guasti che affliggono l’umanità ai loro colleghi intellettuali prestati alla politica, Industria e finanza. Servirebbe un bagno mondiale di autocritica, partendo dal grande Carl Gustav Jung che ci ha fornito la chiave con queste inequivocabili parole:
“Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male”