Il “mio” MoVimento: parte seconda.

PRIMA PARTE

Naturalmente non posso dimenticare di citare il ballottaggio mancato per un pugno di voti alle Comunali di Savona del 2016, col bravissimo e coraggioso Salvatore Diaspro. Un risultato che da più parti è stato bollato come un nostro flop, mentre è stato esattamente il contrario, un dato eccezionale, una delle punte massime di successo, testimonianza del nostro buon lavoro locale.
Siamo e restiamo uno dei primi e più coerenti meetup della Liguria e forse d’Italia, e non è una vanteria, per quanto a qualcuno dispiaccia.

Salvatore Diaspro

Fa specie che a rinfacciarci il risultato delle comunali siano stati in massima parte alcuni, non dico aperti denigratori, ma almeno falsi amici o boicottatori sottili. Della serie: c’era l’occasione di togliere la città a un centrosinistra fallimentare, e VOI avete mancato l’occasione e l’avete regalata alle destre. Per l’appunto tutti questi criticoni delusi da noi erano persone che si erano sempre tenute a debita distanza un po’ schifata, se non quando gli servivamo, ma che adesso si sentivano in diritto di farci la morale, non si sa bene su cosa, senza averci mai dato una mano, senza avere l’onestà intellettuale e l’obiettività di riconoscere tutto quello che era stato messo in atto dai famosi poteri forti per segarci alla radice. E francamente io di queste critiche pelose ne farei anche a meno, considerando semplicemente che mai il MoVimento ha vinto in una grande città, neppure nei momenti di maggior fulgore, se non al ballottaggio e dove le destre erano disunite.
Veder poi ora le stesse persone, dimentiche dei “fasti” delle precedenti giunte centrosinistra, da loro tanto criticate, raccogliersi festosi e speranzosi intorno al “sol dell’avvenire” dell’attuale che ne è degna erede, solo più inoperosa, mette tristezza.

 Di Battista e Di Maio

Ma torniamo alle vicende nazionali, perché inizia la parte più dura da raccontare.
Di Maio non è stato, nel complesso, un leader negativo. Ma già che ci fosse bisogno di leader, perso il concetto del coinvolgimento diffuso e del ruolo dei garanti, ormai ridotti a uno, significava cambiamento irreversibile, progressivo allontanamento dagli ideali fondanti a vantaggio di un nuovo verticismo di stampo partitico.
Lui e Di Battista animavano le folle, un po’ il poliziotto buono e quello cattivo, il moderato perbene che piaceva alle signore e il rivoluzionario bellicoso.
Quando li incontrai di persona, a dispetto del sentirmi più vicina al secondo come idee, ebbi una migliore impressione del primo. Di Maio era più attento, aveva momenti di sensibilità almeno apparente verso noi attivisti e sembrava starci a sentire, Di Battista era più concentrato su se stesso e a volte un po’ retorico e approssimativo.

L’involuzione era ormai in atto, inutile negarlo. Le persone preferivano delegare, come sempre, parteggiando e inneggiando al leader di turno, proferendo slogan e preferendo essere fan e tifosi che andavano a guerreggiare per ogni dove (rafforzando la fama del grillino ottuso e complottista e bellicoso, un po’ un “napalm 51” di crozziana memoria) anziché informarsi e portare contributi attivi. Ma si sa, l’impegno è faticoso.
Questa nuova generazione, crescendo i numeri, soverchiava ormai gli attivisti storici. Per fortuna arrivavano ancora, a livello locale, tante brave persone nei gruppi, capaci di darsi da fare e animare banchetti e iniziative, ma non bastava. Ormai il mio MoVimento stava diventando qualcos’altro, e non c’era che da prenderne atto, accettarlo o meno. Io lo accettai fino a un certo punto, mantenendo lealtà e convinzione sugli ideali di base e verso gli attivisti, ma perdendo coinvolgimento, se non sui temi locali.
Ci fu il risultato clamoroso delle politiche del 2018.

