Il passato non ritorna ma il presente viene da lontano

È una constatazione che non ammette repliche quella che la scissione che il secolo scorso portò alla nascita del partito comunista fu ordinata da Mosca e che quelli che la orchestrarono, da Gramsci a Bordiga a Togliatti, avevano in mente una trasformazione dello stato italiano sul modello sovietico. Storia vecchia, da archiviare e consegnare ai posteri, ammesso che sopravviva il gusto di frugare nel passato. Ed è una constatazione che da Mosca il compagno Ercoli – alias Togliatti – aspettava il momento buono per realizzare il progetto. Il momento buono venne col 25 luglio del 1943, che segnò la fine ingloriosa del regime fascista. Da allora i compagni insinuati nei governi di unità nazionale insieme ai rappresentati dell’antifascismo nato sulle ceneri del fascismo, democristiani in testa, iniziarono la lunga marcia fermata dagli accordi di Yalta e dal voto popolare del 48. E anche questa è storia vecchia e da archiviare.

Ma in quell’ormai lontano passato i compagni avevano messo le mani nei gangli dell’apparato statale, dalla magistratura alle forze di polizia, nelle redazioni dei giornali e negli enti pubblici, per non dire della scuola e dell’università. Erano entrati come ladri da cunicoli sotterranei, in silenzio, subdolamente, senza che nessuno se ne avvedesse ma una volta dentro avevano stabilito le loro roccaforti e le condizioni per la futura okkupazione. E anche questa è storia vecchia ma purtroppo non archiviabile. Non archiviabile perché ne sono condizionati il nostro presente, la struttura e il funzionamento delle nostre istituzioni e la nostra stessa democrazia, ridotta a mera parvenza. Fatto sta che il partito che aveva condotto l’assalto allo stato con l’obbiettivo dichiarato di scardinarlo aveva un progetto politico rivoluzionario ispirato direttamente al leninismo – non voglio scomodare il mai letto e mai inteso Karl – e un formidabile strumento sociale col quale realizzarlo. Col tempo però il conflitto di classe si era risolto negli ammiccamenti al grande capitale – un caso di scuola è nei primi anni settanta il sodalizio fra il signore del sindacato e mister Fiat – fino al punto che il partito perse ogni connotazione di classe mentre l’originario progetto politico venne definitivamente sgretolato con le macerie del muro di Berlino. Dissolta la force de frappe delle avanguardie operaie e oscurata la stella polare dell’Unione sovietica ci si sarebbe potuto aspettare che del Pci – qualunque nome avesse assunto – e di tutto il suo apparato non sarebbe rimasto altro che un ricordo senza rimpianti.

Nemmeno per sogno. La natura vera del “partito della classe operaia” si è rivelata proprio dopo la perdita della sua funzione storica politica e sociale: una cricca tesa solo a mantenere e consolidare il proprio potere e l’esercizio del potere fine a se stesso, il vuoto assoluto di idee e di ideali coperto da una paccottiglia di contenuti variabili secondo le mode, rozza retorica e frasi fatte. L’attaccamento al potere è stato del resto il salvagente che ha permesso alla sinistra italiana – che ora si identifica col Pd e le sue gemmazioni – di sopravvivere ai suoi errori e di bloccare il processo di democratizzazione del Paese. Ma se il vecchio comunismo non era la sostanza ma solo il velo di Maya del potere che avrebbe ridotto la politica a semplice gioco di accaparramento e di spartizione, molte se non tutte le caratteristiche secondarie di quell’immagine sono rimaste eccome: il dottrinarismo di Lenin senza dottrina, l’intolleranza ottusa e chiesastica di Stalin, l’ipocrisia brezeviana e soprattutto l’insopprimibile vocazione alla criminalizzazione dell’avversario, il tutto col collante delle collaudate pratiche della polizia politica sovietica, specializzata nella montatura di false accuse e nella costruzione di dossier da usare al momento opportuno.

