IL SOLILOQUIO DELL’ANIMA (II)

In via sperimentale (2), l’immagine di chi parla, premessa visiva del podcast dell’articolo, intende favorire un più “duale” rapporto tra autore e lettore-uditore

Ma torniamo al giudizio di Aristotele, sono utili all’umanità Dio e le religioni?
Una domanda in questi termini un tempo sarebbe stata considerata sacrilega e blasfema. Ma in questi tempi in cui scetticismo, utilitarismo e nichilismo marciano di conserva, essa è più che legittima. Tant’è che Dio appare oggi ai più come una creatura forgiata dai sacerdoti delle rispettive religioni -ossia dall’uomo, ribaltando la credenza opposta- per sfruttare la credulità popolare e per soddisfare la genuina sete di giustizia insita nell’uomo che, anche in base a questa esigenza morale, diventa credente.
Creato un Dio antropomorfo, lo si colma di ogni virtù: Egli è buono, giusto, misericordioso, e ama l’umanità. Egli è inoltre il creatore dell’universo.

Il bellissimo planetario Orrery (1704)[VEDI].  Riproducendo il sistema solare e i suoi movimenti mediante complicati meccanismi, dimostra che anche dietro il sistema solare reale dev’esserci un’Intelligenza e un Progetto: il “Dio orologiaio” di Cartesio, congruo al determinismo meccanicistico, secondo cui basterebbe conoscere le condizioni iniziali di qualunque sistema, cosmo incluso, per calcolarne ogni stadio successivo

A questo riguardo, va ricordato che sull’essenza di questo Dio si sono accalorati anche generazioni di filosofi: sull’onda di Cartesio, Dio è visto come un grande orologiaio che, una volta messo in moto ordinato l’intero cosmo, non se ne deve più occupare; e quindi, che senso avrebbe pregarlo? Un Dio trascendente, dunque, e quindi utile soltanto a chi ne ha fatto proprio il nome per arricchirsi con le indulgenze e i lasciti testamentari: una protesta che finì col dar vita, appunto, al riformismo protestante, che defenestrò Oltralpe la Chiesa romana dalla funzione di intermediaria con Dio, lasciando all’individuo la facoltà di rapportarvisi in interiore homine.

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Dietro la facciata del cattolicesimo, che, durante la Controriforma, perseguitò nei secoli XVI e XVII, in senso inverso alle persecuzioni subite dai cristiani dei primi secoli, ogni deviazione dalla dottrina cattolica, covava sin da allora una più laica visione del mondo, privandolo della sacralità conferitagli invece dal paganesimo antico. Ponendo l’uomo al centro del mondo e decretandolo suo dominatore, sostituendo alla circolarità degli eventi la loro linearità, nella beata speranza di un futuro via via migliore, il cristianesimo aveva posto le basi di quello che sembrò essere il suo antagonista, mentre ne diventava il suo concreto attuatore: l’illuminismo progressista e poi utilitarista e fautore del sacco del pianeta, con la benedizione di una Chiesa sotto questo profilo sempre più progressista. Se il Medio Evo dette un colpo di freno all’homo faber, fu per il concomitante declino delle conoscenze scientifiche dell’ellenismo e per l’affermarsi della priorità data all’afflato spirituale. L’uscita dalla coralità religiosa medievale si ebbe con l’umanesimo quattrocentesco, che aprì la strada al futuro illuminismo, dopo due successivi secoli di notevoli progressi scientifici, nonostante la tenace opposizione della Chiesa controriformista.

L’Enciclopedie di Denis Diderot, XVIII secolo, attesta l’affermarsi di un mondo in cui arti e mestieri (homo faber), ossia la trasformazione del mondo per mano umana, sta cominciando ad erodere la priorità della cura dell’anima. Oggi vediamo con estrema chiarezza dove questo cambio di paradigma ci ha condotti: il lavoro è stato innalzato a fine in sé, assieme al denaro che esso procura: si finirà col lavorare, non più solo per vivere, ma per accumulare denaro, a sua volta fruttifero di altro denaro (usura)

E giungiamo da quei secoli al mondo attuale, nel quale, in nome dell’utilitarismo capitalistico, trionfa, per paradosso, la più sfacciata e diffusa inutilità di molte merci. Inutili spesso già in partenza, a causa della loro futile natura; e tutte sempre più rapidamente inutili, in quanto inservibili, secondo rigidi metodi di fabbricazione, che ne incorporano la morte programmata e la non riparabilità. Anche la vita ha una approssimata scadenza, ma la sua fine origina altra vita, non inservibili rifiuti.
Ma cosa c’entra Dio in tutto questo? Il Dio assente di certa filosofia non provoca palpiti di amore. E quindi si confà maggiormente agli aneliti dei contemporanei un Dio non più lontano e trascendente, ma immanente.

La religione è sospinta verso la mistica e insieme ne aborre:
è sospinta perché avverte nella mistica il proprio compimento,
senza il quale rimane superstizione. Ne aborre perché avverte
che quel compimento è anche il suo superamento e la sua fine
in quanto religio           Marco Vannini

Benedetto XVI e Francesco. Un’immagine molto significativa del dramma che attanaglia e divide la Chiesa, non solo da oggi: restare ancorata alla tradizione o aprire alla modernità? Nel primo caso è deliberatamente antistorica, nel secondo perde il suo spessore misterico e sacramentale

Il Dio immanente presenta però persino più incongruenze di quello trascendente. Come si spiega il crescente male nel mondo, senza ch’Egli, infinitamente buono e giusto, intervenga per far trionfare la giustizia?  L’antico e il nuovo Dio sono onnipotenti solo per definizione, ma non all’atto pratico? La risposta più diffusa, era, ed è, che “le vie del Signore sono imperscrutabili” e che, se non c’è giustizia su questa Terra, la si avrà dopo morti, dove “gli ultimi saranno i primi”. Quindi, se su questa Terra non ha alcun potere, Egli è semplice spettatore di un mondo ormai de-sacralizzato e de-moralizzato, abbandonato così alla cupidigia di grandi e piccoli predatori. L’intervento divino non si esplica più sugli eventi terreni, ma è posposto in un’ipotetica vita futura dell’anima, dopo il distacco dal corpo e nel suo giudizio in base al suo vissuto terreno.

CONTINUA

Marco Giacinto Pellifroni  21 gennaio 2023

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