Governo m5s Lega

Pur non condividendo affatto, comprendevo il senso del ragionamento di Di Maio: se avremo i numeri, governeremo, altrimenti faremo un governo con chi ci sta a condividere i nostri temi. Tranne, almeno allora lo si diceva, con Forza Italia. Prima che cadesse anche quell’ultimo tabù.
Era una svolta, certo non esaltante. Eppure, se avessimo continuato a fare l’opposizione intransigente, col 33%, avremmo rischiato di logorarci, tradendo la fiducia di chi ci voleva al governo, dando fiato a chi ci vedeva solo come vuota protesta incapace di agire. Speravo tuttavia che nessuno accettasse la proposta.
Però non mi vergogno ad ammettere che votai Sì al governo con la Lega. Nonostante questa fosse distante sideralmente dalle mie idee e anche da quelle del MoVimento. Pensavo che ci fosse tuttavia una qualche base comune su due o tre temi di critica alle istituzioni europee, un modo per scuotere la palude, anche se dubitavo della lealtà di politici scafati e spregiudicati.
Infatti noi perdemmo terreno, loro si intestarono ogni risultato, ottenuto grazie a noi.
E le europee, le solite europee della mia delusione, lo dimostrarono.
Alla fine Salvini si rivelò per quello che era.

 Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio

In quella fase avrei preferito nuove elezioni. A costo di perderle e di vederlo trionfare. Non era che un babau per ricompattare le presunte sinistre e i loro ingenui elettori, per far dimenticare l’assenza di qualsiasi sinistra. Come ora la Meloni.
Del resto, i media sono così trasparenti nel tentativo di pilotare. Guardate ora in Francia: tutti a sottolineare quanto sia cresciuta la Le Pen (il babau locale per far digerire il liberismo, travestito o meno da sinistra) e a glissare su una sinistra ricompattata e vincente su temi forti. Sia mai qualcuno prenda esempio.
Non votai per il governo col PD. Lo avevo conosciuto troppo bene a livello locale. Lo ritenevo inaffidabile, infarcito di renziani, profondamente liberista. E la presenza di Renzi stesso mi faceva temere lo sgambetto. Cosa poi puntualmente verificatasi, ritardata solo dalla pandemia, ma facendogli accumulare ancora più meschino livore da sfogare nel prosieguo.
Eppure, anche questo secondo governo realizzò delle cose positive. Dimostrando come il PD sia una sorta di contenitore vuoto eterodiretto, animato solo dalle continue lotte di corrente, ma che sia capace di accogliere spunti e proposte, almeno in una parte di suoi esponenti, quelli con cui un dialogo sarebbe possibile. In questo Zingaretti si rivelò una possibilità. Per questo fu sostituito dal più allineato Letta.

Giuseppe Conte

E qui entriamo in un altro campo di osservazione: la bravura di Conte. C’entra fino a un certo punto col MoVimento, è di idee moderate, ma come Presidente del Consiglio e con maggioranze eterogenee si è rivelato veramente capace e serio. Uno dei migliori, se non decisamente il migliore degli ultimi anni. Tant’è che molti elettori del PD ce lo invidiano, affollano rispettosi i suoi comizi… Solo che poi, ahimè, votano PD. Infatti è il PD agonizzante che abbiamo rianimato.
E questo è un altro grosso problema del MoVimento: mentre perdeva la sua vecchia identità battagliera e di fondazione di un nuovo modello di democrazia diffusa e partecipata, ha continuano a inseguire i dettami dei partiti, a giustificarsi delle loro critiche amplificate dai media, sempre nel ruolo dello scolaretto colpevole, senza acquisire fino in fondo un suo coraggio e una sua dignità. Ha continuato a rimestare nella palude stagnante dei votanti, cercando di sottrarre consensi ai partiti, cercando i voti di quelli che erano più “incastrati” nel sistema politico, invece di pescare nel sempre più vasto, e sempre più giustificato, bacino degli astensionisti, venendo incontro alle loro esigenze. Con coraggio e decisione, appunto. Tornando a fregarsene bellamente del bombardamento dei media, come era stato ai tempi dei grandi successi.
Una scelta che sarebbe stata solo apparentemente più difficile, ma certamente più lungimirante e meno asfittica.
Nel quadro desolante del post pandemia, con sempre maggiori problemi che bussano alla porta, dalla guerra alla crisi economica ai drammatici cambi climatici, ci ritroviamo qui, dunque, rimestando nella palude, con in alto personaggi che rappresentano sempre meno le vecchie idee e sempre di più se stessi.

Mattarella, Conte e Draghi

Il ruolo non certo imparziale del Presidente della Repubblica, dopo la fine del secondo governo Conte, ha evitato quella che sarebbe stata la scelta più logica, nuove elezioni, per imporre invece quello che tutti i partiti volevano e chiedevano da tempo: un presunto salvatore della Patria capace di far ripartire i loro affari senza più disturbi.

