Waterfront for dummies- 1. Ovvero….

Waterfront for dummies- 1
Ovvero, ecco a voi l’urbanistica masochista

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Ovvero, ecco a voi l’urbanistica masochista

 Ebbene sì, a volte è difficile anche solo trovare le parole, oppure cercare di non ripetersi fino alla monotonia. Ma gli ultimi incontri sulla presentazione di progetti sono stati davvero duri, una sofferenza.

Sentendomi in crisi, ho consultato gli spiriti di Leopold Von Sacher-Masoch e del Marchese De Sade, ed entrambi mi hanno confermato che sarebbero orgogliosi di come gli amministratori savonesi applicano le loro teorie all’urbanistica. Altro che lattice, stivaloni e frustino.

Noi ci facciamo del male direttamente coi palazzi. Non si lascia nulla di intentato, sperimentando le più raffinate tecniche di vessazione. Un Comune di sottomessi a fronte di speculatori- dominatori.

E che novità c’è, mi direte: non hanno forse proceduto così, le precedenti maggioranze, al servizio dei famosi poteri forti, fino a tombare la città? Sì, ma si può anche peggiorare, per tempi modi e metodi.  Si possono inscenare aperture a parole che in realtà peggiorano le cose, incentivano solo la frustrazione e lo sgomento, aggiungendo raffinate sofferenze al già desolante quadro complessivo.


Waterfront di Levante

L’altra settimana abbiamo avuto un incontro pubblico alla Sibilla su Margonara e una Commissione sui Solimano: un colpo a ponente e uno a levante, sul fronte mare.  In entrambi i casi, si vede il Comune abdicare al proprio ruolo di programmatore, pianificatore di scenari più vasti, mediatore di esigenze ma soprattutto difensore del pubblico, per diventare vetrina espositiva e propagandistica di progetti privati.  Dei peggiori, più devastanti e obsoleti progetti privati, oserei dire. Un po’ come già accaduto per le villette della Romana.

 

Nel caso Margonara, poi, si va oltre: l’abbozzo di masterplan dello studio 5+1, lo stesso coinvolto anche per il Ponente, pare un tentativo di suggerire nuovi modi non ancora immaginati da Gambardella per farci ulteriormente del male.

Viene quasi da rimpiangere i precedenti amministratori: al danno qui si aggiungono le beffe.

Un Di Tullio arrivava in Commissione con la variante scodellata da approvare, dopo trattative con le sinistre in maggioranza per essere sicuri che passasse, e organizzava al massimo qualche incontro con la città per mostrare il regalino e contrattare contentini.

Qui, invece, si chiamano addirittura i progettisti del privato a presentare alternative una più disastrosa dell’altra, e ci si sente pure dire: però qualcosa dovete decidere, eh… Qualcosa dovete proporre. 

E che si deve proporre, quando la scelta è fra il cappio, il veleno o la sedia elettrica?  Se uno timidamente prova a evitare il capestro, si sente dire: eh, ma guarda che se vuole il boia ti fa fuori comunque, ne ha tutto il diritto. Noi stiamo cercando soluzioni per venirti incontro.


Peluffo (5+1) e Amoretti (Ance) presentano il waterfront di Levante

La considerazione di base, il reale o presunto diritto acquisito per stoppare ogni richiesta di alternativa VERA, è quello che falsa dalle fondamenta qualsiasi discorso possibile.

Il copione è sempre quello vecchio e stantio di ambientalisti mugugnoni bastian contrari che propugnano il degrado, contro propositivi, realisti fautori dello sviluppo e della riqualificazione urbana.

E se qualcuno prova appena a uscire dalla trappola di questo stucchevole quadretto, a reinventarsi una parte diversa, che parli di futuro, di esigenze autentiche, di scenari proiettati in avanti e non miopi e fermi al passato, se uno appena appena prova a intavolare discorsi basati su evidenze concrete ed economiche, sul fallimento di una certa visione dello sviluppo basata su residenziale e commerciale ipertrofico, viene ignorato.

Neppure i dati concreti, vengono minimamente presi in considerazione: lo sfitto, il vuoto, l’invenduto in pancia alle banche, le serrande abbassate, i centri commerciali in procinto di cannibalizzarsi dopo aver annientato il piccolo commercio, e i famosi oneri di urbanizzazione sventolati come contropartita che molto spesso, troppo spesso, si rivelano un bluff o passano in cavalleria o sono al servizio dell’opera stessa.

