Vaccinazione: indennizzo e risarcimento del danno

VACCINAZIONE: INDENNIZZO E RISARCIMENTO DEL DANNO

VACCINAZIONE:

INDENNIZZO E RISARCIMENTO DEL DANNO

 Nell’approfondimento Vaccinazione: obbligatoria?” è emerso come l’imposizione dell’obbligo vaccinale sia costituzionalmente legittima se finalizzata alla tutela della salute non solo del soggetto a cui si rivolge, ma dell’intera collettività o, comunque, dei terzi potenzialmente a rischio infettivo.

In questa sede, invece, verranno analizzate le conseguenze giuridiche della vaccinazione obbligatoria che ha comportato dei danni a carico della salute di chi ha ricevuto il trattamento.

 


 

La previsione di un trattamento sanitario obbligatorio comporta oneri e diritti: non solo, quindi, la contrazione del diritto alla libertà personale e all’autodeterminazione, ma anche la salvaguardia del diritto alla salute della persona che riceve il trattamento.

Infatti, non è possibile escludere a priori che la vaccinazione imposta non provochi effetti collaterali indesiderati sul soggetto cui viene applicata, ma vi è differenza tra conseguenze nocive di breve durata e modesta entità (che sono considerate tollerabili) e conseguenze nocive permanenti che comportano un vero e proprio danno.

Infatti, qualora la vaccinazione comporti una menomazione grave e/o permanente, ciò si pone in contrapposizione con il diritto alla salute (art. 32 Cost.) e, pertanto, oggetto di tutela risarcitoria da parte dello Stato.

La Legge n. 210/1992 regolamenta l'”Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni“.

Tale legge fu promulgata per riparare, da un lato, all’incostituzionalità della Legge n. 51/1966 (“Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomelitica”) che non aveva previsto nessun ristoro per chi, sottoposto a tale vaccinazione, aveva riportato danni e, dall’altro, per fornire una risposta ai gravi inadempimenti del Ministero della Sanità che aveva omesso di rendere obbligatori i controlli per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive attraverso trasfusioni, somministrazione di plasma ed emoderivati. 

 

 

L’articolo 1 della legge in esame, prevede che: “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato“.

Da notare che la legge parla di “indennizzo”, cioè di misura di solidarietà sociale che sorge a prescindere da qualsivoglia colpa, come autonoma misura economica di sostegno in caso di danno alla salute, così da consentire agli interessati una protezione certa nell’an e nel quantum.

Tale concetto differisce da quello di “risarcimento del danno” che trova, invece, il proprio presupposto nell’accertamento dell’illecito, ovvero di una responsabilità colposa o dolosa e nella conseguente individuazione del responsabile, ex art. 2043 C.C.- 

 


 

Nonostante la Legge n. 210/1992 abbia privilegiato la natura indennitaria della tutela del cittadino che ha subito un danno alla salute in conseguenza della vaccinazione, occorre precisare che resta ferma, in ogni caso, la possibilità, per l’interessato, di azionare anche l’ordinaria pretesa risarcitoria per responsabilità extracontrattuale, ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 2043 C.C. (sul punto, Corte Cost., sentenza n. 268 del 14.12.2017).

In sostanza, la ratio della Legge n. 210/1992 consiste nella necessità di fornire un ristoro per le lesioni causate ai soggetti che non possono rifiutare il trattamento sanitario obbligatorio. 

Pertanto, chi ha subito un danno permanente alla salute a causa di una vaccinazione, può presentare al Ministro della Sanità, entro il termine perentorio di tre anni dal momento della conoscenza del danno, la domanda per ottenere l’indennità. 

Ai fini dell’ottenimento dell’indennizzo, l’interessato deve fornire la prova della somministrazione vaccinale, della menomazione dell’integrità psico-fisica (o morte), nonché del nesso causale (cioè della relazione) tra la prima e il secondo.

Competente ad esprimere il giudizio sanitario è una commissione medico-ospedaliera chiamata a formulare il “giudizio diagnostico sulle infermità e sulle lesioni riscontrate”, nonché sul nesso causale: avverso tale giudizio è ammesso ricorso al Ministro della Sanità, entro trenta giorni. 

 


 

Salva, in ogni caso, la facoltà del ricorrente esperire l’azione dinanzi al Giudice ordinario competente, entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione, in caso di disaccordo. 

