Genocidio: non solo una questione di numeri

La Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948   ha qualificato il genocidio come 

Atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

Data la suddetta definizione, l’azione militare iniziata l’ 8 ottobre 2023 nella Striscia di Gaza da Israele e attualmente in corso, può configurarsi come genocidio?

Gli aspetti della questione sono giuridicamente parlando alquanto scivolosi e controversi, talché è meglio lasciare la parola ai giuristi specializzati in Diritto internazionale, Diritti umani nonché Diritto bellico.
Tuttavia ciò che urge chiarire è che una strage può essere sotto un certo profilo altrettanto o addirittura più estesa, barbara e feroce di un genocidio, per cui chi la commette non è necessariamente meno colpevole di un genocida.

Se pertanto scientemente si decidesse di distruggere in tutto o in parte, magari disperdendolo, un popolo di poche migliaia di anime come ( per portare un paragone qualsiasi al fine di rendere in concreto l’idea del numero cui grossomodo ci si riferisce ) quello degli Yanomami; o, al limite, di sole tre o quattrocento persone, ovvero quelle, tanto per restare nel medesimo ambito geografico, che costituiscono gli Amahuaca o i Cashinahua dell’Amazzonia, bisognerebbe effettivamente parlare di genocidio.
Per contro se di un altro popolo vengono eliminate centinaia di migliaia o addirittura milioni di persone, ma l’azione violenta non ha la finalità primaria di liberarsene e la loro morte o abbandono del territorio è un “effetto collaterale” che si realizza nel perseguimento di un altro obiettivo ( commerciale, economico, militare…), tecnicamente di genocidio non si può parlare. 

Detto ciò, è intutivo che la difficoltà di decidere sul crimine di genocidio, è dovuta soprattutto al fatto che bisogna dimostrarne l’intenzionalità, la quale non essendo qualcosa di materiale, nonostante sia alla radice di atti materiali, è difficilmente contestabile.
Per esemplificare, il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nonostante abbia provocato oltre 200.000 morti, cioè parecchi di più dei 43.000 di Gaza, non si può classificare come genocidario. Infatti gli Americani non avevano intenzione di eliminare in tutto o in parte il gruppo nazionale dei Giapponesi: il loro obiettivo era geo-politico e strategico, e per raggiungerlo hanno semplicemente ritenuto che sganciare due bombe atomiche desse i risultati sperati prima e meglio.

Neppure la ratio della proporzionalità, con la quale invece il numero di 43.000 Gazawi supererebbe di gran lunga le 200.000 vittime giapponesi ( nel 1945 il Giappone aveva 78 milioni di abitanti ), di per sé cambia le cose, perché comunque resta necessaria la componente dell’intenzionalità. 

Ciò che stanno facendo i giudici della Corte Penale Internazionale dell’Aja, è per l’appunto questo: vedere se il Governo israeliano ha come fine di sbarazzarsi, anche solo in parte, del gruppo etnico dei Palestinesi, o se la loro morte o espulsione, sono le conseguenze a strascico del perseguimento di altre finalità.
Fino a che questi giudici non l’avranno deciso, data la definizione di esso, non si potrà affermare che si tratta di genocidio. Si potrà senz’altro parlare di massacro, di carneficina, di strage…, ma non di genocidio.

Quello che invece non può essere impedito nel frattempo, è di esprimere apertamente la convinzione secondo cui le condizioni presenti nella definizione di genocidio sono plausibili. 
Se infatti fosse una convinzione assurda, al Sudafrica, in condivisione con oltre 50 Paesi ( delle restanti nazioni, una parte si è detta contraria, e un’altra si è astenuta ), non sarebbe stato possibile dopo un monitoraggio durato mesi e tenendo conto tra l’altro anche delle informazioni messe a disposizione dalla più grande organizzazione al mondo per i diritti umani, Amnesty International, avviare la procedura di incriminazione di Israele.

Alcuni non sono però d’accordo. 
Essi pensano cioè non sia neanche ipotizzabile che il quotidiano vessare e infierire da parte dei coloni sui civili con i pogrom, con lo scempio delle coltivazioni e con la contaminazione dei pozzi d’acqua in Cisgiordania, possa configurare un genocidio.
Lo stesso valga per le limitazioni da parte dell’Esercito sull’ingresso dai Valichi di materiale di prima necessità a Gaza, e per la sistematica espropriazione delle case da parte del Governo a Gerusalemme Est.
Ecco, tutto ciò a loro avviso non è sufficiente per far sospettare un piano di pulizia etnica con l’obiettivo prima di svuotare il territorio dai Palestinesi e poi di impossessarsene. 

Tra chi pensa così, anche la senatrice Liliana Segre, la quale durante un convegno sull’antisemitismo si è espressa con le seguenti testuali parole: “Dire che Israele commette un genocidio, è una bestemmia”. 
Concetto che si lega con quell’altro, sempre suo, secondo cui “la parola genocidio adesso viene usata per parlare di qualunque cosa”. 

Come dire che la strage di Gaza, dai cadaveri che marciscono sotto le macerie ai bambini di pochi anni che vagano affamati e assetati tra i crateri scavati dalle bombe, rientra nel novero del “qualunque cosa”, e che mezzo mondo, con in testa il britannico Karim Ahmad Khan, Procuratore Capo della suddetta Corte Penale, sta valutando se bestemmiare sia giusto oppure no. 

Fulvio Baldoino

Condividi

One thought on “Genocidio: non solo una questione di numeri”

  1. Fulvio, hai fatto bene a fare dei puntuali distinguo sul termine “genocidio”. Te ne propongo un altro: come dovremmo chiamare, e ti rimando all’articolo odierno di Luceri, il trattamento criminale dell’homo sapiens nei confronti del pianeta? Non essendo intenzionale, non potrebbe definirsi tale. Ma il risultato finale è ormai nei retropensieri di tutti: l’estinzione della vita sulla Terra. In verità, il termine giusto è stato coniato già da tempo: ecocidio, il genocidio maximo. E per raggiungerlo più in fretta, siamo passati all’IA, convinti che sia il massimo del progresso…

Rispondi a Marco Giacinto Pellifroni Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.