Venti di guerra fuori stagione. Quando la democrazia partorisce mostri

È noto a tutti che il costo delle bollette, del carburante e, di conseguenza, di tutto ciò che acquistiamo è funzione diretta della capacità del Paese di produrre energia e/o di rifornirsene. Tolta la quota irrisoria delle fonti ecocompatibili e chiusa la parentesi del carbone rimangono gas e petrolio nonché il surplus delle centrali nucleari francesi. L’energia pulita dall’atomo o dall’idrogeno al momento è solo chiacchiera: semmai ci sarà lo vedranno i nostri nipoti o pronipoti. Ed è anche noto lippis atque tonsoribus che l’Italia deve fare assegnamento sul petrolio libico e sul gas russo, atteso che le proprie risorse sono trascurabili o non sfruttate.

Pertanto è vitale per la nostra economia esercitare se non il controllo quantomeno una presenza politica attiva nei confronti della Libia e garantirsi rapporti amichevoli con la Russia. Senza tanto clamore i governi targati Dc che si sono succeduti dal dopoguerra fino a tangentopoli pur muovendosi all’ombra dell’alleanza atlantica assolsero efficacemente questo compito come dopo di loro e in modo teatrale fece Berlusconi, tutti con la consapevolezza che in questo campo ognuno in Europa gioca la propria partita in barba all’Ue. Per esplicita ostilità verso l’Italia i francesi provocarono la caduta di Gheddafi soffiando al nostro Paese non sono il petrolio ma anche le commesse. Ora che Eni e Leonardo hanno in parte rimesso in piedi i cocci della crisi libica si è aperta la questione ucraina, trattata in Italia come mera curiosità mentre riguarda direttamente la nostra economia e la nostra quotidianità.

La situazione interna all’Ucraina, i suoi rapporti con Mosca e con la Nato hanno, infatti, riflessi strategici, politici e soprattutto energetici. Gli Stati uniti, che perseguono una politica di destabilizzazione sull’intero scacchiere mondiale, sono impegnati a creare una cintura esplosiva intorno alla Russia da completare con l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza atlantica.  Sembra di essere tornati indietro di tre quarti di secolo, con la differenza che ai tempi della guerra fredda i due avversari abbaiavano stando bene attenti a non mordere anche nei momenti drammatici della crisi di Cuba. Con Biden questa sicurezza non c’è più perché l’anziano inquilino della Casa Bianca pare deciso a sostituire Carter nella classifica dei più goffi – e pericolosi – leader mondiali. Un tempo si diceva, sbagliando, che l’orso russo era un gigante dai piedi d’argilla: l’avevano creduto Bonaparte e Hitler e l’hanno pagata cara. I tempi cambiano ma la storia ha le sue costanti e che siano lo zar o Stalin o Putin gli inquilini del Cremlino chi tocca i fili della santa madre Russia finisce male. Ma Biden, poveretto, e con lui almeno una parte del suo staff, credono di avere a che fare con un qualunque Saddam Hussein e si comportano come bambini che giocano col fuoco accanto a una polveriera. E devo riconoscere che in un’Europa colpevolmente acquiescente solo Macron ha dato qualche segno di vita mentre il nostro super Mario che il mondo ci invidia brilla per la sua assoluta inconsistenza.

Biden

Stiamo vivendo un momento di assurdità onirica, una sorta di follia o di rincretinimento collettivi.  Leggo e ascolto leader politici, sussiegosi osservatori, accademici illustri e mi sembra di essere tornato indietro non di decenni ma di secoli, quando l’Europa coincideva con l’ecumene e la guerra era parte del gioco a scacchi della diplomazia. E devo ricordare a me stesso che dopo il 1945 si è affermata una incontrovertibile certezza: mai più guerre all’interno dell’Europa. Una certezza che non dipende tanto da un improbabile irenismo del potere o da una ventata di buonismo ma da oggettive condizioni geopolitiche: prima la polarizzazione Usa-Urss camuffata dalla contrapposizione ideologica e culturale fra “mondo libero” e comunismo  poi l’irreversibile affermarsi di un mondo policentrico  che ha strappato gli artigli all’imperialismo americano  hanno  definitivamente chiuso le vecchie “potenze” nel continente europeo ma hanno anche escluso l’eventualità di un conflitto globale grazie al deterrente dell’arma atomica. Intendiamoci: non sono le magnifiche sorti e progressive, ai vecchi problemi e agli antichi pericoli se ne sono sostituiti di nuovi fra le pieghe della digitalizzazione, con l’incombente mostro della finanza globale,  con l’esplosione demografica  nel cosiddetto terzo mondo, con la marea islamica e il debordare della produzione industriale cinese.

