Il crepuscolo dei partiti

Il Poeta l’aveva sperimentato, come si dice, sulla propria pelle: nelle lotte fra fazioni, da qualunque parte si stia, che dio ci guardi da chi ci sta intorno, da quelli che stanno dalla nostra parte, che si rivela essere una “compagnia malvagia e scempia”.  È più facile trovare qualcosa di buono nella parte avversa che nella propria, come capita a Dante con Farinata degli Uberti. Ottima ragione per non intrupparsi e un monito per non dimenticare mai che le persone non vanno identificate con le idee che professano, che spesso sono solo appiccicate e prese in prestito. L’ambiente, le circostanze, le informazioni disponibili influenzano il modo di vedere, dare un senso a cose fuori della portata della propria esperienza e prendere partito o abbracciare una causa. Tantomeno è lecito giudicare l’altro dalla divisa che porta, e guai considerarlo come uno di cui fidarsi e a cui affidarsi o come un nemico da abbattere. In guerra questo è inevitabile ma non per nulla la guerra è la sospensione di ogni riferimento assiologico e del  valore stesso della vita, sostituiti da regole e convenzioni artefatte: la  gerarchia, la disciplina, l’obbedienza. Il grado prende il posto dello status sociale, della cultura, dell’intelligenza, della personalità; la libertà di pensiero e di giudizio va repressa perché mette a repentaglio l’organizzazione e la pietà in un sistema in cui gli esseri umani sono ridotti a numeri e a bersagli costituisce un pericolo.

Ma la guerra  è un evento eccezionale e regressivo, sacrilego, per usare una prospettiva religiosa: non per nulla già nella civiltà omerica al termine di una guerra vittoriosa seguivano riti di purificazione; regressivo perché riporta l’uomo, il combattente, ad una dimensione ferina: homo homini lupus, per usare la formula hobbesiana. Ciò che è lecito o addirittura necessario in guerra è però illegittimo e criminale nella normalità della vita sociale. Nella società civile, nel contesto delle relazioni interpersonali, ci possono essere antipatie ma non nemici da abbattere; ci possono essere contenziosi – e a questo servono giudici e tribunali – ma non è lecito venire alle mani, tantomeno portare armi e formare eserciti privati (in Ucraina è normale ma l’Ucraina è un caso a sé, è agli antipodi rispetto a ciò che intendiamo per democrazia ed è lontana anni luce  dall’idea stessa di Stato e di  società organizzata).

Il fondamento dei partiti politici

In una società rigidamente divisa in classi con ascensori sociali che funzionano poco e male si creano interessi divergenti, spesso aggravati dal costituirsi di sub culture e sistemi valoriali contrastanti, ed è fisiologico  che assumano vesti organizzative più o meno stabili e strutturate come partiti e movimenti, che insieme interpretano e mediano il conflitto risolvendolo nella dinamica sociopolitica. Tories e whigs, conservatori e liberali, monarchici e repubblicani, radicali, socialisti, cattolici identificano  – identificavano -gruppi sociali che perseguono il cambiamento o la difesa dello statu quo o il desiderio di tornare ad un ordine passato e la volontà di imporre alla società un cammino piuttosto che un altro.

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Nel nostro Paese il partito comunista ha per decenni, almeno sulla carta, interpretato e difeso le istanze delle classi subalterne, in particolare degli operai, contro il padronato, i privilegiati, i benestanti, imponendo una visione della società marxianamente dicotomizzata fra sfruttatori e sfruttati, la demonizzazione del capitale e il contrasto  allo stile di vita e al sistema di valori “borghesi”.  Oggi il target elettorale del Pd, l’erede del Pci, è radicalmente mutato così come è mutata la configurazione della società italiana: il Pd è l’espressione politica del capitale industriale e finanziario, gode dell’appoggio dell’alta burocrazia, difende la causa dell’accoglienza e i diritti dei migranti ma riserva ai ceti marginali nostrani parole di vicinanza senza alcun seguito concreto, come per secoli ha fatto la Chiesa. Il partito dei cattolici si è disintegrato: quel che ne resta ha completamente abbandonato  i grandi temi dell’aborto, del divorzio, della famiglia e  all’occorrenza scotomizza il papa e volta le spalle alla conferenza episcopale. I Fratelli d’Italia  evitano accuratamente di ingabbiarsi nella difesa di interessi di parte e hanno rinunciato anche all’occhio di riguardo che il vecchio Msi aveva per il pubblico impiego o per i militari; si reggono sulla nostalgia del ventennio fascista ma lo rinnegano, si ergono a patrioti ma sono europeisti e atlantisti, pronti a difendere gli interessi politici ed economici degli Stati uniti a scapito di quelli nazionali. E questi sono i partiti “ideologizzati”: un vuoto di idee, di ideali, di programmi e nessuna speciale concezione della società. Figuriamoci gli altri partiti, dichiaratamente non ideologici, come Forza Italia,  o cresciuti come la Lega di Salvini grazie a un paio di obbiettivi programmatici congiunturali – il contrasto all’invasione e la sicurezza – buttati alle ortiche alla prima occasione e non inquadrati in una visione d’insieme. Insomma, mentre la società italiana si è trasformata socialmente e culturalmente e la sua conflittualità interna si è fatta più articolata e complessa, i partiti hanno del tutto perso il contatto con essa né si sforzano di recuperarlo, sono ridotti a mere etichette  e coincidono con le lobby e i gruppi di potere che se ne servono.

