Un RACCONTO metanarrativo di MASSIMO BIANCO: METANNOIR SAVONESE

Un RACCONTO metanarrativo di MASSIMO BIANCO

METANNOIR SAVONESE

Terminata la rimpatriata, piacevolmente trascorsa in birreria, l’amico alla guida li aveva lasciati al parcheggione ed era ripartito. Avrebbero dovuto soltanto riprendersi auto e scooter, invece erano fermi a chiacchierare da una mezz’ora, senza alcuna urgenza di andarsene a dormire; dopotutto non si vedevano da parecchio e il freddo invernale era ormai passato. Due di loro – e uno in particolare – erano bassi, tarchiati e muscolosi, il terzo invece era snello e un poco più alto della media, l’aspetto e le movenze di tutti rivelavano però trascorsi sportivi.
Stavano commentando la giornata di champion’s, quando un’improvvisa agitazione attirò la loro attenzione. Una rissa, poche decine di metri più in là. Gente sbucata dal nulla in pochi istanti. Intravidero sagome correre e spintonarsi e sentirono vociare. Dall’accento alcuni sembravano sudamericani e altri italiani, calabresi, forse. Non decifrando parole e gesti, pur sentendosi a disagio sulle prime ignorarono l’accaduto, poi però un brusco “facciamola finita” e un concitato “no, lasciate stare i coltelli” giunsero forti e chiari.
Rapido scambio di occhiate. Mezzanotte era passata da un pezzo. Non c’era più nessuno lì, a parte loro tre e quei quattro o cinque figuri. Perfino i circa mille posti auto erano vuoti per più di tre quarti e i tardo ottocenteschi edifici porticati, a stento visibili oltre la folta zona alberata, parevano lontanissimi. 

“È meglio se ce ne andiamo”. Disse infine Marcello.
“Salite sulla mia auto, voi fate sempre in tempo a recuperare i mezzi domani.” Aggiunse Maurilio, l’unico residente fuori città.
Avevano appena sbattuto le portiere dopo essersi infilati nell’abitacolo, quando uno degli sconosciuti apparve alla loro sinistra e gli rivolse un drammatico sguardo implorante. Piagnucolò anche qualcosa che non capirono, ma i tre erano troppo agitati per muoversi a compassione. Interdetti e preoccupati lo fissarono per qualche istante all’unisono con le espressioni vuote, poi Maurilio chiuse la sicura e mise in moto. Un attimo dopo qualcuno sbatté il supplicante contro la fiancata.
“Via, cazzarola!” esclamò Marcello, mentre sporgeva la testa dal finestrino opposto incontrando lo sguardo di uno degli aggressori. Suggerimento pleonastico, poiché Maurilio già partiva sgommando.
Dal sedile posteriore Pierugo si volse a propria volta all’indietro e vide Sguardo Implorante raggomitolato a terra, uno degli altri infierire su di lui e un terzo rincorrere l’auto. Quindi dei fari si accesero nel cuore del mega posteggio e un istante dopo l’intera scena scomparve alla sua vista. Pierugo allora sbuffò e si lasciò andare sullo schienale.
“Sarà meglio chiamare i carabinieri?” chiese poi.
“No, per carità, con sbirri o caramba di mezzo son sempre casini, non facciamoci coinvolgere”.“E poi chissà quelli come gliela racconterebbero. Già m’immagino come andrebbe a finire, ih, ih, ih,  che li abbiamo aggrediti noi per derubarli, poveri innocenti”. Rispose Maurilio, strizzando inavvertitamente l’occhio mentre ridacchiava, un suo vecchio tic.
“Loro liberi e noi dentro condannati a dieci anni. Dici bene, mai nulla a che fare con forze dell’ordine e magistratura, qui in Italia son troppo incapaci”. Confermò Marcello.
“Una telefonata anonima, allora?”
“Se proprio vuoi, ma più tardi, da una cabina pubblica, ok?”
Intanto la loro auto, una Punto grigia metallizzata, filava sul rettilineo in direzione mare per poi, un chilometro scarso dopo, svoltare a sinistra e proseguire fino alla piazza dominata dalle antiche torri medioevali, di fronte alla vecchia darsena, all’ingresso del centro storico, dove accostò.
Una volta sceso dall’auto, Pierugo, il più alto e slanciato del trio, si stava piegando per salutare i compagni di bisboccia rimasti a bordo, quando una Golf nera giunse a tutta velocità e frenò stridendo. Due uomini balzarono fuori. Pierugo si voltò e rimase imbambolato a guardarli, mentre una raffica di proiettili s’infrangeva sul vetro posteriore della Punto, poi venne scaraventato a terra dalla forza d’impatto, colpito a sua volta.
“Nulla di personale, eh, ma troppo vedeste”. Esclamò uno dei criminali, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
Preso dal panico, Maurilio abbandonò Pierugo e ripartì a tutta velocità lungo l’arteria principale, imprecando e smoccolando ad alta voce, senza neppure accorgersi che Marcello si lamentava debolmente al suo fianco. Gli altri intanto risalivano a  bordo e si lanciavano all’inseguimento.
“Ma come ho fatto a non accorgermi che ci venivano dietro”. Urlò Maurilio mentre superava la cosiddetta Torretta, trecentesca superstite delle antiche mura e simbolo della città, e tagliava l’Aurelia per  infilarsi a tutta velocità in una stradetta in salita e serpentiforme.
Circa centocinquanta metri col piede pigiato sull’acceleratore fino a giungere a un incrocio deserto, oltrepassato senza esitazioni, quindi affrontò alcune curve guidabili e un assai più impegnativo tornante. Rivolta infine, nel seguente tratto scorrevole, un’occhiata all’amico, lo vide accasciato in un bagno di sangue e la distrazione correlata gli fu fatale, perché ignorò la curva successiva e si schiantò contro una parete rocciosa. L’airbag si aprì e lo schiacciò contro il sedile, ma avendo già perso conoscenza non se ne accorse.

