Diritti e rovesci. Riflessioni politicamente scorrette

Pd e soci sono tornati all’attacco con lo ius soli, questa volta ribattezzato ius scholae tanto per renderlo più esteso e più immediatamente applicabile. Hai frequentato la scuola in Italia, bene, sei italiano. Poi magari per la proprietà transitiva se sei italiano tu sarà italiana anche tua madre e ovviamente sarà italiano anche tuo padre e, perché no, saranno italiani anche il padre e la madre di tuo padre e di tua madre e, in forza del medesimo diritto, anche i loro figli e i figli dei loro figli.

Del resto gli italiani, soprattutto fra maschi e femmine, sono restii a contrarre matrimonio e, una volta sposati, si guardano bene dal riprodursi col pretesto delle difficoltà economiche alle quali andrebbero incontro. Un problema che non tocca rom e stranieri, regolari o clandestini che siano, soprattutto se musulmani, impegnati a conquistare l’Europa col ventre delle loro donne: per loro un figlio in più significa un maggiore sostegno e una migliore tutela da parte delle istituzioni.
E le anime belle all’ombra del Pd gioiscono perché grazie a loro la popolazione italiana continuerà a crescere – magari un po’ più scurina – e notoriamente l’aumento demografico, vale a dire delle bocche da sfamare, è un segno di benessere. Forse pensano che il Paese abbia un bisogno disperato di personale ai semafori, di postazioni fisse davanti ai negozi, di venditori di merce contraffatta per non dire di addetti/e alle transazioni sessuali e al commercio di sostanze non reperibili nelle farmacie. In realtà l’unico motivo che giustifichi qualche preoccupazione per il calo delle nascite è il raffronto con l’aumento della popolazione mondiale, che è un vero disastro e dovrebbe mobilitare quanti hanno a cuore il destino del pianeta molto più del gas serra, della deforestazione o di tutte le fonti di inquinamento messe insieme. Per evitare che il mondo diventi un formicaio destinato a collassare il rimedio non è inseguire l’esplosione demografica ma piuttosto disinnescarla con tutti i mezzi.

E il primo degli strumenti a disposizione dei Paesi a bassa natalità è quello di subordinare aiuti economici, sostegno politico e interventi umanitari a un rigido controllo delle nascite. E si ricordi: non è l’ampiezza del territorio o il numero degli abitanti che fa grande una Nazione ma la qualità della vita, il livello delle conoscenze e la capacità di liberare risorse spirituali, dall’arte alla musica alla letteratura.

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Arte e letteratura che sono patrimonio di tutta l’umanità, come andrebbe ricordato agli ucraini che cancellano dalle strade, dalle piazze e dagli edifici pubblici i nomi di Puskin e Lermontov con la benevola accondiscendenza dei loro amici occidentali. Ma queste per i compagni sono quisquilie di nessun interesse. Quello che conta, quello di cui vale la pena parlare, è il compiacimento del sindaco di Milano per il successo del Gay Pride, la sua celebrazione del matrimonio fra “congeneri” (nel senso di persone dello stesso genere), l’evento epocale nella splendida cornice del castello di Montalcino dove si è ufficializzata l’unione fra la cantante e la signora che ha avuto il privilegio di salire sul talamo del Cavaliere. Sono queste le cose che danno lustro all’Italia, finalmente in linea col mondo civile. E l’uomo qualunque, schiacciato sotto una pressa come ai tempi di Guglielmo Giannini, non sa dove sbattere la testa: da una parte questi mentecatti che mettono in piazza e sbandierano le loro private inclinazioni, dall’altra la pasionaria che rivendica la centralità della famiglia (trascurando per un momento dio e la patria) come se tutti fossero obbligati al sacro congiungimento per la continuità della specie: ma la libertà di farsi i fatti propri dov’è finita? e le sacre, quelle sì, barriere del privato che fine hanno fatto? A dio piacendo ci siamo liberati della categoria del peccato e dei custodi in tonaca nera della moralità pubblica e privata: non è che da parti opposte compagni e fascistelli una volta cacciata dalla porta la vogliono far rientrare dalla finestra?
Ma il partito dei diritti (degli altri) non si limita a inalberare la bandiera LGBT (come se ci dovesse interessare quel che succede sotto le lenzuola del vicino o della vicina o si dovesse annotare sulla carta di identità il proprio orientamento sessuale) e a sponsorizzare le carnevalate di esibizionisti che farebbero inorridire i veri trasgressori del passato, non si limita a sognare voli charter fra l’Africa sub sahariana e l’Italia col miraggio  di un sicuro bacino elettorale di “nuovi italiani”; pensoso del benessere del  popolo alle prese col caro bollette, il rischio di un inverno gelido dopo l’estate bollente e con la prospettiva incombente di una dieta forzata, punta sul fumo di massa, erba per tutti e riconversione di un’agricoltura sofferente alla coltura  estensiva della cannabis. Del resto sulle Ande masticando foglie di coca gli indigeni boliviani e peruviani facevano tranquillamente a meno di mangiare. Fumate e non disturbate il manovratore e se il fumo non vi basta più scopriremo che in fondo l’eroina aiuta a sognare e la cocaina rende più sicuri di sé: un passo alla volta. Ma non c’è il rischio di un generale rincitrullimento? Beh, l’importante è star bene.E, a proposito di star bene, se uno sta male – dicono i compagni – perché sprecare risorse per cercare di alleviargli la sofferenza? Una bella morte è meglio di una vita così e così. Per il momento pensiamo a procurarla a chi la chiede, poi, come già accade negli States ci affideremo alla volontà del  coniuge e  dei parenti ma alla fine la decisione spetterà a un’apposita commissione  che terrà in debito conto il peso sociale dell’anziano, del disabile, del malato cronico.

