DEMOCRAZIA

INVITO A TORNARE A RIFLETTERE
SUL TEMA DELLA DEMOCRAZIA

INVITO A TORNARE A RIFLETTERE
 SUL TEMA DELLA DEMOCRAZIA
 
I contenuti presenti in questo modesto intervento sono stati raccolti allo scopo di stimolare, per quanto possibile, una ripresa del confronto sul piano dei temi fondamentali dell’agire politico valutato anche sotto l’aspetto dei riferimenti teorici.

 

Una ripresa di confronto che appare necessaria ed urgente, per la quale dovrebbe essere approntate sedi opportune: sotto questo aspetto se dalla lettura del testo a qualcuno delle poche o dei pochi interlocutrici/interlocutori venisse in mente di sviluppare una iniziativa conseguente di discussione e di elaborazione ritengo sarebbe stato raggiunto un primo, incoraggiante, risultato.

 Il tema scelto è quella democrazia: un tema che è stato sottoposto, nel corso degli ultimi anni, a svariati interventi sia in generale, sia nello specifico del “caso Italiano” (cui più propriamente sto cercando di riferirmi) e che può essere affrontato da diversi angoli d’attacco: dal tema del governo, a quello delle istituzioni rappresentative, dei corpi intermedi, della partecipazione popolare.

Accennavo al “caso italiano” ed il dato emergente, sotto questo aspetto, appare essere quello del contrasto evidente, sul piano delle forme dell’agire democratico, tra la Costituzione formale, quella del ’48, ed una sorta di “Costituzione materiale” codificatasi attraverso la prassi e che oggi tende ad imporsi nella pratica politica: la stessa dizione usuale di “Seconda Repubblica” (se non di “Terza”) appare ormai impropriamente acquisita non soltanto nella sbrigatività del linguaggio giornalistico.

La sinistra italiana chiamata a rinnovare le sue forme di struttura politica, i contenuti delle sue proposte, il linguaggio da rivolgere alla società è stata sottoposta, da questo punto di vista, ad un profondo restyling del proprio agire “storico”: una ristrutturazione nell’agire politico e nelle espressioni immediate che non è stato , però, ancora codificato in un “corpus” teorico ed in una, nuova, espressione organizzativa.

Si oscilla così tra “vocazione maggioritaria” legandosi soltanto all’occasionalità di una legge elettorale fatta per “strangolare” interlocutori e/o concorrenti di una certa taglia e tra “primarie”, sorte in una dimensione del tutto anomala rispetto ai modelli correnti e che qualcuno cerca di trasformare nell’esaltazione finale di un pericoloso modello presidenzialista di “personalizzazione della politica”.

Entro dunque nel merito, riferendomi prima di tutto ad un lungo articolo, apparso qualche giorno fa sulle colonne del “Manifesto” a firma di Sandro Chignola, allo scopo di sviluppare una analisi attorno ai contenuti di un volume curato da Carlo Altini :” Democrazia. Storia e teoria di una esperienza filosofica”, recentemente edito da Il Mulino.

Sandro Chigliola

 Riprendo da quell’articolo una affermazione che riassumo, circa la necessità – appunto – di tornare a riflettere sul concetto di democrazia, nel senso di sondarne al meglio la gestione in tutte le su articolazioni, vagliandola in rapporto a quanto nella contemporaneità proprio la democrazia tende a porre in crisi i propri esiti incrociandosi sempre più con la vischiosità degli interessi, la trasformazione dei partiti in macchine oligarchiche di organizzazione e gestione del consenso e del potere, l’inceppo dei meccanismi di partecipazione, la forbice che si spalanca sempre più tra libertà ed eguaglianza.

Torno allora indietro nel tempo, partendo dall’affermarsi nel Secolo XIX del concetto di democrazia  inteso per indicare il radicamento sociale del processo di eguaglianza.

Nella seconda parte del ‘900, ormai garantito in Occidente, il principio costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e come sostrato dei diritti fondamentali, si tentò di passare al concetto di “democrazia sociale” (quello che ispira nell’insieme proprio la Costituzione italiana), facendo diventare d’uso comune il senso di un collegamento tra i movimenti della società e la democrazia, incrociandosi – essenzialmente – con le aspettative del movimento operaio.

In questo senso il concetto di democrazia è stato declinato in senso sociale ed esteso come modello di concreta organizzazione costituzionale.

La democrazia ha così configurato definitivamente l’orizzonte materiale (riconoscimento dei diritti) e formale (quadro delle regole) della modernità politica.

Si è così creato un intreccio tra l’espressione delle regole del gioco (attraverso “universali” procedurali generici) ed una interpretazione espressiva del consenso attraverso il dialogo.

Tutto ciò, appare oggi, in forte difficoltà e sotto attacco con il rischio di un pesante arretramento proprio sul delicatissimo terreno dell’esercizio del potere, ridotto a forme meramente populistiche.

Questa è la ragione per la quale mi permetto di invitare alla ripresa di una riflessione, sottoponendo, in chiusura, all’attenzione di tutti un solo punto.

Ritengo che la strada da percorrere rimanga quella (sicuramente esercitata dai grandi partiti di massa in Occidente, e nella fattispecie, in Italia, in particolare di matrice socialista, socialdemocratica e comunista) di completare, su base empirica, il modello dell’elitismo democratico, tornando a sostenere come la democrazia possa essere salvaguardata dalla pluralità, dalla varietà, dalla permeabilità e dalla ampiezza delle elites.

E’ necessario tornare, a mio modesto avviso, ai valori centrali di questo modo di intendere la democrazia che coincidono con la libertà, la stabilità e la legittimità conseguite per mezzo di un sistema elettorale che consenta le piena espressione del pluralismo, mentre la partecipazione diretta deve essere considerata un valore di grande importanza, ma sicuramente periferico, massimizzando l’eguaglianza attraverso una reciproca compensazione e neutralizzazione tra le diseguaglianze effettive.

Savona, 8 Giugno 2011                          Franco Astengo                 

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