ELOGIO DEL DUBBIO A SENSO UNICO

Chissà che cosa penserebbe Cartesio degli odierni dubitanti, dubbiosi e scettici riguardo all’evidenza dell’aggressione dello Stato indipendente dell’Ucraina da parte del nuovo zar con ambizioni neoimperialistiche Vladimir Putin, e chissà come reagirebbe Bertolt Brecht nell’apprendere che  qualcuno si è appropriato (senza nemmeno citarlo) del titolo della sua composizione poetica in lode del dubbio a fini di contropropaganda in difesa dell’aggressore! Per fortuna né Cartesio né Brecht  possono tornare dal regno di Persefone su questa terra martoriata e, almeno qui da noi, la libertà di parola e di opinione è un diritto costituzionale a beneficio anche coloro che, qualora fossero al potere, lo sopprimerebbero seguendo l’esempio dei regimi autocratici come quello russo, tanto ammirato da tutti gli ex no vax, no mask, no pass putitaliani  (neologismo coniato dal sociologo Massimiliano Panarari per designare i numerosi nostri concittadini che stanno dalla parte del nuovo zar contro i Paesi dell’Alleanza atlantica, tra i quali, forse vale la pena di ricordarlo, c’è anche il nostro)  convinti che la Nato e gli Stati Uniti abbiano con calcolato cinismo provocato l’autocrate del Cremlino al punto tale da costringerlo a difendersi attaccando.

Cartesio e Brecht

Il resto, secondo i dubitanti di cui sopra, è pura propaganda antirussa, funzionale alla resistenza del popolo ucraino, in prima linea a combattere e a morire per difendere più che altro gli interessi economici, finanziari e politici del padrone d’oltre oceano. Intendiamoci, non è che il sottoscritto creda che  Usa e Nato  rappresentino propriamente Società no profit di beneficenza o  congregazioni di missionari della carità; è chiaro, senza nemmeno il bisogno di ipotizzare chissà quali complotti, che qui ci troviamo di fronte a uno scontro aperto tra gli interessi geopolitici di  due superpotenze (o tre, se includiamo la Cina), e che i consistenti aiuti finanziari e militari stanziati dall’amministrazione statunitense  a supporto dell’Ucraina servono, oltre che alla resistenza contro l’invasore, a indebolire e a ridimensionare le ambizioni imperialistiche della Russia di Putin, considerate una costante minaccia alla pace e al nuovo ordine o disordine mondiale come si è configurato dopo la guerra fredda tra Usa e Urss. Questo sia detto a proposito della “complessità” tanto cara, tra le altre anime belle, al prof. Alessandro Orsini. Ma torniamo all’”Elogio del dubbio. L’antidoto alla dittatura mediatica” a cui ci richiama il prof. Pier Franco Lisorini, nel suo articolo uscito su “Trucioli savonesi” del 17 aprile 2022: “Si è sicuri  – esordisce l’Autore – solo della propria ignoranza: tutto il resto può essere revocato in dubbio”.

E qui al lettore di buoni studi viene subito alla mente il famoso paradosso socratico  “So di non sapere”, che contraddistingue il filosofo rispetto a chi, come i sofisti di ieri e di oggi, credono di sapere ma non sanno un bel niente; l’Autore, però, non si riferisce a Socrate ma a Cartesio e al suo dubbio metodico: “Su questa consapevolezza , magistralmente illustrata e approfondita da Cartesio, si fondano la scienza e la filosofia occidentale, o meglio, per evitare un aggettivo che sta diventando odioso, di derivazione greco-romana”.  Già, ma la consapevolezza della propria ignoranza è una certezza non un dubbio, se l’Autore di questo elogio del dubbio si fosse fermato qui, non ci sarebbe niente da eccepire: è vero che chi presume di sapere anche quello che non sa si sente come un dio in terra e non ha certo bisogno di mettersi alla ricerca di qualcosa  che non gli manca, mentre solo l’ignorante consapevole (dell’ignorante che non sa nemmeno  di esserlo è inutile parlare) è nella situazione ideale per cominciare il suo percorso di formazione filosofica o scientifica. Giusto. Ma il prof. Lisorini commette l’errore di equiparare l’ignoranza al dubbio: “Il dubbio è il motore della ricerca ma è anche espressione di libertà e condizione dell’ intelligere , quell’intelligere che presupposti, pregiudizi e autorità oscurano e impediscono. Il dubbio è il peggiore nemico della dottrina, di qualunque dottrina a cominciare da quella religiosa ma non è nemico della verità perché la verità è un concetto negativo, è disvelamento, smascheramento non è la rivelazione”.

Più che nemico di qualunque dottrina il dubbio è nemico del dogmatismo, non di qualunque dottrina perché anche lo scettico Pirrone di Elide professa una sua propria dottrina; e infatti è proprio su questo punto che prima  Cicerone e poi Agostino ne hanno messo  in evidenza la contraddittorietà: il dubbio universale sulla possibilità di conoscere la verità ricade sulla pretesa che sia vera la stessa affermazione sull’impossibilità di conoscere la verità. Inoltre il dubbio sistematico e fine a se stesso non può portare da nessuna parte involvendosi nelle sue contraddizioni logiche e pratiche. Non per niente lo stesso Cartesio non se la sente di revocare in dubbio – almeno fino a quando non si arriverà a una nuova morale  fondata su principi evidenti e incontrovertibili – la morale corrente e alle quattro regole generali del suo metodo per arrivare a conoscenze certe e indubitabili fa seguire altre quattro regole per una morale provvisoria che vale la pena di richiamare: 1) obbedire alle leggi, alla religione e ai costumi del proprio paese, seguendo in generale le opinioni più moderate, osservando il comportamento degli uomini più saggi ed evitando in tutti i modi di vincolare la propria libertà circa il futuro, essendo le cose, le opinioni altrui e anche le proprie sempre assai mutevoli. 2) Mantenere ferme le decisioni prese per evitare di fare come chi, smarritosi in un bosco, andasse aggirandosi di qua e di là senza accorgersi di camminare in tondo. 3) Vincere piuttosto  se stessi che la fortuna e di modificare piuttosto i propri desideri che non l’ordine delle cose del mondo. 4) Darsi uno scopo nella vita. E qui vorrei chiedere al prof Lisorini che cosa ne pensa di queste regole “provvisorie”.