Non vorrei essere frainteso: della propria vita ognuno è libero di fare quello che vuole e ci mancherebbe che si dovesse sanzionare chi vivendola come un peso se la toglie o nella discrezione pudica e sofferta della propria intimità chiede e ottiene di essere aiutato perché fisicamente non in grado di farlo da sé. Ma  l’accanimento terapeutico, soprattutto se non richiesto dai familiari, è una leggenda; nei reparti di cure palliative lo scopo non è quello di prolungare la vita ma di rendere meno doloroso il trapasso. Il problema, i radicali possono dire quello che vogliono, non sussiste e istituzionalizzare o spettacolizzare un evento così assolutamente privato come il fine vita lo trovo uno sconcio. La spina, viene quotidianamente staccata senza clamore e con la coscienza che si tratta di  un esito inevitabile.

Questi per il partito che si definiva “della classe operaia” sono i diritti. Che, in una società organizzata e funzionante, i primi e autentici da tutelare siano quello alla sicurezza – e alla signora che occupa l’ufficio del Viminale dovrebbero fischiare le orecchie – alla proprietà, alle cure mediche, alla casa, al sostentamento i nostri politici non lo sanno? Non lo sanno i compagni ma non lo sanno nemmeno quanti con disinvoltura criticano e vorrebbero cancellare il reddito di cittadinanza. Un provvedimento nato male e applicato peggio ma che corrisponde ad un obbligo dello Stato nei confronti dei “propri” cittadini, e non in forza di un imperativo morale ma come conseguenza del patto costitutivo dello Stato stesso.  Nessuno deve essere abbandonato, quali che siano i motivi che l’hanno sospinto ai margini. Se  poi per cattiva organizzazione, insipienza, malafede il sussidio statale è finito nelle tasche di italiani che lo usano per pagarsi la palestra o le vacanze – che non sono un diritto – o per fare il pieno di carburante o di stranieri, che se non hanno mezzi per mantenersi o un contratto di lavoro in Italia semplicemente non ci dovrebbero stare e, se ci sono, dovrebbero essere rispediti da dove sono venuti, questo non inficia il sacrosanto principio che aveva ispirato il provvedimento.
Insomma: è sicuramente una vergogna che i compagni in un momento come questo vengano fuori  con la cittadinanza ai figli dei cosiddetti immigrati, che vengono scolarizzati, sostenuti, curati come e più dei loro coetanei italiani – quando per i minori il problema dei diritti politici non si pone – ed è una vergogna che rispolverino provocatoriamente il vecchio obbiettivo pannelliano della canna libera. Ma che Salvini, con gli effetti disastrosi delle sanzioni alla Russia, la spada che pende sull’economia e sulla società italiane, il rischio che l’Ue asservita agli Stati uniti ci trascini in una catastrofe, minacci  le barricate per la cannabis o lo ius scholae è sconcertante. Ci vorrebbe Astolfo che gli andasse a recuperare il cervello sulla luna, semmai ce l’ha avuto.

Pierfranco Lisorini

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