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Avrei preferito restarne fuori, votai no con convinzione, e ogni volta che sento Draghi o Cingolani la convinzione si rafforza. Non so su che basi continuare a restare in una ammucchiata dove tutti ci detestano, per logorarci, nella pretesa di difendere poche conquiste risicate e svuotate di contenuto, con sempre meno forza per farlo. Ma la base in maggioranza votò per il sì. Alcuni parlamentari, con drammatiche crisi di coscienza che comprendo, uscirono o peggio furono estromessi. Un errore imperdonabile, aver perso parte della memoria storica del MoVimento, proprio fra le figure più coerenti e di riferimento.
A posteriori, credo che scelte come la restituzione di parte dello stipendio o la limitazione dei mandati, siano state pura illusione sulla natura umana, e autocastranti. E questo è parte del problema, anche se ridurre tutto a banale poltronismo è fuorviante. Entrare nel sistema e non farsene espellere, o cambiare se stessi, è roba da far tremare i polsi. Ben pochi hanno resistito, e guarda caso, molti di loro si sono fatti da parte, da tempo.
Comunque almeno nei due mandati continuo a credere fortemente. Ma piuttosto obbligherei a fare gavetta sul territorio, prima di potersi candidare in Parlamento.
Ora, che dire? Sul territorio resta poco, ma attivisti e simpatizzanti non sono spariti nel nulla, qualcosa si potrebbe ricostruire.
Certo, i recenti avvenimenti lasciano tutti confusi per non dire sgomenti.
Io ho una sola certezza: resto fedele alle idee di base e al concetto di MoVimento, a tutto quello che è stato immaginato e costruito in questi anni. Sono sempre fermamente convinta che senza una riforma alla base del sistema partitico, non usciremo fuori dalla palude, restando in un ambito sclerotico tenuto in piedi da clientele e votanti “benestanti” amanti dello status quo (son statistiche recenti), inferiori alla metà del Paese, mentre gli altri, gli impoveriti, i giovani, gli sfiduciati, se ne stanno a guardare. Darò sempre volentieri un contributo, dal basso, ad anime di buona volontà che volessero tener viva la brace.
Altro, al momento, non mi sento di dire.

Conte e Draghi

Il MoVimento in cui credevo io ha dato un imprinting non da poco. Ignorarlo, non esserne alla fin fine orgogliosi, non rivendicarlo, sarebbe dare ragione ai tanti che ci hanno sempre definito ignoranti, populisti, velleitari e tanti altri insulti immeritati. Dobbiamo rimanere a testa alta, invece, altro che. Continuare a mantenere consapevolezza e orgoglio. E se tanti che votano partiti ben peggiori ci sbeffeggiano, si più rispondere solo con un sorriso di noncuranza. Da che pulpito.
Il mio schema di valutazione è molto semplice: laddove la maggior parte dei media e degli avversari politici, soprattutto alcuni ben precisi, attacca, denigra, cerca di soffocare, lì c’è il vero spirito del M5*. Se partono lodi, rispetto, considerazione, c’è da diffidare, vuol dire che si è ormai omologati o non si fa più paura a certi sistemi consolidati che incancreniscono il Paese.
Finché il MoVimento continua a essere l’invitato sgradito, qualcosa si può ancora salvare, qualcosa può rinascere.
Il malcontento popolare è una pentola che bolle sempre più forte. Se esploderà in proteste ignoranti e velleitarie come al tempo della pandemia, se seguirà destre sempre più caciarone e improbabili, ma intelligenti nell’incanalarlo, oppure se saprà incarnarsi in nuove prospettive di resipiscenza antisistema ma con criterio e nuove proposte, dipenderà dalla buona volontà di tutti.
Di chi ancora ci crede. Dei pochi o tanti illusi e sognatori. Gli stessi che hanno sempre cambiato le cose, anche contro tutti.
Questa volta ne va, pensate un po’, della salvezza del mondo. E scusate se è poco.

Milena Debenedetti

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One thought on “Il “mio” MoVimento: parte seconda.”

  1. Concordo ogni parola. Grazie mille, ancora più convinto della mia scelta, pur rimanendo profondamente “comunista” sinché nel movimento ci saranno persone così, io sarò orgoglioso di farne parte.

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