Giorgia nel Paese delle meraviglie. Niente è come si dice che sia

Finora i politici, in buona o in cattiva fede, promettevano di fare; ora hanno cambiato tattica: dicono di aver fatto. Giorgia Meloni ha inaugurato questa modalità comunicativa che in altri tempi sarebbe stata molto rischiosa. Ma lei, grazie all’amico americano che le assicura la benevolenza dell’Europa e il controllo dell’informazione, si può permettere questo ed altro. Poteva dire che il programma elettorale suo e della coalizione è andato a cozzare contro inaspettate difficoltà finanziarie ma ha preferito sfidare l’evidenza e vantarsi di averlo realizzato. Non l’ha fatto per non dover confessare quanto ci costano la partecipazione alla guerra che gli Stati uniti conducono contro la Russia, una porcheria imposta da Draghi agli italiani contro la loro volontà e da lei ribadita con zelo anche maggiore, e l’accoglienza riservata ad invasori che in tempi normali sarebbero stati presi a cannonate.

La zavorra dell’accoglienza: un tabù della sinistra che ha sempre fatto credere all’opinione pubblica che i clandestini non ci costavano un soldo perché pagava tutto l’Europa. Un tabù che ha fatto comodo alla Meloni e che Minzolini ha incautamente infranto quando sul giornale da cui non a caso è stato allontanato ha fatto i conti addosso al buon cuore del Paese più ospitale del mondo, con esiti spaventosi più degli scontrini di una colazione a Cortina o in piazza San Marco. E l’ha fatto proprio mentre entrava in vigore l’unico provvedimento preso da questo governo barzelletta: l’abolizione del reddito di cittadinanza. Anche il più distratto uomo della strada mette insieme i dati e qualcosa non gli torna: 500 euro al mese il reddito di cittadinanza a poco più di un milione di italiani e almeno 2000 euro per ognuno dei centocinquantamila sbarcati dall’inizio dell’anno, che si aggiungono al costo delle centinaia di migliaia che da quindici anni vengono mantenuti di tutto punto, intasano gli ospedali (2000 euro pro die un posto letto) e sono responsabili di oltre il trenta per cento della spesa carceraria. I cittadini italiani che lavorano e pagano le tasse non capiscono perché accanirsi su un sussidio che spesso è un atto dovuto e sorvolare sul peso economico e sociale dell’invasione che finirà per schiacciare il Paese.

il Riformista

Un peso che però è una manna dal cielo per tanti che la Meloni e i Fratelli d’Italia non si vogliono inimicare. Lo è, ovviamente per il mondo torbido che gira intorno alle organizzazioni non governative ma lo è anche per assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali che come corvi volteggiano intorno ai barconi e alle navi che vomitano clandestini sulle banchine, e lo è anche per le migliaia di insegnanti di sostegno da assegnare ai figli degli stranieri lasciando le briciole agli italiani. E allora per distrarre e confondere le acque si ordina ai media non solo di gonfiare la spesa per il reddito ma si drammatizza quella per il superbonus – ma non si ha il coraggio di abolirlo – e si sposta l’attenzione sugli extraprofitti (un concetto di per sé ambiguo) assicurando che la sua tassazione – che non ci sarà – genererà risorse salvifiche.

Adnkronos

E, sulla scia di Renzi, mance e bonus a cominciare da quello sulla benzina con la differenza che Renzi le mance e i bonus li distribuiva davvero, la Meloni finge di farlo ma lascia tutti a bocca asciutta.
Ma l’obbiettivo di questo governo, lo dicono in coro la premier e i suoi ministri, è creare nuovi posti di lavoro. Creare posti di lavoro! fa il paio col resuscitare i morti o trasformare il ferro in oro. I posti di lavoro non si creano ma sono una variabile dipendente dal mercato, dalla tecnologia e dall’economia generale. Il governo può al massimo aumentare il numero dei dipendenti dello Stato o abbassare drasticamente l’età del pensionamento ma per fortuna è frenato dall’Ue, che almeno in questo serve a qualcosa. Le disfunzioni della macchina statale non sono imputabili a carenza di personale ma alla sua pessima gestione: cattiva organizzazione – un male cronicizzato -, scarsa professionalità, concorsi farsa. Al numero esorbitante di poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, vigili urbani corrisponde una totale mancanza di sicurezza; la scuola italiana negli ultimi decenni si è gonfiata e rischia di scoppiare come la rana di Fedro, abbiamo il più alto numero di magistrati per abitanti, che sono anche i più pagati sia in termini assoluti che relativi. In compenso ci toccano la giustizia più lenta e macchinosa dell’intero orbe terracqueo e una scuola screditata che non forma né istruisce e ha perso la sua centralità sociale. Stendiamo un velo pietoso su comuni, province – ma non erano state cancellate? – e regioni.

