Ben vengano le manifestazioni

ma contro i soprusi dei governi e per la difesa dei propri diritti

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La libertà di manifestare non si discute e si deve poter esercitare senza condizioni: la preventiva autorizzazione da parte della questura  è incompatibile  con lo stato di diritto; anche sotto  questo riguardo l’Italia  somiglia più ad uno stato di polizia che ad una democrazia autentica.  È per altro ovvio che l’esercizio di un diritto ha un limite invalicabile nel neminem laedere: quindi ben vengano  le manifestazioni spontanee, qualunque  ne sia il motivo,  ma senza turbare l’ordine pubblico, senza bloccare spostamenti e attività  quotidiane, senza occupare zone nevralgiche dei centri urbani e, ovviamente, senza violenze di sorta. Che gli studenti di Pisa fossero consapevoli di tale limite è dubbio; che l’intento non fosse quello di manifestare, vale a dire di rendere pubbliche le proprie rivendicazioni, ma di fare caciara è altamente probabile.  Ed è  fuori di dubbio che il motivo dichiarato della protesta non ha alcun riscontro con il loro sentire reale, che nel migliore dei casi è una giocosità goliardica e nel peggiore hybris allo stato puro, una animosità  primitiva, anzi primordiale o infantile che dir si voglia,  rivestita di contenuti del tutto estrinseci.

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Lo  dico nel modo più politicamente scorretto: quei ragazzi, come tutti gli studenti delle nostre scuole disastrate, non solo della Palestina, di Gaza, di Israele, del Libano e degli Ezbollah non sanno nulla ma non gliene importa nulla: nel loro mondo, nei loro riferimenti culturali, nel sistema generale dei loro interessi e del loro vissuto c’è tutto fuorché  la Gerusalemme contesa, l’anomalia di nazioni e  di stati creati su base religiosa,    la fame di terre dei coloni e lo zampino onnipresente della Cia.  Dietro le quinte la solita canaglia dei centri sociali eterodiretta dal Pd e dietro le cattedre  le menadi dell’estremismo politicamente corretto. Me n’è rimasta in mente – e sullo stomaco – una, che era stata mia collega e, ahimè,  “insegnante” di una delle mie figlie: a lezione invitava gli alunni a  stare alla larga da Mc Donald (allora il nemico era ad ovest) e disertare  Medusa, la multisala  di Berlusconi.  Detto questo resta il fatto che, quale che sia e comunque lo si giudichi il motivo che li spinge, quelli che manifestano sono liberi di farlo  e  se sgarrano vanno contenuti, non presi a colpi di manganello.

Gli idranti della polizia contro il sit-in dei no green pass a Trieste

Ma la reazione dei media, della politica  (non solo della sinistra, che fa il suo mestiere e si appiglia a tutto), perfino del Capo dello Stato  è stata proporzionata alla gravità dei fatti o è andata ben oltre? Non intendo minimizzare le contusioni o qualche abrasione riportate dagli studenti ma non posso fare a meno di chiedermi com’è che quando a Trieste il 18 ottobre di tre anni fa scesero in piazza uomini e donne per difendere il loro diritto al lavoro  contro l’assurdità liberticida delle norme anticovid e si trovarono presi a bastonate vere – non mimate -,  a getti di idranti e gas lacrimogeni da centinaia di scherani in assetto anti sommossa nessuno rifiatò, non ci furono editoriali, articolesse, piagnistei, richieste di commissioni d’inchiesta e di dimissioni del ministro e dal canto suo Mattarella non fece una piega. Qualcosa non quadra e ci andrei piano con la difesa a oltranza e a prescindere delle forze dell’ordine.  Per il Pd ci sono manganellate buone – quando il Pd è al governo – e manganellate cattive – quando è all’opposizione o preme per entrare al governo – ma nessuno, meno che mai i Fratelli d’Italia e i loro complici, sembra accettare il principio che polizia, carabinieri, vigili urbani e guardia di finanza sono al servizio dei cittadini e non del governo in carica.

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Da destra esala un odore mefitico. Premesso che le regole d’ingaggio – vale a dire modalità e livello di contrasto – non le decidono i poliziotti  e che non è semplice risalire la catena di comando, è un fatto che, con l’eccezione di  Salvini, la difesa del ministro in quota Lega è stata assai tiepida e l’Asso Pigliatutto Meloni non ha aperto bocca (forse aveva in serbo il nome giusto per sostituire Piantedosi). Così come dalla parte di FdI e di FI  nessuno ha aperto bocca sul puntuale linciaggio di Vannacci ora che prende corpo la sua candidatura padana alle europee e diventa plausibile il suo ruolo di sparigliatore delle carte del sistema.  A chi fa più  paura Vannacci: alla Schlein o ai compagni di strada di Salvini?

Lo stesso Asso Pigliatutto si è rivelato una carta falsa che ha fatto perdere la Sardegna alla destra. Se fosse questo l’inizio della fine del governo Meloni ci sarebbe da fare sacrifici ai Numi tutelari della patria, soprattutto dopo l’ultimo  colpo assestato al decoro del Paese.  Non contenta  dell’esordio  amerikano alla presidenza del G7 e di aver legato  l’Italia all’Ucraina militarmente ed economicamente  per il prossimo decennio senza un voto del parlamento o un confronto con le opposizioni,  la Meloni è arrivata al punto di farsi rimproverare dall’inqualificabile Zelensky che in Italia ci sono troppi filorussi,  dei quali consegnerà una lista al governo italiano per i provvedimenti del caso.  Non ci sono parole per giudicare questo comportamento: nemmeno la repubblica di San Marino avrebbero tollerato un simile affronto alla propria  sovranità. Da noi ora è tutto possibile e c’è poco da sorprendersi. Alla vigilia delle ultime elezioni politiche proprio su questi Trucioli savonesi avevo scritto che consegnare il governo del Paese alla Meloni e ai suoi sarebbe stata una sciagura: è andata anche peggio del previsto; personalmente sono arrivato  al punto di essere disposto a ingoiare un rospo grosso  come la Schlein pur di vederla tornare da dove è venuta. E tutto per colpa della mancanza di coraggio di uno che dovrebbe passare il resto della sua vita  a battersi il petto e recitare il mea culpa per aver buttato al vento la fiducia che tanti italiani avevano riposto nella sua politica sulla sicurezza e sul contrasto all’invasione.

p.s.

Unico, finora, il Giornalone della buona borghesia si è deciso a dare notizia delle trattative per lo scambio di detenuti che avrebbe ridato la libertà a Navalny. Ma lo fa alla sua maniera, vendendo per buona la bufala che Putin, promotore dell’accordo per riavere il suo uomo finito nelle mani  dei tedeschi, all’ultimo momento ci abbia ripensato e deciso di farlo fuori non sopportando l’idea che Navalny, ormai disinnescato, passeggiasse liberamente per le vie di New York.  Ma hanno preso i lettori per una manica di babbei? se Navalny non è morto di morte naturale  se ne cerchi il mandante da qualche altra parte non certo dentro il Cremlino e l’esecutore nella rete di spie americane e ucraine che dal 2014  in poi hanno riempito la Russia.

Pierfranco Lisorini

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