FANTASMI

S’è alquanto appannato, per usare un eufemismo, il mito della scienza e della sua ancella pratica, la tecnologia, capaci di risolvere tutti i mali del mondo, grazie alla ricerca sempre più spinta dietro ciò che appare ai nostri sensi, ai livelli cosmico e sub-microscopico.
Ci siamo cullati per decenni nell’illusione di aver debellato per sempre gli antichi spettri dai nomi ormai desueti: siccità, fame, carestia, guerra, malattia, epidemia. Il traguardo, che sembrava ormai a portata di mano, era la pace universale, cibo e salute per tutti.

Chimica agraria e farmaceutica alla base dell’esplosione demografica: un finale scaduto da traguardo ad effetto collaterale

Era e tuttora è questa la visione progressista che, nonostante le sempre più frequenti smentite, perdura tuttora, sia nei circoli di destra e sinistra, sia a livello delle grandi società, che sfornano imperterriti piani di sfruttamento del pianeta senza soste, incuranti delle conseguenze ambientali e sociali. Basta sfogliare le pagine economiche di qualsiasi giornale per leggere i programmi di sviluppo di queste società di respiro globale per rendersi conto quanto dell’equazione sviluppo = saccheggio i loro manager considerino solo il primo termine, ignorando il fatto che quanto più ordine qui, tanto maggior disordine altrove.

Se questi sono i piani di aggressione dell’assetto naturale in tempo di pace, sono decisamente più brutali le azioni di disturbo e minaccia che un gruppo di nazioni, riunite in consorzio, svolgono nella certezza della loro superiorità militare, e quindi dell’impunità.
Mi riferisco, senza ulteriori giri di parole, a quel consesso di nazioni denominato NATO, che vide la luce quando l’URSS rappresentava una reale minaccia per l’Occidente, per poi sopravvivere a se stesso quando l’URSS si disgregò e cessò di incutere timore ad un Occidente che interpretò il suo collasso come una chiara conferma che il sistema capitalista fosse l’unico possibile e auspicabile. Alla NATO si concessero di malavoglia uomini e mezzi, sembrando ormai un baluardo tanto fine a se stesso quanto lo è oggigiorno un castello medievale con tanto di fossato e ponte levatoio.

Fonte: LIMES (VEDI). “La via verso il disastro”

Ci si stava avviando verso la soppressione di questo relitto del passato: un ente inutile tra i tanti. L’unico modo per farlo tornare in vita era una sorta di respirazione artificiale: provocare il ruggito dell’orso dormiente al di là della vecchia e ormai arrugginita cortina di ferro.

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Si cercava il casus belli. Anche perché le fabbriche di armi non potevano sperare in sostanziose commesse nell’assenza di conflitti di dimensioni potenzialmente maggiori delle varie scaramucce locali.
Bastava sfruttare l’annessione russa nel 2014 della Crimea, che russa era sempre stata fino alla maldestra donazione all’Ucraina da parte di Krusciov nel 1954. Tanto russa che l’annessione avvenne non con la forza dei cannoni, ma tramite un referendum popolare.
La nazione “giusta”, a cavallo tra area occidentale e Russia era emersa sin dal 2004, con la cosiddetta rivoluzione arancione, che, sia pure con il sospetto di forze straniere a soffiare sul fuoco, intendeva esprimere la supposta volontà popolare di ispirarsi al sistema politico delle democrazie occidentali, anziché alle autocrazie asiatiche, Russia e Cina in testa.
L’Ucraina rappresentava per la NATO non solo la sopravvivenza, ma la rinascita in grande stile, in proporzione alla pericolosità delle sue punzecchiature dell’orso russo, nella fondata speranza che si ridestasse dal suo lungo letargo.
Il piano ebbe alla fine successo, con una continua escalation delle provocazioni; dall’adesione agevolata all’UE dell’Ucraina, all’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia, all’installazione di basi missilistiche in paesi ex-satelliti dell’URSS, come la Polonia. La mappa più sopra presenta graficamente in modo eloquente la marcia verso Oriente della NATO attraverso gli anni, boccone dopo boccone.

Nave cisterna carica di gas da fracking americano in viaggio per l’Europa. Una conversione operativa e infrastrutturale sia alla fonte che a destinazione di non facile attuazione.

