A proposito di impresentabili

Berlusconi è un uomo eccezionale, nel senso proprio che si stacca dalla normalità, e dalla mediocrità, delle persone comuni. Eccezionale per intelligenza, versatilità, capacità imprenditoriale. Ed è stato anche un leader politico straordinario, capace da solo, senza un apparato di partito che ne creasse l’immagine, di conquistare un consenso plebiscitario – una cosa che, in misura minore va riconosciuta anche a Grillo – che, a differenza di tanti altri masanielli della storia, ha saputo mettere a frutto e gli ha dato modo di affermarsi come uomo di governo e statista di levatura internazionale.

Dinanzi alle emergenze non si è tirato indietro ma è intervenuto prontamente e con efficacia – si ricordi il terremoto dell’Aquila, Napoli sommersa dai rifiuti e Lampedusa di clandestini – e per qualche anno l’Italia ha occupato una posizione centrale sullo scacchiere mondiale.  Aggiungo anche che il suo primo governo può vantare l’unico serio tentativo di riforma della scuola dopo quella varata da Gentile. Una riforma purtroppo abortita, anche perché non sostenuta con la necessaria convinzione e per essere stata gestita dalla modesta politicante che nel suo secondo governo prese il posto di Letizia Moratti. È vero che la politica estera berlusconiana poggiava su fragili basi: il cavaliere poteva contare sul sodalizio con Bush e Blair, non sul peso economico e militare del nostro Paese, tant’è che con le nuove leadership inglese e americana finì per essere travolto dalla crisi libica. Detto questo, pur tenendo conto che il suo partito è drasticamente ridimensionato in parlamento e nel Paese e che la sua personale capacità propositiva è esaurita, e preso atto del fatto che l’uomo pubblico è sopravvissuto a se stesso, quanto meno va riconosciuto che Berlusconi rimane il monumento vivente di una pezzo di storia importante non solo per il nostro Paese.

Berlusconi con Putin

Come tale la sua candidatura al Quirinale è un fatto assolutamente naturale. O, meglio, lo sarebbe se nell’immaginario di una parte significativa della pubblica opinione al posto dell’uomo politico Berlusconi non si fosse sovrapposta la sua caricatura, costruita dai compagni in anni di opposizione stalinista, con le armi della diffamazione, della criminalizzazione, del ridicolo, del gossip, ricorrendo in modo spudorato al braccio giudiziario che lo ha schiacciato con una serie grottesca di procedimenti giudiziari da regime sudamericano, dal giocatore di pallone pagato più di quanto dichiarato alla prostituta straniera  di cui non si era accertata la data di nascita all’evasione fiscale, in un Paese in cui lui era l’unico grande imprenditore privato che non avesse la residenza fiscale all’estero; accuse fumose, fondate su prove e testimonianze sospette, con metodi  che avrebbero potuto colpire chiunque, a partire dai vertici dell’economia, della finanza, delle istituzioni. Al fuoco giudiziario e all’offensiva mediatica i compagni affiancarono un’arma anche più efficace mobilitando tutto il loro apparato e la rete di circoli disseminati sul territorio: Berlusconi è pieno di debiti,

Berlusconi con Bush

Berlusconi non è neppure laureato e poi, in crescendo, è un erotomane, un depravato, un ladro, un mafioso, mandante dei delitti più atroci, è l’incarnazione del male, un maledetto “psiconano”. Già, perché per giornalisti come Travaglio Berlusconi è colpevole anche di essere basso di statura: un nano. Un delirio, insomma, che purtroppo ha ottenuto il suo effetto tant’è che, per tornare alla questione del Colle, da tante parti si sente dire: aver proposto Berlusconi è stata una provocazione, Berlusconi è impresentabile, Berlusconi ohibò.  Del resto, a distanza di tanti anni, si guarda ancora al settennato di Leone con malcelato quanto ingiustificato disprezzo perché anche nel suo caso le calunnie la diffamazione e l’arma del ridicolo hanno lasciato il segno. Eppure Leone svolse il suo compito in modo ineccepibile e dovrebbe essere di esempio per chiunque dovesse rivestire lo stesso ruolo. E quando Cossiga, che i compagni pensavano di avere in pugno, mostrò di non essere disposto ad assecondarli,  non avendo avuto tempo per predisporre di meglio si cominciò a insinuare che avesse problemi seri di equilibrio mentale.

