CULTURA DELLO STUPRO E DINTORNI II (Parte seconda)

Prima parte

Marina Abramovic

Marina Abramovic, la rappresentante più famosa del movimento, in una delle sue prime performance, rimase in piedi al centro di una stella di fuoco e quando l’ossigeno fu consumato, svenne. Fu salvata da un medico presente tra il pubblico. Nella performance intitolata The artist is present, al MOMA di New York, nel 2010, rimase seduta immobile su una sedia il più a lungo possibile ogni giorno per tre mesi a incontrare lo sguardo di chiunque si fosse seduto di fronte a lei. Ma la sua performance più famosa (e pericolosa) fu quella intitolata Rhithmo, del 1974, allestita  presso lo Studio Morra di Napoli: “Sul tavolo ci sono 72 oggetti che potete usare su di me come meglio credete; io mi assumo la totale responsabilità per sei ore. Alcuni di questi oggetti danno piacere, altri dolore”.  Degno di nota fu il comportamento del pubblico presente in quello studio: dopo un iniziale imbarazzo, una volta saltati i freni inibitori, alcuni spettatori si spinsero tanto oltre  da mettere in pericolo la vita stessa dell’artista, tanto che fu necessario interrompere quella performance estrema. Altre body artist hanno usato il loro corpo per combattere i pregiudizi e gli stereotipi culturali ancora presenti nella società consumistica di massa a egemonia maschile, per la verità senza molto successo; ma certamente hanno smosso le acque stagnanti del perbenismo borghese, cultura dello stupro compresa. Acque che si sono però immediatamente richiuse su se stesse, come ha recentemente dimostrato lo show sessista di Sgarbi al Maxxi di Roma, sotto lo sguardo compiaciuto del nuovo presidente del prestigioso Istituto che si occupa di arte contemporanea, Alessandro Giuli; un porno-show maschilista e volgare che nondimeno ha divertito il pubblico presente e plaudente in sala (ma non le dipendenti dell’Istituto culturale romano, che infatti hanno protestato chiamando in causa il presidente Giuli, senza alcun esito) ; a dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, della persistenza della cultura dello stupro, la stessa cultura di cui abbiamo potuto constatare le ricadute nelle performance di Grillo e di La Russa in difesa dei rispettivi figli accusati di stupro. Con una differenza: Grillo non si è pentito per quel video osceno che, tra l’altro, ha decretato la fine della sua credibilità di leader morale e addirittura “spirituale” del M5S; mentre La Russa, probabilmente sollecitato dalla premier Meloni, è tornato su quella sua, quanto meno improvvida, dichiarazione. In occasione della Cerimonia del Ventaglio a Palazzo Madama, il presidente del Senato è tornato sulla vicenda del figlio Leonardo Apache: “In quella mia nota – ha affermato – mi riferivo alla scelta del difensore, la ragazza non c’entrava nulla.

Sgarbi e Morgan

La mia convinzione di padre è di credere a mio figlio, ma non rifarei quella dichiarazione soprattutto perché non sono stato bravo a far capire che non volevo attaccare la ragazza, non ho mai inteso attaccare la ragazza. Se si fosse letto con attenzione quello che ho scritto, il mio riferimento non era alla ragazza ma alla scelta del difensore di aspettare 40 giorni per presentare la denuncia, cosa che ha reso impossibile l’esame del video. Ho anche parlato con Giorgia. Ma credo che se Elly Schlein avesse letto con attenzione quello che ho scritto, avrebbe capito che il mio riferimento era sulla scelta del difensore e non sulla ragazza. Capisco che forse non l’ho detto in maniera chiara”. Bene, vediamo allora di chiarire i nodi critici di questo affaire partendo proprio dalle parole usate dal presidente del Senato nella sua prima dichiarazione scritta in difesa del figlio: “Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante. Conto sulla Procura della Repubblica verso cui, nella mia lunga attività professionale, ho sempre riposto fiducia, affinché faccia chiarezza con la maggiore celerità possibile per fugare ogni dubbio”.