Persino la famosa crisi dell’edilizia: Amoretti di Ance sponsorizza la cementificazione di Margonara  come soluzione, (e sui quotidiani spuntano articoli ad hoc con dati spaventosi sul calo di imprese  e addetti), l’associazione paga addirittura di tasca sua il nuovo abbozzo di masterplan, quando è del tutto evidente che se dopo un decennio di cementificazione selvaggia l’edilizia è in crisi più che mai, vuol dire che continuare a drogare un mercato asfittico è tutt’altro che una soluzione, vuol dire che si va avanti di imprese esterne e appalti e subappalti al ribasso,  mentre l’impresa locale e virtuosa, che avrebbe bisogno di ben altro, muore.

Che la Sindaco in campagna elettorale dicesse il contrario e parlasse di fermare il consumo di suolo, è dettaglio irrilevante: serviva solo per prendersi, al ballottaggio, i voti, sbandierando il programma dei famosi grillinisenzaunprogramma.

Questo è un altro aspetto del dramma: proprio perché manca una visione ferma, ampia e positiva del quadro generale da parte del Comune, vuoto nel quale si inseriscono di prepotenza gli interessi privati a dominare la scena, si attua la tattica di presentare gli scempi futuri un pezzettino alla volta, anche per non evidenziare eventuali ulteriori concessioni, rendendo meno immediato sommarle fra loro, anche per non capire quanto mostruose siano.

Così quando osservavamo il nuovo Famila, sullo sfondo si notavano grigie piramidi sul bagnasciuga. Chissà, forse un mausoleo o un nuovo asilo? Altro progetto, ci hanno detto.


Quando si parla di Margonara, volutamente si accenna soltanto al vicino complesso S. Giacomo e agli interessi in ballo in quell’area, che di sicuro non si accontenteranno di ristrutturare.  Presentando i Solimano, si fa capire che esiste una qualche correlazione con villa Zanelli priva di parcheggi.  Ma ci si ferma lì.

Eccetera.

Il che è in perfetta continuità col passato, ma sempre un gradino più giù nella scala del peggioramento. Così come in continuità, ma accelerando fin quasi al parossismo, è questa deriva masochista.

Spiego meglio: non è che la crisi non si senta. Il privato stesso inizia ad avere qualche dubbio sui vantaggi concreti dei suoi megaprogetti, e riluttanza a realizzarli.

Questa potrebbe essere un’arma in più per il Comune, per non dare per scontati tutti i permessi edilizi, rivedere il PUC ed eventualmente per ritorcere l’arma del degrado contro chi la usa.

Non vuoi o non puoi costruire ora? Bene, ti imponiamo di mantenere comunque il decoro sulle tue proprietà e metterle in sicurezza. E da qui si ricomincia a contrattare.

Il PUC non è scolpito nella pietra. Ormai nella vulgata generale si contrabbanda che un diritto a costruire basato sul piano regolatore è già praticamente permesso acquisito, che non ci si può far niente, e gli oneri sono spiccioli. Allora le salvifiche e quasi inevitabili varianti consentirebbero al Comune di ottenere almeno qualcosa, per questo occorre concederle.

Una versione miope e scorretta. In comuni dove ci si prende le proprie responsabilità, progetti obsoleti sono stati fermati e bocciati, e il Tar ha dato sempre ragione contro i ricorsi dei costruttori.

E invece no. Parte la caccia frenetica alle ulteriori concessioni che il Comune può fare, per rendere appetibile il progetto, per sgombrare il campo dagli ostacoli, per promettere varianti e ulteriori guadagni.

In continuità, certo, perché è un po’ la strada su cui si era mosso Di Tullio con il Crescent 2, a fronte di un costruttore dubbioso, e su cui si stava muovendo anche per il lungomare di ponente.

Ma con ulteriori accelerate e concessioni.

Loro lo chiamano efficienza. Lo presentano come sveltire le pratiche. In effetti, anche nei campi di sterminio predominava l’efficienza. E devastare è senz’altro più facile e sbrigativo e offre più possibilità di lucro immediato, rimandando al futuro i danni, rispetto a preservare, risistemare, migliorare.

Nelle prossime puntate presenterò un breve riassunto, sfrondato dei fiocchetti e dei lustrini con cui compare sui giornali, della situazione lungomare. Che chiamano waterfront perché fa più figo. Anche perché i fiocchetti e lustrini, si sa, sono “immagini di suggestione che hanno solo lo scopo di presentare il prodotto”.  Non è quello che ci vendono veramente, dentro la scatola. E che ci causa così tanto mal di pancia, dopo averlo sgranocchiato riluttanti.

 Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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