Certo, in Italia non si può mandare le persone scomode in manicomio o in Siberia – o più bonariamente al confino-, tantomeno suicidarle, ma se ha funzionato a dovere il controllo dei mezzi di informazione e la magistratura è stata adeguatamente infiltrata non c’è la necessità, salvo particolari urgenze, di ricorre a provvedimenti estremi. E veniamo alla magistratura. La vulgata, alimentata a dritta e manca, di un partito dei magistrati che entra a gamba tesa nell’agone politico non mi convince per nulla, così come trovo insensato e pericoloso l’attacco indiscriminato alla giustizia. Se è vero, com’è vero, che dal dopoguerra in poi il Pci – ora Pd – non ha mai cessato di infiltrarsi nel sistema giudiziario è anche vero che i magistrati di questa operazione sono le prime vittime; semmai per i partiti e per il parlamento si pone il problema di chiudere le falle che si sono create e di impedire che se ne creino di nuove: come dire quello di garantire l’autentica separazione delle funzioni dello stato.
Post scriptum
Una qualche risposta la devo al signore che mi ha indirizzato una lettera aperta su questi Trucioli (per il mio stile avrei preferito i veicoli diretti che la tecnologia informatica ci mette a disposizione).
• Dare del camerata a me che non ho mai praticato nemmeno gli sport di gruppo è surreale;
• del fascismo, che conosco solo dai libri, non ho alcuna nostalgia e, se l’avessi, sarebbero affari miei; il fascismo l’hanno conosciuto e contribuito a far prosperare tanti nonni fascistissimi dei compagni di oggi (cito Ingrao, il primo che mi viene in mente ma anche uno dei pochissimi da rimpiangere per la personale onestà e la dirittura morale);
• sono convinto che si vive bene senza essere intruppati da una parte o dall’altra: quantomeno nessuno ti dice di volta in volta cosa devi pensare e a cosa devi credere;
• ci mancherebbe che dovessi o avessi dovuto sottacere o edulcorare le mie opinioni; le ho sempre manifestate con la durezza che mi appartiene senza per questo intaccare una popolarità a tratti imbarazzante
E infine, sussurrato all’orecchio perché di nessun interesse: la bibliografia in un testo divulgativo è un inutile pretenzioso orpello, come un soprammobile settecentesco su una credenza rustica (semmai, seppure inutile, è d’obbligo in un saggio accademico). sine animo ac studio.

Pierfranco Lisorini,       29 settembre2021
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14 thoughts on “Il passato non ritorna ma il presente viene da lontano”

  1. Prof. Lisorini, constato che lei continua a eludere alcune mie precise domande come quelle di fare almeno un nome degli “sprovveduti cialtroni messi dal partito dietro una cattedra universitaria”, e sui motivi della supeficialità imbarazzante con la quale tratta la politica e l’etica di Aristotele, e senza accennere neanche per inciso alla sua “Poerica” e alla sua “Retorica” che tanto peso hanno avuto, nel bene e nel male, nell”estetica e nella letteratura occidentale, né ha voluto chiarire il motivo dell’assenza di un capitolo sullo Scetticismo antico, nel suo excursus sulla storia della Filosofia che pure s’intitola “Fra scepsi e mathesis”. ,, né il motivo della clamorosa omissione della morte di Dio in Nietzsche, per non parlare della aporetica trattazione dell’esistenzialismo ateo diJean Paul Sartre,.. Insomma, da un docente emerito di Filosofia ci si aspetterebbe meno superficialità nel trattare questioni filosofiche fondamentali. E se il suo scopo era divulgativo,, si spiega ancor meno, mi scusi, la mancanza di una bibliografia ragionata per orientare chi volesse iniziare un percorso di approfondimemto filosofico; altro che inutile orpello o “soprammobole serrecentesco su una credenza rustica”. Come le scrivevo nella mia lettera aperta ci sono alcune regole la cui osservanza o non osservanza distinguone il dilettante dal professionista anche nell’attività culturale. Vedo che anche in quest’ultimo suo articolo di propaganda politica di destra insiste con l’uso del termine ‘compagno’ e ‘compagni’ in senso negativo.M la sua allora è una vera fissazione, uno schema mentale ormai inamovibile che, come tutti gli schemi mentale la porta a fare di tutta l’erba un fascio: Le pare che Enrico Letta sia un erede di Togliatti? Ma lei vuole scherzare o argomentarte seriamente? Quanto al fascismo e all’antifascismo, nella sua risposta negazionista mi par di sentire l’eco della voce di Giorgia Meloni: quando dice “Io fascista??Quando c’era il fascismo io manco ero nata! ” E qui la saluta il compagno Fulvio Sguerso

  2. Gli antifascisti che usano continuamente la parola fascismo dovrebbero informarsi su ciò che prevede la legge.
    Apprezzare Mussolini e il fascismo non costituisce reato, la liberta di pensiero è garantita dalla costituzione. Diverso è se si passa all’azione e non credo che chi scrive qui ne abbia intenzione.
    La parola fascista viene usata dalla sinistra, ormai priva di ideali, per attaccare chiunque manifesti idee contrarie alle loro, per demonizzare il rivale. Un comportamento intollerante nei confronti della libertà di opinione sanciti dalla Costituzione.
    Viva la libertà di pensiero e di parola.
    Sempre valide le parole della scrittrice britannica Evelyn Beatrice Hall,
    “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it”
    “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo”

    1. Egregio Simone non meglio identificato, La informo che l’apologia del fascismo nell’ordinamento giuridico italiano è un reato previsto dall’art. 4 della legge Scelba del 1952 attuativa della XII disposizione transitoria finale della Costituzione. E visto che Lei interviene s supporto delle tesi storiche revisioniste del prof Lisorini, mi dica se frasi come “I compagni erano entrati come ladri da cunicoli sotterranei, in silenzio, subolamente, senza che nessuno se ne accorgesse, ma una volta entrati avevano stabilito le loro roccaforti e le loro condizioni per la futura okkupazione (sic!)” siano degne di un docente emerito o non invece espressione di una visione faziosa e umorale (eufemismo) delle vicende storiche del nostro Paese. D’altronde non c’è da stupirsi più di tanto per le tesi storiche tutte personali di un ammiratore dichiarato di Mussolini e da un simpatizzante di CasaPound. Stia bene. Fulvio Sguerso.

