Commento al 12° Mottetto [da “Le Occasioni”] di Eugenio Montale

Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l’alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.

Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.

Nel presente Mottetto, Irma completa la sua metamorfosi in Clizia.
Una Clizia tuttavia diversa da quella che trapelava, prepotente ma non ancora del tutto pronta a venire alla luce, da “Portami il girasole”, persa d’amore in un sole caldo, radiante e narciso.
Ora è una sorta di stella cometa che attraversa “l’alte / nebulose”, stoicamente noncurante di dovere, per farlo, sortirne con “le penne lacerate / dai cicloni”.
In quanto stella cometa è annuncio ed elezione.
E’, bodhisattva astrale, fuoco che si agghiaccia.
Felicissima casualità attagliata sul suo cognome, Brandeis.
Quasi predizione che s’avvera e segno: Brand è fuoco ed Eis ghiaccio nella lingua parlata nel paese di cui è originaria, l’Austria.
Clizia è latrice di un annuncio. Di conoscenza; non è detto di salvezza.
Un annuncio importante se percorre gli spazi profondi del cielo per consegnarlo. Importante perché è lei la messaggera.
Con la sua fronte protesa e risoluta, come la giovane tedofora di “Guernica”, sebbene la scena si svolga al contrario: la donna di “Guernica” porta una candela in un candelabro, un lume di speranza. Piccolo, esile. Più che un lume, un barlume. Ma lo porta fuori dalla casa bombardata.
Invece Clizia passa dall’immensità degli spazi intergalattici al chiuso di una stanza nel riquadro della cui finestra l’albero di nespolo “allunga” come un tentacolo “l’ombra nera”, quasi a volerla rapire (riferimento piuttosto esplicito alla persecuzione antiebraica che incombe). 
Lei tenta il riposo dopo il suo lunghissimo viaggio.
Un’ombra che non può essere frutto di un “sole freddoloso”, depotenziato e malato, assorbito idealmente dalle nebulose, questa volta intese nel loro altro senso di nuvole e quindi di nebbie.
Un’ombra, si direbbe invece, emanata dallo stesso albero dall’interno, e quindi espressione spirituale di esso.
Ombre anche i corpi di chi passa nel vicolo, data la loro inconsistenza morale e la loro ignavia politica.
Il loro non è un semplice transitare ignari della fatica e del rischio corso dalla donna-angelo nella sua visitazione, ma l’ignoranza di chi si vuol tenere nell’ignoranza. Di chi non a caso, viene indicato come colui che scantona, per non vedere e non farsi vedere, nascondendosi presto dietro l’angolo della via. Quindi di chi non sa (e non vuole sapere) che lei è lì, a testimoniare di un po’ di luce in mezzo all’ opacità del mondo.

Prima di ogni altra cosa, l’amante-poeta si preoccupa della fatica dell’amata, e le libera la fronte imperlata di ghiaccio.
Un aiuto, un atto di tenerezza per lei che, sofferente, vuole aiutarlo; e per farlo ha bisogno di essere aiutata.
Non è una salvazione di tipo evangelico, non è una buona novella.
Non ha nulla di religioso.
Il luogo da cui è partita non è il Paradiso e non ha disceso i Sette Cieli. Non è beata e non è beatrice. Entra nella stanza del poeta con una fiammella perché egli la conservi e la alimenti.
Poi si addormenta, ma il suo sonno è travagliato e interrotto: “ti desti a soprassalti”.
E ora capiamo la perplessità con cui ci aveva lasciato il testo alla prima lettura: un certo sentirsi spiazzati da qualcosa di sfuggente, percepito ma non colto. Il disagio generato per l’incongruenza e la sconvenienza di un angelo che si disconosce lasciando che il suo sonno sia sopraffatto da “soprassalti”, vulnerabile e fragile. 
Di cos’è figura allora questa creatura “con le penne lacerate / dai cicloni”?
Non forse, nel bailamme della persecuzione e della guerra, l’allegoria della poesia? La poesia non ha infatti la missione di portare soccorso ispirando i poeti affinché le diano quella forma che li consoli e della loro consolazione facciano condivisione?
E dunque non abbiamo qui la rappresentazione del lenimento offerto dalla grazia, dalla gentilezza intellettuale e morale di quell’essere benevolo e triste che Irma-Clizia è?

FULVIO BALDOINO

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One thought on “Commento al 12° Mottetto [da “Le Occasioni”] di Eugenio Montale”

  1. Anche in questo suo commento al dodicesimo mottetto , il prof.Baldoino analizza il testo montaliano indagandone, oltre alla lettera anche, anzi, soprattutto lo spirito. Il tema – che possiamo intendere in senso musicale, trattandosi di un mottetto – dominante è quello che l’autore del commento ha individuato nella fragilità tutta umana della donna-angelo (messaggera , sì, ma di quale notizia? si chiede Baldoino) il cui cognome, Brandeis, significa l’unione di fuoco e ghiaccio; non per niente il primo gesto del poeta all’arrivo della donna amata è liberarle la fronte dai ghiaccioli che ha raccolto “traversando l’alte / nebulose”. In questo mottetto, Irma (possiamo ormai chiamarla con il suo nome) trasformata in Clizia, la mitologica ninfa innamorata di Febo-Apollo, che si lascia morire perché tradita e a abbandonata da suo amore, che, impietosito, la trasforma in girasole, di modo che possa seguire almeno con lo sguardo continuamente l’amato. Se non che il sole che appare nella seconda strofa del mottetto è “freddoloso”. e Irma-Clizia ha anch’essa bisogno di aiuto e di protezione, vista “l’ ombra nera” (siamo nel Quaranta, a guerra iniziata e a persecuzione antiebraica in corso) che si allunga nella stanza dal nespolo che si affaccia alla finestra. Ma “Di cos’è figura allora questa creatura ‘con le penne lacerate / dai cicloni?’, insiste Baldoino; e si risponde azzardando un’ipotesi che, suppongo, non sarebbe dispiaciuta allo stesso Montale: “Non forse, nel bailamme della persecuzione e della guerra, l’allegoria della poesia? La poesia non ha infatti la missione di portare soccorso ispirando i poeti affinché le diano quella forma che li consoli e della loro consolazione facciano condivisione?” Che sia questa la notizia che la donna angelo messaggero Irma-Clizia porta al poeta e, tramite il poeta, all’umanità tuttora in guerra (e questo fa sì che Guernica di Pablo Picasso sia sempre d’attualità, come molto opportunamente suggerisce il prof. Baldoino)?

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