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Poi La Russa aggiunge le parole che sarebbero state fraintese, e cioè di nutrire “molti interrogativi riguardo al racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio.
Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che Leonardo non ha mai consumato in vita sua, ne sono certo. Sicura è la forte reprimenda rivolta da me a mio figlio per aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato. Non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero”. A rafforzare i dubbi di Ignazio La Russa sull’attendibilità di una ragazza che denuncia una violenza dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti ha provveduto Filippo Facci, editorialista di “Libero quotidiano” che ha scritto: “una ragazza di ventidue anni indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa” (detto tra parentesi: se questo non è un linguaggio da cultura dello stupro che cos’è?). Dopo aver sollevato il vespaio, La Russa e Facci hanno replicato ciascuno a suo modo: La Russa, abbiamo visto, come al solito, lamentandosi per essere stato frainteso; Facci chiedendo scusa e promettendo di non farlo più, nella vana speranza di essere perdonato dai nuovi dirigenti della Rai che avevano intenzione di affidargli un programma di approfondimento su Rai2, prima del tg delle 13. “Ancora una volta – ha fatto notare la segretaria del Pd Elly Schlein – le parole di La Russa vogliono minare la credibilità delle donne che denunciano una violenza sessuale a seconda di quanto tempo ci mettono a farlo, o sull’eventuale assunzione di alcol e droghe, come se questo facesse presumere automaticamente il loro consenso”. Altro che fraintendimento! In quella sua nota in difesa del figlio, La Russa ha messo in atto quella che si chiama vittimizzazione secondaria, cioè incolpa la persona che denuncia la violenza subita e sorvola sull’accusa e assolve preventivamente la persona indagata. Tra l’altro, l’affermazione “Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante” non ha alcun valore probatorio al fine delle indagini, se non quello di mettere un carico da novanta sul lavoro degli inquirenti, il peso, appunto, della parola della seconda carica dello Stato. Inoltre dire “A parte una forte reprimenda rivolta da me a mio figlio per aver portato a casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato, non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero” significa minimizzare il comportamento del figlio e quasi farlo passare come un bravo ma ingenuo ragazzo irretito e sedotto dalla maliarda drogata e infida.

La Ministra Adriana Roccella

Stranamente, anche la severissima ministra per la famiglia Adriana Roccella si è prodigata per derubricare ad affettuosità paterna l’atteggiamento protettivo e assolutorio di La Russa quando, nel commentare la vicenda, ha dichiarato: “Non giudico un padre e non entro nel caso individuale e nelle reazioni di una persona colpita nei suoi più intimi affetti”. Giusto, ma dal momento che La Russa lamenta di essere stato frainteso a proposito della ragazza, torniamo sulla frase con la quale, sempre per scagionare il figlio, afferma che “Leonardo non ha mai fatto uso di quella sostanza, ne sono certo”; se questo non è un modo per prendere le distanze dalla ragazza che invece è risultata positiva alla cocaina alla Mangiagalli, dove si era recata con la madre per attestare la violenza sessuale, che cos’è?  Il Codice penale, però, su questo punto è molto chiaro: se la presunta vittima si trova in uno stato di alterazione mentale, non è possibile stabilire se abbia o non abbia dato il suo consenso al rapporto sessuale; quindi, a maggior ragione, se lei ha assunto sostanze e Leonardo Apache La Russa no, la sua posizione si aggrava, perché essendo mentalmente lucido, non poteva non accorgersi che la ragazza invece non lo era. Quando si dice che il diavolo fa le pentole ma si dimentica di fare i coperchi!

(Continua)

Fulvio Sguerso

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2 thoughts on “CULTURA DELLO STUPRO E DINTORNI II (Parte seconda)”

  1. Vedo che il professore Sguerso insiste, ma la cosa questa volta mi rasserena. Secondo lui gli unici due tentativi di stupro in Italia sono quelli del figlio di Grillo e del figlio di Larussa. Dai! 2 soli in questi mesi , possiamo dire che il gravissimo problema è circoscritto in pochi fatti.

    1. Gentile Signora Adriana non mi pare di ravvisare nello scritto di Sguerso la volontà di circoscrivere il problema ai due casi più eclatanti a cui si fa riferimento. La seconda carica dello stato e colui che ha fatto delle sue battaglie il vessillo del popolo verde stellato sono due personaggi di cui si può e si deve parlare, indipendentemente dalla loro fede politica. Sono assolutamente certo che Sguerso, se il problema fosse stato da altro lato dello schieramento politico, avrebbe assunto la stessa posizione. Buona serata.

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