Con sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 10418 del 08.05.2006 è stato stabilito che le controversie relative a tutte le prestazioni erogate nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, nella sussistenza di un rapporto obbligatorio tra cittadini e amministrazione, siano attribuite alla competenza del Giudice ordinario escludendo, in materia, la giurisdizione esclusivamente amministrativa.

Numerose pronunzie giurisprudenziali di legittimità hanno, poi, confermato che la valutazione dei dati forniti dal richiedente l’indennità, deve fondarsi sul criterio di cosiddetta “ragionevole probabilità scientifica”, vale a dire su una valutazione non ancorata alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa), bensì agli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica).

 


 

Sul punto, tra tante, si veda la sentenza della Corte di Cassazione n. 25119 del 24.10.2017.

Per quanto riguarda l’erogazione della somma a titolo di indennizzo, il pagamento avviene nei confronti del danneggiato a mezzo assegno bimestrale calcolato in base alla gravità del danno subìto (sono previste 8 categorie previste).

Con la Legge 229/2005 lo Stato ha, poi, introdotto una indennità integrativa, da calcolarsi in aggiunta a quella già percepita e di cui sopra. 

Pertanto, i soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, già beneficiari dell’indennizzo ai sensi della Legge n. 210/1992, possono presentare al Ministero della Salute una domanda per l’ottenimento di un indennizzo aggiuntivo (pari rispettivamente a sei, cinque o quattro volte la somma già attribuita ex lege, a seconda della categoria di appartenenza), consistente in un assegno mensile vitalizio, ricomprendente tutte le voci del danno subito: esistenziale, patrimoniale, morale e biologico.

Se il soggetto danneggiato usufruisce di assistenza in maniera prevalente e continuativa, l’assegno viene corrisposto per metà all’avente diritto e per l’altra metà al/ai congiunto/i che prestano o abbiano prestato l’assistenza. 

Qualora a causa della vaccinazione obbligatoria sia derivato il decesso dell’interessato in data successiva a quella di entrata in vigore della legge, l’avente diritto (e, nell’ordine: il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli minorenni, i fratelli maggiorenni inabili al lavoro), può optare tra l’ulteriore indennizzo di cui al comma 1 della Legge n. 229/2005 e un assegno una tantum pari a 150.000 euro, da corrispondere in cinque rate annuali di 30.000 euro ciascuna.

 


 

La legge in esame prevede, inoltre, all’articolo 3, che eventuali contenziosi giudiziali in corso, debbano essere formalmente abbandonati dall’interessato all’indennità aggiuntiva, in qualsiasi stato e grado esso si trovino. 

La Corte Costituzionale con sentenza n. 293 del 07.11.2011 ha ritenuto corretto che l’importo dell’indennizzo di cui alla Legge 210/1992, debba essere rivalutato secondo gli indici ISTAT nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento all’indennità integrativa speciale.

Vi è da precisare che, originariamente, non era previsto nessun indennizzo per le persone danneggiate dai vaccini non obbligatori e, quindi, per tutte le malattie causate delle vaccinazioni solamente raccomandate dalle Autorità Sanitarie.

Sul punto è, però, intervenuta la Corte Costituzionale affermando chiaramente che: “L’indennizzo che la Corte Costituzionale ha riconosciuto dovuto in caso di danno alla salute patito in conseguenza della sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie si deve ritenere necessario anche quando il pregiudizio sia derivato da una vaccinazione programmata ed incentivata in modo da renderla pressoché ineludibile al fine di ammettere il soggetto ad importanti servizi pubblici (nella specie l’accesso ad asili nido e infantili, a scuole materne ed a simili collettività); anche in tal caso vige il principio che la collettività deve condividere, come è possibile, il peso delle conseguenze negative per la salute dei singoli dovute alla sottoposizione ad un rischio affrontato nell’interesse collettivo; pertanto, è incostituzionale l’art. 1 comma 5l. 25 febbraio 1992 n. 210, nella parte in cui non prevede l’accennato indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, in favore di chi sia stato onerato a sottoporsi a vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di vigenza della l. 30 luglio 1959 n. 695, prima che la detta pratica sanitaria divenisse, per la l. 4 febbraio 1966 n. 51, anche tecnicamente obbligatoria” (Corte Costituzionale, sentenza n. 27 del 26.02.1998).

L’orientamento è stato, successivamente, confermato anche dalle sentenze della stessa Corte Costituzionale n. 423 del 16.10.2000 e n.107 del 26.04.2012.

 

 

La giurisprudenza sia di legittimità che di merito, negli anni, interessata della questione, ha riconosciuto spesso il nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino e i danni alla salute irreversibili.