Ma la guerra in Europa no (brucia ancora il ricordo dell’aggressione Nato alla Serbia), anche la sola ipotesi di un conflitto mondiale no. Queste sono cose fuori del tempo e fuori della realtà, presenti solo nel delirio dell’uomo che un sistema democratico che in generale funziona ma qualche volta fa cilecca ha messo a capo della potenza militare americana. Un delirio indegno di commenti e riflessioni ma meritevole solo di essere trattato come tale.  Gli ucraini filoamericani, ma dovrei dire pagati dagli americani, inalberano cartelli, ovviamente in inglese perché destinati alla propaganda estera, in cui tacciano Putin di “criminale di guerra”, in perfetta linea con la criminalizzazione dell’avversario propria dei dem di ogni latitudine e figlia del bigottismo lenin-stalinista. A quei signori andrebbe ricordato che quel po’ di benessere e di sicurezza di cui ha goduto l’Ucraina si deve all’alleanza con l’Unione sovietica prima e con la Santa Russia dopo. Le sirene americane portano solo miseria e instabilità.

E, quanto all’espansionismo verso est della Nato, vale a dire degli Usa, al bamboccio che dirige la politica estera italiana andrebbe fatta rimangiare la dichiarazione rimbalzata su tutti i media: “l’Ucraina è uno Stato sovrano che ha il diritto di allearsi con chi vuole”. Una sciocchezza così stonerebbe anche sulle labbra di un liceale: Di Maio probabilmente non ne è al corrente ma quando incautamente Kruscev, irretito dal compagno Fidel, partorì la bella pensata di installare missili a Cuba diretti verso il dirimpettaio americano Kennedy gliela fece prontamente rimangiare. E, quali che siano le sue conoscenze storiche, il nostro improbabile ministro dovrebbe quantomeno capire che anche la Russia è uno Stato sovrano e non è precisamente la repubblica di San Marino; e aver solo immaginato verosimile che potesse tollerare la presenza di missili con testata nucleare puntati a distanza di trecento Km  contro la sua capitale  ne fa il ministro peggiore di questo scalcinato governo, strappando la palma al trio che se la contendevano, Speranza, Bianchi e Lamorgese.

Che l’alleanza atlantica non abbia più senso è un’ovvietà che sembra sfuggire ai nostri politici di tutti i colori; era nata per contrastare un pericolo, quello del comunismo sovietico, che non esiste più. Il mondo cosiddetto libero ha di fronte a sé un altro avversario, che non è la Cina né tantomeno la Russia ma l’Islam. La Nato oggi è semplicemente uno strumento delle ambizioni egemoniche, economiche e politiche, degli Stati uniti, appoggiate da quegli stessi compagni che fino a ieri riempivano le piazze all’insegna del “fuori l’Italia dalla Nato!”.  E, a proposito di piazze, mi chiedo in quale dannato buco nero siano finite le bandiere arcobaleno che sventolavano contro guerre all’altro capo del mondo: ora che sono i dem oltreoceano a minacciarla hanno lasciato solo il papa a difendere la pace.  Intendiamoci: che ci sia o ci sia stata veramente la possibilità anche remota di un conflitto mondiale (i nostri ineffabili giornalisti dicono planetario: hanno visto troppi film di fantascienza) è da escludere; ma resta criminale averlo anche solo evocato e tanto dovrebbe bastare per una mobilitazione popolare che spedisca Biden in una casa di riposo.

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Per fortuna l’Europa non è l’Italia, il cagnolino docile e frastornato che ha mandato truppe in Ungheria dopo essersi distratto per settimane dietro al Covid e al Quirinale. Un sussulto di dignità è arrivato da Macron ma ci ha pensato Scholz a smentire in modo esplicito l’amico americano scusandosi per lui davanti a Putin.   “Si è trattato di un malinteso – ha detto – l’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è in agenda”, punto. E, secondo i nostri media, sarebbe Putin ad aver fatto un passo indietro!
Concludo con una segnalazione per gli antifascisti in servizio permanente effettivo: i patrioti ucraini cari alla nostra sinistra sono i fieri e consapevoli eredi dell’Ucraina filotedesca e filonazista della seconda guerra mondiale.

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3 thoughts on “Venti di guerra fuori stagione. Quando la democrazia partorisce mostri”

  1. Analisi perfetta sulla situazione Russia Ucraina, Europa e Stati Uniti. D’accordo sul Patto atlantico che non ha più senso. Oltre all’Islam secondo me desta preoccupazione, almeno economicamente, anche la Cina che ormai ci ha invaso e ci sta comprando pezzo per pezzo

  2. Concordo con Fulvio (il cognomew please!): perfetta analisi geopolica ed economica dell’attuale situazione e sue anche lontane cause. Un vero peccato che tu Pierfranco, per distanza e anche forse per età, non possa venire a tenerci una bella conferenza per esporre a voce le tue idee

  3. Per pigrizia, caro Giacinto! brutta bestia ma se un giorno riuscirò a domarla sarei lieto di bere un caffè con te.
    Per Franco

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