Ho avuto recentemente a che fare con un piccolo comune della mia provincia, 13.000 abitanti distribuiti in cinque frazioni. Una sede sontuosa per sindaco e assessori in un antico castello, tante stanze vuote, qualche signore/a che sonnecchia, un paio di figure in penombra alle prese col cellulare e altre quattro sedi nuovissime per ospitare il patrimonio, gli affari generali, gli uffici tecnici, tutte con uscieri cortesi ma un po’ imbambolati, dirigenti fuori stanza, impiegati caduti dal pero.
Il numero degli occupati aumenta se cresce il bisogno di manodopera ma, a prescindere dal fatto che il dato quantitativo non dice nulla sulla qualità del lavoro, il bisogno di manodopera dipende dallo stato di salute dei diversi comparti impegnati nella produzione di beni e servizi. Non solo: alcuni di questi comparti si sviluppano integrando tecnologie più sofisticate che comportano una riduzione anche drastica delle unità lavorative: è il risultato di quello che impropriamente è ormai moda chiamare intelligenza artificiale come se fosse una novità.
I luddisti due secoli fa sapevano bene che la macchina avrebbe sostituito la forza muscolare e i più avveduti sapevano che alla lunga avrebbe sostituito anche il lavoro intellettuale; la robotizzazione è un processo inarrestabile. Un approccio serio invece di fare promesse campate per aria dovrebbe tener conto di fattori connessi con l’energia, l’ambiente, la qualità della vita e la sovrappopolazione e, nell’immediato dare dignità al lavoro, restringere la forbice fra le retribuzioni e abbandonare il mito della crescita a favore della stabilità, che non è stagnazione ma equilibrio. Un approccio serio, che con la Meloni è un ossimoro.

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Ma, lo ripeto, grazie alla protezione di Biden – e di quelli che Biden rappresenta – e al gemellaggio con la von der Leyen la Meloni è in una botte di ferro, ne è perfettamente consapevole e si può permettere cose che non sarebbero mai state perdonate a politici di ogni colore: fare il contrario di ciò che dice, chiamare successi i fallimenti, arrogarsi il merito del buon andamento dell’economia e dell’aumento degli occupati, quando non esiste alcun buon andamento dell’economia italiana, che versa in condizione disastrose, e non c’è alcun aumento dei posti di lavoro, che, al contrario sono diminuiti, al di là del polverone sollevato dall’Istat. Sono diminuiti ed è inevitabile che in futuro diminuiranno ancora, considerato il tracollo della produzione industriale e le difficoltà che attraversa il commercio al dettaglio. Ma la Meloni è capace di dire che i costi dell’energia stanno calando grazie al suo intervento e il prezzo del carburante alla pompa diminuisce e lo dice proprio mentre sta aumentando. Ed è capace di dire che ha tassato gli extraprofitti di banche e aziende energetiche anche se non l’ha fatto: ma aveva detto di volerlo fare ed è come se l’avesse fatto. E c’è anche da dire che si trattava di un provvedimento demagogico, giuridicamente discutibile ed esposto alla bocciatura dell’Europa. La Meloni rivendica anche l’aumento di salari e stipendi e la diminuzione della pressione fiscale. Peccato che gli italiani non se ne siano accorti.

Europatoday

Ha passato ogni limite quando ha sostenuto di avere risolto il problema dell’immigrazione con la sua politica mediterranea. La sua politica mediterranea è come la sua politica sul lavoro o sui salari: non esiste; non c’è alcuna politica mediterranea dell’Italia e il tentativo di stabilire un rapporto privilegiato con la Tunisia si è risolto in una farsa. Ora ci riprovano col Marocco, prima allertando la “migliore protezione civile del mondo”alla quale però i marocchini hanno chiuso la porta in faccia nonostante le sviolinate sulla “porta dell’Africa” (ma quando mai?) che la ducessa dice di aver sbarrato ai cattivoni russi (sui cinesi tace, convinta di aver fatto digerire al dragone sedotto col suo charme la chiusura della via della seta).
“Grazie a me l’Italia non è più sola in Europa, grazie a me del problema degli sbarchi si fanno carico tedeschi e francesi”! Passa qualche giorno e anche i giornali amici (tutti, ci mancherebbe mettersi contro la creatura di Biden) devono titolare che Germania e Francia di “migranti” non ne vogliono nemmeno uno e intimano all’Italia di tenersi tutti quelli che fa entrare. Che del resto è una pretesa assolutamente legittima: tu li vuoi, tu organizzi le loro partenze, tu ti accordi con le Ong, tu usi la tua guardia costiera e le tue corvette per andarli a prendere e tu te li tieni dal primo all’ultimo. Non per nulla quel superstite della squadra di boys al seguito di Pannella, Capoccione o Capezzone che sia, promosso alla direzione di Libero dopo anni di porta borraccia del centrodestra non perde occasione per ricordare che noi siamo migliori, noi salviamo i naufraghi, noi siamo umani, che diamine. Non dice il nostro Capoccione che in Francia e in Germania ci sono governi che devono rispondere ai rispettivi parlamenti, che in quei parlamenti siedono persone che devono rispondere a chi li ha eletti, e se addosso a quei Paesi – o in tutto il resto del pianeta – in otto mesi fosse piovuta addosso una marea di 150.000 bocche da sfamare chi doveva arginarla e non l’ha fatto avrebbe dovuto scappare a gambe levate. Ma da noi l’opinione pubblica, gli elettori, l’interesse nazionale non contano nulla e la politica si crogiola nei sondaggi taroccati che nulla dicono delle astensioni.

Pierfranco Lisorini

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