  3. Prendo atto che il vero fascista è lei che non rispetta le idee altrui contraddicendo gli ideali di uguaglianza e libertà della vera sinistra. Ma si è mai accorto di quanto è fazioso lei, in faziosità non ha rivali. Dalle sue critiche si evince che i suoi ideali sono simili a quelli del fascismo.

    1. I miei ideali sono quelli enunciati nella prima parte della Costituzione, Ma vedo dal tono della sua risposta che che lei è un fanatico e con i fanatici non si può dialogare Non mi stupirei si lei fosse anche un no vax irriducibile. Viva la libertà di contagiare il prossimo!

  4. I miei ideali sono quello enunciati nelle prima parte della nostra Costituzione. Ma vedo dal tono della sua risposta che lei è un fanatico, e con i fanatici non può esserci nessun dialogo.. Non mi stupirei se lei fosse anche un no vax irriducibile. Viva la libertà di contagiare il prossimo!

    1. A Lisorini: senta professore , siccome né io né lei abbiamo più tanto tempo da perdere (data la nostra non più verde età) se lei, malgrado il suo odio per i “compagni” e per chi considera Mussolini un criminale di guerra, rifiuta la qualifica di neo fascista, un modo c’è per dirimere la questione e di chiudere finalmente la partita, in un senso o nell’altro: dichiari coram populo di essere antifascista, perché non basta affermare di non essere neofascista e poi simpatizzare per CasaPound e dichiarare una grande ammirazione per il Duce polemizzando (eufemismo) con chi non condivide per niente il suo giudizio storico su Mussolini. Se non lo fa o non risponde sono autorizzato a considerarla un neofascista a tutto tondo, che però si vergogna di esserlo. A lei la parola.

  5. Non conosco nè Sguerso, nè Lisorini, due professori molto colti che leggo sempre volentieri per questo sono stupita dell’ostilità di Sguerso verso il prof. Lisorini. Ostilità molto fastidiosa al limite della maleducazione, senza rispetto delle idee altrui. Mi chiedo perché uno deve dichiararsi fascista solo per fare un piacere ad un comunista. Siamo alla pura follia.
    L’ odio e il risentimento verso un’altra persona non portano a niente di positivo. Il confronto di idee non deve mai sfociare in maleducazione e quindi consiglio a Sguerso di abbandonare questa fissazione sta solo degradando sé stesso ed è un vero peccato.

  6. Giusto, gentile Elena, infatti è quello che farò. La mia reazione è dovuta alle mancate risposte del prof. Lisorini. a mie precise e motivate domande. D’altra parte, come si dice, chiedere è lecito, rispondere cortesia. Ad ogni modo seguirò il suo consiglio (come peraltro avevo già deciso per mio conto) Ringraziandola per la stima., le porgo i miei più cordiale saluti. Fulvio Sguerso

  7. Giusto, gentile Elena, è quello che farò. La mia reazione “irrispettosa” è dovuta alle mancate risposte del prof. Lisorini ad alcune mie precise e motivate domande. D’altra parte, come si dice, chiedere è lecito, rispondere cortesia. Ad ogni modo seguirò il suo consiglio e non insisterò più di tanto su questo nervo scoperto del docente livornese. Nel ringraziarla per la sua stima, le porgo i miei più cordiali saluti. Fulvio Sguerso

  8. Il nervo, anzi i nervi, scoperti li vedo solo in lei. Lisorini mi pare una persona educata e paziente. Se ne faccia una ragione non tutti sono obbligati a pensarla come lei. Buona giornata

  9. Vedo che il tono del suo commento al mio ultimo commento è ben diverso dal tono garbato del suo primo intervento pro bono pacis. Ne deduco che la sua stima per il prof. Lisorini è tale da farle vedere solo i pregi e non anche i difetti, come ad esempio il suo odio per gli antifascisti, e per la Resistenza contro il nazifascismo (detto a proposito del rispetto per le idee altrui). Ma, come le ho detto, seguirò il suo consiglio e non tornerò più sulla questione, ho già perso troppo tempo in questa polemica inutile e, come lei dice giustamente, anche degradante. Buona giornata anche a lei.

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