Ma atteniamoci per ora  al suo elogio  del dubbio: “Ieri come oggi il potere è nemico del dubbio: lungo i secoli del dominio spirituale, culturale e politico della Chiesa il dubbio è peccato e blasfemia e porta dritto alla dannazione. La salvezza è riposta nella fede  e la fede non solo non conosce dubbi ma fa a meno anche della comprensione, come le beghine che biascicano preghiere in latino senza capirne una parola”. Passi per l’inimicizia tra dubbio e potere (assoluto), ma le affermazioni dogmatiche e apodittiche circa la fede che non conosce dubbi e che non si cura neanche  della comprensione sono completamente fuori strada, e mi fa specie che tali fuorvianti affermazioni siano assunte come vere da un docente di filosofia di lungo corso come è l’ Autore dell’articolo qui  in esame. Tanto per cominciare il contrario di dubbio (la cui radice è la stessa di “due”) non è la fede ma la conoscenza vera, il sapere certo (insomma l’epistème dei greci), e difatti il fondamento della filosofia e della scienza moderna per Cartesio non è il dubbio metodico o iperbolico ma il punto di approdo di questo dubitare, cioè il cogito ergo sum.  (Ricordo di passaggio agli scettici, agli increduli e agli agnostici che Cartesio non era ateo, ma anzi è proprio grazie all’idea innata e all’esistenza  di Dio che il suo cogito è inattaccabile da qualsiasi dubbio). Sia chiaro, il dubbio va comunque lodato perché in ogni caso ci pone di fronte a un bivio e ci obbliga a scegliere  una via o l’altra, dal momento che non si può sostare in permanenza lì davanti, e nemmeno tornare indietro. Per quanto riguarda la relazione esistente tra dubbio e fede basti pensare alla conversione di Paolo, a quella di Agostino, a quella di Maritain;  tra gli esempi letterari la prima  conversione che mi viene in mente è quella famosa del Manzoni, deluso dal sensismo materialista degli idéologues, eredi degli illuministi, avvenuta, secondo la  versione leggendaria ed edificante che ne diede egli stesso  , il primo di aprile del 1810, quando si rifugiò nella chiesa di San Rocco a Parigi, spaventato come tanti altri nella folla sovreccitata e impaurita dai colpi di cannone a salve, durante i rumorosi festeggiamenti per  il matrimonio tra Napoleone Bonaparte e Maria Luisa d’Austria. Il giovane poeta, che soffriva di agorafobia,  non era solo spaventato dalla folla impazzita ma era anche angosciato  perché in quella confusione aveva perso di vista la moglie Enrichetta Blondel; in quello stato d’animo sconvolto, chiese aiuto a Dio, e quando, all’uscita dal tempio, ritrovò subito  Enrichetta sana e salva,  credette a un miracolo e si convertì o meglio, tornò alla fede  della sua prima giovinezza .

Manzoni e la moglie Enrichetta Blondel

Si ricorderà certamente  di quello che aveva vissuto in quella circostanza   nel descrivere la notte di dubbio e di angoscia dell’ Innominato, nel Capitolo XXI dei Promessi sposi. Illuminanti su questo tema anche le parole del  cardinale Carlo Maria Martini , tratte dal discorso introduttivo alla cattedra dei non credenti: “Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé  un non credente e un credente, che si parlano dentro, che si interrogano a vicenda, che rimandano continuamente domande pungenti e inquietanti l’un l’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa”. Dunque non ha senso l’aut aut tra dubbio e fede; che il dubbio escluda la fede e la fede il dubbio  lo può credere solo  chi non ha mai letto, come minimo,  né il Nuovo testamento né le Confessioni  di Agostino; penso, ad esempio, all’ episodio dell’incredulità dell’apostolo Tommaso nel vangelo di Giovanni: “ ‘Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò. ’ Otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in casa e Tommaso era con loro. Venne Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi!’ Poi si rivolse a Tomaso: ‘Metti il tuo dito qui e guarda le mie mani, porgi la tua mano mettila nel mio costato, e non essere più incredulo, ma credente.’ Allora Tommaso gli disse: ‘Signore mio e Dio mio!’ Gli disse Gesù: ‘Perché mi hai visto hai creduto? Beati coloro che, pur non avendomi visto, crederanno!’ “  Tommaso è la figura paradigmatica del transito dal dubbio radicale alla fede più profonda. Si potrebbero portare tanti altri esempi in tal senso, ma il nostro Autore persevera  nel suo errore: “E se al popolino sono riservate le formule magiche e incomprensibili il dotto le ricama con i suoi ragionamenti sottili: la ragione si adatta alla fede e le dà una veste comunicabile e apparentemente intellegibile ma il dubbio ne smaschera il non senso, il vuoto concettuale e la sua essenza di formula magica”. E qui, dopo aver liquidato d’autorità la stretta connessione esistente  tra dubbio e fede., il prof Lisorini  liquida d’autorità anche il rapporto tra ragione e fede, sul quale la teologia (e la filosofia)  si interroga dalla Patristica ai giorni nostri. Ma questo argomento è troppo importante perché lo si possa lasciar cadere senza i dovuti approfondimenti.  (Continua).


Fulvio Sguerso

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