Ben venga il qualunquismo se la politica è solo mistificazione

In queste condizioni che senso ha dirsi di destra o di sinistra, quale motivazione reale  c’è per votare per Letta piuttosto che per Salvini, per la Meloni piuttosto che per Conte o Taiani?  Dispiace dirlo ma il vecchio bistrattato qualunquismo – sono tutti uguali, litigano di giorno e la sera vanno a cena insieme, si arricchiscono alla faccia del popolo bue – trova un riscontro puntuale nella realtà della politica e del mondo che le gira intorno. Guardi la Meloni e vedi Letta, guardi Conte e la sua faccia diventa quella di Draghi, guardi Salvini o Berlusconi e non vedi nulla.  Ma il problema è che se i leader sono nullità intercambiabili i partiti si identificano con i leader: il Pd è Letta, I grillini sono Conte (e meno male che non sono Di Maio!), la Lega è Salvini e Forza Italia, ahimè, Berlusconi. Che è un caso di interesse psicoanalitico: dopo aver tradito Gheddafi e cancellato l’Italia dal mediterraneo la sua vocazione a tradire l’ha spinto a pugnalare  alle spalle l’amico Putin e, incapace di sopportare il senso di colpa, lo ha risolto in un odio rabbioso proiettato nel giornale di famiglia, diventato più fazioso, oltranzista e bugiardo dei tradizionali quotidiani di regime.  Quanto ai  giornalisti di “area” sono anche peggio, se possibile,  dei politici di riferimento, dalle “grandi” firme ai nani del piccolo schermo: senti Zurlo e rimpiangi Caprarica o Merlo,  Sallusti pare Gad Lerner, Del Debbio e la Gruber recitano lo stesso copione, Capezzone è un patetico saltimbanco, Brindisi scimmiotta Vicaretti, su Guzzanti stendiamo un velo pietoso.

Il pantano in cui siamo finiti prima o poi lascerà il posto ad un terreno più solido e fin da ora per orientarci cominciamo a liberarci dalle scorie del passato  e  affidiamoci alla nostra capacità di intendere. La politica sta facendo di tutto per affondare il Paese:  per servilismo, paura, interessi personali e legami occulti il governo ha sacrificato l’interesse nazionale sull’altare della losca faccenda ucraina con il consenso unanime di partiti e sindacati. Cerchiamo allora di guardare oltre gli steccati di parte e volgiamo lo sguardo ai tanti che ingiustamente abbiamo considerato avversari quando erano solo persone in buona fede, ingannate loro come siamo stati ingannati noi e consideriamo una fortuna che ci siano ancora voci libere e spregiudicate da qualunque parte provengano. E, se ci si deve ricredere su qualcuno, facciamolo senza remore: per parte mia  tanto di cappello all’antipaticissimo Marco Travaglio che in queste settimane sta dando prova di  lucidità e di grande onestà intellettuale.

E dobbiamo esser grati a chi sulla rete dà spazio  ad analisi rigorose come quella condotta dal bravo collaboratore di questi Trucioli, che prova  al di là di ogni ragionevole dubbio che la vicenda ucraina altro non è che un ulteriore disperato passo per difendere  un indifendibile sistema globale basato sul dollaro, che per non collassare deve continuare a espandersi come tutto l’impero economico, finanziario e industriale, americano. Che, se collassa, mette a repentaglio l’intero  impianto  politico e sociale  degli Stati uniti.

Pierfranco Lisorini

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One thought on “Il crepuscolo dei partiti”

  1. Analisi perfetta della situazione politica attuale e un opinione dei nostri politici molto veritiera. Sgomento e rabbia vedere la nostra Italia in mano a questi faccendieri senza ideali

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