Il pessimismo non serve a niente

Il pessimismo cosmico, il disfattismo sistematico
 e il vittimismo non servono a niente
Eppur si smuove…
 Eppur ci son segnali…

Il pessimismo cosmico, il disfattismo sistematico e il vittimismo non servono a niente
Eppur si smuove…
 Eppur ci son segnali…

Di solito sono una pessimista, di quelli che, altro che bicchiere mezzo vuoto: vedono tutta la bottiglia andata in aceto. 

Però sono anche una bastian contrario d.o.c. E allora, quando tutto intorno sento voci di scoramento, è la volta che cerco disperatamente indizi di segno opposto.

Insomma, stamattina, per dirne una, entro in un negozio a discussione iniziata: una povera cliente che aveva visto qualche Report, e cercava di trasmettere le sue conoscenze, veniva subissata dai titolari (con buona pace de “il cliente ha sempre ragione”) di considerazioni di un qualunquismo, un populismo, una rozzezza da antologia. Con veemenza e quasi con violenza.

E’ tipico, quando siamo frustrati dalla situazione e non riusciamo a individuarne bene la causa, prendercela con bersagli a caso. Magari con chi è vittima come noi. O persino con chi, forse, quella causa vorrebbe spiegarcela. Ma viene percepito come “altro”, “diverso” rispetto al nostro reale e vissuto.

Dopo un inutile tentativo di intervento in soccorso, subissata a mia volta, servita, esco dal negozio lasciando la povera signora soccombente.

 

E rifletto su quanto sento ripetere in continuazione, a voce o sui blog, da chi sulla base appunto di discorsi da bar trae conclusioni apocalittiche e definitive: noi italiani siamo così, ci meritiamo tutto, non c’è niente da fare, la propaganda e l’ignoranza sono troppo diffuse, non capiamo, non vogliamo sapere, siamo menefreghisti, siamo cialtroni, deleghiamo, siamo autolesionisti, non ci informiamo, ci ho provato ma non mi ascoltano…

Eccetera.

Arrivo in spiaggia. Due signore sui lettini in riva, età verso i sessanta. Una tracagnotta, costume intero, berrettino, accento milanese… la tipica “sciura”.

 

Maldisposta e di pessimo umore, mi attendo un prosieguo dei discorsi di prima o anche peggio.

Invece sento “in Germania sono avanti…”

Mi metto a origliare. Parlava di pale eoliche, del fotovoltaico che però installato a terra occupa troppo territorio e non è così auspicabile, dell’energia ricavata dalle maree…

Insomma, alla faccia del pregiudizio.

 

E allora di colpo ho capito, ho capito che il pessimismo cosmico, il disfattismo sistematico e il vittimismo non servono a niente. Anche fosse così, anche non ci fosse niente da fare, constatarlo e arrendersi non servirebbe a nessuno, neppure a noi stessi e alla nostra salute.

 

Invece, continuando nonostante tutto, nonostante ogni evidenza, a volerci credere, i nostri sforzi potrebbero ottenere un risultato magari infinitesimo, ma diverso da zero.

 

E tanti piccoli, piccolissimi decimali, ammucchiati, fanno gli interi.

Meglio dire, almeno ci ho provato e ci provo ancora, che ammettere: non c’è niente da fare.

C’è sempre un lato positivo. E il lato positivo del mio episodio, per esempio, era che ci fosse una signora informata che tentava di far proseliti in pescheria.

Poco importa che le sia andata male. Intanto altri clienti ascoltavano. Intanto la signora è lì, è lei, è viva, ha un cervello pensante e continuerà, come un virus, ad aggirarsi tra gli altri e testimoniare.

Gutta cavat lapidem. La goccia scava la pietra, dicevano i latini.

I segnali a volte sono impercettibili, difficili da rilevare, (anche perché è molto più semplice cogliere quelli negativi, evidenti) eppure tanti e diffusi. Basterebbe metterli insieme

Molti sono insiti nella rete stessa, che si muove come un fiume sotterraneo disperso in mille rivoli, che raccoglie e convoglia, finché erompe in superficie, possente e del tutto inaspettato. Si muove sotto di noi e non lo sentiamo, crediamo sia tutto fermo.

E’ un po’ come per un bambino: chi lo vede tutti i giorni non si accorge del suo crescere, solo l’estraneo che lo incontra a distanza di mesi riesce a percepire il cambiamento.

Così, gli avvenimenti anche importanti, i segnali positivi appunto, suscitano lì per lì stupore e considerazioni, ma poi tendiamo a dimenticarcene. Non mettiamo mai tutto insieme. E certo i media tradizionali non aiutano a farlo, contribuendo a una veloce sepoltura dei fatti “sgraditi” e a non enfatizzarne mai le connessioni scomode al potere.

Però questo non vuol dire che l’effetto si perda, che non siano mai avvenuti. Continuano a lavorare, come quel fiume tornato a scorrere sottoterra, ma più carico e pronto a sgorgare ancora.