Ne sono esempio (tra tante) la pronunzia della Corte di Cassazione n. 27101 del 25.10.2018 che ha riconosciuto la tutela indennitaria ai danneggiati da vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, nonché la sentenza n. 1255 del 10.11.2016 con cui la Corte d’Appello di Milano ha confermato quanto evidenziato già in primo grado ovvero il nesso causale tra il vaccino somministrato ad una neonata e la grave encefalopatia sviluppata dalla bambina, ravvisando l’alta probabilità della correlazione tra il vaccino e la malattia, annoverata tra le c.d. reazioni avverse alla vaccinazione presa in esame.

 


 

Nel corso degli anni, la Magistratura ordinaria è stata, altresì, investita dell’esame di numerosi casi riguardanti i danni alla salute subiti da cittadini in conseguenza della vaccinazione antiinfluenzale che, come è noto, è una vaccinazione soltanto raccomandata e non obbligatoria.

Con la sentenza n. 268 del 14.12.2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 1, c. 1, Legge 210/1992, nella parte in cui non è stato previsto il diritto all’indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, nei confronti di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antinfluenzale.

Pertanto, chi ha subito danni psico-fisici permanenti causati dalla vaccinazione antinfluenzale ha diritto ad essere risarcito.

Anche in questo caso, l’onere della prova relativo all’esistenza del nesso di causalità tra vaccinazione e menomazione è a carico del ricorrente.

Con tale pronunzia la Corte Costituzionale ha ritenuto che la presenza di diffuse e reiterate campagne di sensibilizzazione a favore della pratica delle vaccinazioni sia idonea a sviluppare nei cittadini un certo grado di “affidamento” nei confronti di quanto raccomandato dalle pubbliche autorità e crei, di conseguenza, un obbligo per lo Stato di risarcire gli eventuali danni causati dai vaccini stessi. 

Conseguentemente, la Corte Costituzionale ha ritenuto che “-omissis- non vi è ragione di differenziare il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge -omissis-” da quello “-omissis- in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità, in vista della sua diffusione capillare nella società -omissis-”.

 


 

Tale principio trova riscontro anche in una recente sentenza del Tribunale di Milano, la n. 557 del 05.03.2019 con cui il Giudice di prime cure ha condannato il Ministero della Salute alla corresponsione, in favore della danneggiata, dell’indennizzo stabilito dalla Legge n. 210/1992, sulla base di una valutazione del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) che affermava la riconducibilità, con criterio di relazione probabilistica concreta, della sindrome di Guillain-Barré / Miller-Fisher all’inoculazione vaccinale a cui la paziente si era sottoposta nel novembre 2012.

Nell’attesa della commercializzazione del vaccino che attualmente desta più interesse (quello contro il Covid-19), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già rivolto, ai vari Stati, raccomandazioni volte alla messa in atto di tutti gli accorgimenti possibili ad evitare il sovrapporsi di sintomatologie simili a quelle del Coronavirus, in vista del prossimo autunno.

Ciò, in quanto essendo ancora distanti dalla fine della pandemia, occorre ridurre al minimo i fattori che possono confondere una diagnosi precoce del Covid-19, visto che anche l’influenza è malattia provocata da virus che infettano le vie aeree (naso, gola, polmoni) e, nell’immediatezza o, comunque, nei casi meno gravi, può provocare affezioni non facilmente siano distinguibili dall’influenza.

In Italia, benché la maggior parte delle Regioni sia al vaglio di soluzioni tra cui se, dal prossimo autunno, rendere obbligatorio il vaccino antinfluenzale o meno e per chi (se per l’intera collettività o solo per alcune categorie tipo gli operatori sanitari, i minorenni e gli anziani), c’è una Regione che ha già raccolto la richiesta dell’OMS.

 


 

La Regione Lazio, infatti, con un provvedimento recente ha stabilito l’obbligatorietà della vaccinazione antinfluenzale e anti-pneumococcica per tutti i cittadini over 65 anni e per tutto il personale sanitario, con decorrenza dal 15.09.2020.

Pertanto, ciò che in questo momento resta, sicuramente, è la grande speranza e l’augurio che il nuovo vaccino contro il Covid-19 (attualmente in via di sperimentazione su 500 volontari), venga reso disponibile in tempi ragionevoli, sia sicuro e, soprattutto, ben tollerato, così da apportare solo benefici all’umanità e nessun effetto dannoso alla salute.

   Avv. Elisa Spingardi

 

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