È istruttivo sottoporre tutti questi movimenti sullo scacchiere europeo alla prova del cui prodest. La prima a brindare per aver sollevato un vespaio che ha tutte le caratteristiche di far da preambolo ad una guerra su larga scala è certamente la NATO, risuscitata e ringalluzzita. Subito dopo vengono gli USA, che commercialmente hanno trovato lo sbocco per il loro enorme armamentario bellico, nonché per il gas liquefatto e altri prodotti dal processo di fracking (sorvolo in questa sede sui risvolti ambientali negativi di questa forma di estrazione), assai più costoso del gas e del petrolio russi ad estrazione convenzionale.
Sul versante opposto si trova l’Europa, che sta già pagando un prezzo altissimo per questa sua improvvisa –e improvvida- riscossa di sapore tra l’ideologico e l’autolesionistico.
Dobbiamo credere ad un’Europa che, mentre proclama a gran voce i sommi valori umanitari alla base della sua istituzione, ha girato per anni la testa dall’altra parte quando si è trattato di accogliere almeno parte delle schiere di migranti afro-asiatici, negando modifiche al trattato di Dublino e lasciando quindi Italia e Grecia (in parte anche Spagna) sole nel gestire vere e proprie invasioni dal Sud? Dobbiamo credere che quella stessa Europa, sublime nei principi e gretta quando si tratta di tradurli in azioni concrete, si sia convertita sulla via di Damasco –oggi di Kiev- affrontando tutti i disagi economici che la sua strenua difesa di un’Ucraina, peraltro dai confusi contorni politici, comporta alle sue popolazioni? Come spiegare, su basi logiche, la sua accresciuta, e addirittura orgogliosa, sudditanza dagli eterni padroni d’oltreatlantico?
Altro che “atlantismo”: qui ci stiamo giocando il territorio europeo come futuro teatro dell’ennesima guerra. Una guerra che sul fronte economico è già in atto, con un’inflazione indomabile che ci sta rendendo tutti più poveri. Tutto questo perché? Per gli alti ideali di solidarietà verso un paese di cui poco sapevamo e poco ancora sappiamo, se non per essere terra di partenza di tante badanti per la cura dei nostri vecchi?

L’UE è infarcita di tanti commendabili principi, che poi mette in atto a seconda delle convenienze dei Paesi guida. Resta indecifrabile l’enfasi corale con cui ha reagito al dramma dell’Ucraina, incurante delle gravose ricadute sulla sua economia

Tornando all’argomento di partenza: per sconfiggere fame e carestia abbiamo creato le premesse per diffonderle; per debellare le malattie, ne abbiamo creato di nuove, perlopiù di portata epidemica; per dire addio alla guerra abbiamo creato un organismo che in pace non ha senso e che pertanto fonda la sua ragion d’essere nel mostrare i muscoli e fomentare nuove guerre.
Ogni rimedio sembra finire con l’esser causa del male che si prefiggeva di vincere.
Qualche nota sul fronte domestico
Prima di chiudere, un rapido sguardo al panorama nostrano, con i media che ogni settimana agitano lo spettro della caduta del governo, che peraltro buona parte degli italiani continua ad auspicare. Anche qui vale come bussola delle reali intenzioni degli attori in scena il cui prodest più sopra adottato a livello sovrannazionale.

Lo strappo. Le defezioni dal M5S sono destinate a crescere se permarrà, come vuole Grillo, il niet al terzo mandato. E Conte rischierebbe di restare solo al comando. Di quattro gatti.

Qualunque cosa accada, la colla che tiene attaccati i deretani parlamentari alla propria poltrona regge a qualsiasi tentativo di strappo. Che potrà eventualmente esserci dopo il 24 settembre prossimo, quando i parlamentari godranno della pensione loro riservata grazie ai contributi di € 50.000, che altrimenti andrebbero persi. Con una simile clausola, cascasse il mondo, il governo andrà avanti. E se crisi mai fosse, ci penserà san Sergio a scongiurarla: lui stesso è un capolavoro di continuità, primo presidente ad avere il doppio mandato. Sul versante opposto si schiera Beppe Grillo, che, insistendo nel negare il terzo mandato alla sua truppa, ha già provocato l’emorragia di Di Maio ed altri “responsabili”; e chissà di quanti altri in futuro. Draghi assicura che questo governo può esistere solo col M5S a bordo. E se svanisse nei gruppi misti sulla scia di Di Maio? Cos’altro escogiterà l’alchimista sul Colle per portare la sua creatura oltre il 24 settembre, a dispetto di tutti?  

Marco Giacinto Pellifroni   3 luglio 2022

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