Ora, in molti campi la tensione ha raggiunto il culmine, si ha una sensazione di immobilità e attesa. Se questa si protrae troppo, inalterata, a fronte di un accumulo frenetico di eventi negativi, se ne trae come un’impressione di indifferenza, impotenza, ineluttabilità. Ci si scoraggia, pensando sia tutto inutile.

In realtà, un conto è l’indifferenza dei distratti, dei superficiali, dei disinformati. Un conto è la “non-azione”, dovuta magari a mancanza di idee, di obiettivi e coordinamento, ma comunque in presenza di isole diffuse di consapevolezza.

Ha ragione chi, a proposito del crescere dell’astensionismo elettorale, prossimo al 40% e più, parla di “partito del non voto” di maggioranza nel paese.

Perché se esistono forme di astensionismo negativo e menefreghista, una buona parte di chi non vota adesso il suo parere lo esprime eccome. Praticamente nel “sondaggio” elettorale clicca sul bottone: “nessuno di questi”.

Dunque, non ha fiducia in alcuna delle persone o delle proposte, ma rimane comunque in vigile attesa di una qualsiasi alternativa valida.

La situazione in cui siamo è effettivamente disperata, dal punto di vista economico, dell’inguardabilità politica, del tessuto del Paese. Ma è in un equilibrio assolutamente instabile, e da un momento all’altro può precipitare nel baratro o offrirci l’opportunità di ripartire.

Sta a noi. Io ho molto più paura della stagnazione, della rassegnazione e dell’inazione, che della lotta e del cambiamento.

Interpretiamo i segnali: non ci sarebbe tutta questa frenesia di bavagli e lacciuoli, se non per la sensazione che tutto stia sfuggendo di mano. Non ci sarebbero così tanti colpi di mano in atto, se non per un agitarsi convulso di un sistema in bilico.

Sta a noi. I colpi di mano hanno successo se incontrano passività. E a quel punto la situazione è davvero drammatica e irreversibile. Ma al tempo stesso, non c’è momento migliore in cui azioni ben dirette possano lasciare il segno.

Veniamo alla realtà locale, al nostro particulare.

Sempre più spesso, le notizie sulle nomine di amministratori e funzionari di partito, sui candidati proposti, o gli interventi squisitamente di dibattito politico, sui siti dei giornali incontrano commenti zero.

E’ significativo. Siamo oltre gli insulti, lo scetticismo, l’antipolitica. Queste persone, che si appoggiano ai giornali per fare grancassa, incontrano indifferenza.Come se dopotutto non contassero poi molto. La si percepisce, quest’aura di assenza che circonda i politici locali, è quasi palpabile. Mentre su altri temi più sentiti, e non solo i soliti come i fatti di cronaca, il dibattito è vivace e spesso informato.

Alle ultime elezioni certi candidati proposti e sponsorizzati non hanno sfondato affatto. Magari sono stati preferiti degli outsider.

Né decolla il dibattito sulle future elezioni comunali savonesi, per esempio. Come se dopotutto fosse una faccenda loro che non importa a nessuno.

Però attenzione: abbiamo segnali. Certi progetti che un tempo sarebbero andati sul velluto incontrano resistenze e subiscono rallentamenti. Lo so, anche la crisi economica e la mancanza di fondi hanno il loro peso, ma un pochino conta anche la nuova mobilitazione cittadina.

Certi amministratori si lasciano andare a sparate, a dichiarazioni di segno diverso, impensabili fino a poco tempo fa, che sanno sì di schermaglie politiche, ma anche di metodi per sondare il terreno o per accattivarsi le simpatie degli elettori.

Anche con repentine conversioni.

Sì, va be’, è sempre successo. Sì, va be’, è strumentale e basta.

Eppure non tutto è uguale al passato, si percepiscono tensioni e attenzioni diverse.

Non hanno, insomma, tutte le carte del gioco in mano loro. E cominciano a intuirlo.

Eccoci qui, al punto cruciale della tensione: questa distanza, questa indifferenza e sfiducia, questo astensionismo, possono far sì che i soliti nomi, eletti da “quattro gatti”, continuino i loro giochi con ulteriore e accresciuta tranquillità.

Ma se noi lo vorremo, se non diremo le solite cose, tanto fanno quello che vogliono, tanto è inutile, ma piuttosto daremo fiducia ai segnali e ci appoggeremo ad essi, forse qualche sorpresina potremmo ancora causarla.

Basta che ci convinciamo, perché è così, che dalle ultime elezioni comunali le cose sono cambiate eccome, una vera rivoluzione del modo di comunicare, informare e informarsi, e intendere le battaglie cittadine, la vita pubblica, la collaborazione.

Siamo come quel fiume, insomma. Sottoterra, ma esiste. Esistiamo. Dobbiamo solo raccogliere i rivoli e venire in superficie.

  Milena Debenedetti  

Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi

 

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