Berlusconi con Blair

Questa è la sinistra, facciamocene una ragione. Non ha idee, men che mai ideali, ma rimane una formidabile macchina di fango e quando colpisce è molto difficile toglierselo di dosso.
Per quel nulla che conta la mia opinione, ritengo legittima l’aspirazione del Cavaliere a concludere la sua vicenda umana e politica col più alto dei riconoscimenti ma ritengo altrettanto legittimo negarglielo per il ricordo ancora vivo del tradimento nei confronti di Gheddafi, per essere stato complice dell’aggressione all’Iraq, per il suo troppo forte legame con i popolari europei e per l’eccessivo atlantismo e, infine, per il suo bulimico Ego, indenne nonostante gli acciacchi e l’anagrafe, che mal si concilia con la funzione notarile del Capo dello Stato. Ma le sue disavventure giudiziarie o  l’accanimento contro di lui di tanti miserabili nanerottoli (quelli sì nani, morali e intellettivi) sono invece altrettanti titoli di merito. E non si parli di “impresentabilità”. Le istituzioni repubblicane sono state affidate a un vecchio comunista che aveva plaudito ai carri armati sovietici quando schiacciavano la sollevazione ungherese; dopo di lui l’attuale e fortunatamente ormai in scadenza supremo custode dell’ordinamento giudiziario oltre che della costituzione è un signore che  non si è accorto del marasma in cui versa la giustizia, come non si era accorto che il centrodestra era uscito dalle elezioni politiche come forza politica maggioritaria e come tale  destinataria dell’incarico per tentare di  formare un governo, né si è accorto che dopo l’estromissione della Lega l’unica strada democraticamente percorribile era lo scioglimento delle Camere.

Con questi precedenti  si ha il coraggio di definire “impresentabile” il vecchio leader del centrodestra e invocare un Mattarella bis (l’appetito, si dice, vien mangiando:  c’era stato il Napolitano bis, un’altra macchia indelebile, quella sì, non le olgettine, sul doppiopetto di Silvio che lo aveva consentito). Surreale poi l’aver anche solo pensato (Meloni, Meloni…) alla eventualità dell’ascesa di Draghi al Colle, che sarebbe così divenuto il vero e unico centro politico del Paese, con un sovrano per grazia del dio denaro e volontà delle cancellerie europee.  Grottesco poi, aver inserito, ovviamente da sinistra,  nel novero dei papabili una funzionaria dei servizi segreti. Nemmeno in Bolivia poteva accadere.  Fra tante elucubrazioni di giornalisti e politologi non ce n’è stato uno che abbia sommessamente ricordato che l’Italia è una repubblica parlamentare e che la sovranità popolare si esercita attraverso il parlamento, al quale solo deve render conto il capo del governo. Chiunque sia, il capo dello Stato è il garante di questo ordinamento costituzionale; se è vero, com’è vero, che qualche inquilino del Colle ha ritenuto di poter giocare la propria partita con velleità presidenzialistiche bisognerà semmai assicurarsi che ciò non si ripeta.

Il Quirinale

Anche per questo Berlusconi non sarebbe stato l’uomo giusto per il Quirinale. In un’altra stagione avrebbe potuto essere un buon presidente di una repubblica presidenziale, se gli elettori lo avessero votato, ma con la sua storia politica la sua personalità e quel che resta del suo carisma una funzione notarile non gli si addice, e questo a prescindere  dal bilancio che ognuno è libero di fare della sua attività di statista.  Chiusa la parentesi del Quirinale nell’unico modo nel quale si dovrà chiudere, con un signore o una signora di grande prestigio ma di ancor maggiore discrezione e soprattutto non al guinzaglio dell’Europa o della sinistra (che è poi la stessa cosa) ci si avvia verso una scadenza ben più importante. L’Italia sta per essere sommersa da una valanga di soldi che rischia di  distruggerla moralmente ed economicamente. C’è solo da augurarsi che chi l’ha sollecitata si metta da parte, che il Paese possa arrivare non troppo ammaccato alla fine della legislatura e che dalle urne esca la possibilità di un governo e di un leader politico in grado di non farsi travolgere da quella valanga. Se ripresa ci sarà, sarà non grazie ma nonostante i soldi dell’Europa e dovrà passare anzitutto dal recupero della dignità e della sovranità nazionali. Che non sono bandiere al vento, fanfare e mani sul petto ma impegno, rigore, spirito di servizio, rispetto per il cittadino e autentica volontà di tutelare i beni primari della formazione della salute e dell’ambiente.

Pierfranco Lisorini

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