***

“Ma ci fai crepare tutti così, cazzarola? Sei proprio un bell’amico. Che gusto c’è a frequentare uno scrittore se poi si ispira a noi solo per farci fare una brutta fine? Dico bene Maurilio?”
“Dici benissimo Marcello. Se almeno ci facesse morire da eroi, qui invece passiamo per sfigati: dei poveri vigliacchi e incapaci che scappano in preda al panico solo per andarsi a sfracellare”.
“Per non parlare del nostro atteggiamento verso l’autorità. D’accordo un po’ di sana diffidenza, ma così sembra che abbiamo qualcosa da nascondere”.
Auff, che palle. Lo sapevo che era meglio utilizzare solo personaggi di fantasia, perché mai ho ceduto alle loro preghiere? E poi avrei proprio voluti vederli nella realtà, altro che eroi e sana diffidenza, come se non li conoscessi.
“Insomma, avete voluto essere protagonisti di una mia storia? Allora dovete lasciare la mia fantasia libera di correre. E poi questa è solo fiction, non prendetela troppo sul serio”.
“Sarà anche fiction, ma nomi, aspetto, modo di parlare e di fare sono i nostri e che figura ci facciamo con chi ci conosce? Penserà che se ci capitava ci comportavamo davvero così”.
“Perché, vorreste forse sostenere che avreste affrontato disarmati degli assassini?”
“Oh beh, non so, con due colpi di karate magari li stendevo e se proprio non ci riuscivo allora sì che scappavo, ih, ih, ih, ma per lo meno non lasciavo quel poveraccio subito lì a morire”. 
Ma tu sentilo a Bruce Lee.
“E chi ti dice che Sguardo Implorante era un poveraccio? Per quanto ne sapete voi poteva essere un emerito bastardo e meritarsi una tragica fine. Comunque il racconto non è finito, ve l’avevo ben detto d’aver completato solo l’inizio. Ancora non sapete se siete davvero morti oppure no, lasciatemelo concludere in santa pace, va bene?”
“Va bene una pippa. Così com’è non mi piace”.
“E poi com’è che ti sei tenuto fuori? Ci scarichi in piazza, te ne vai e chi si è visto si è visto? Troppo comodo, potevi partecipare anche te, no? Assumerti i tuoi rischi”.
“Ma Pierugo, io sono l’autore! L’autore non dovrebbe mai apparire tra i personaggi, non sta bene, sarebbe immodestia, vanità, non si fa, ecco”.
“Però la serata l’abbiamo passata con te e tu ci hai pure accompagnato fino al parcheggione, no?”
“Che c’entra, così la mia era solo una comparsata alla Alfred Hitchcock, un vezzo e nulla più”.
“Sì, sì, come ti pare, però adesso fai il bravo, riscrivi tutto da capo e ci tratti meglio, ok? Altrimenti mi offendo”.
“E va bene, come volete, correggerò la trama. Ora però andate, che si sta facendo tardi. Ci rivediamo domani sera alla stessa ora, così vi leggo la nuova versione. Buona notte a tutti”.
Razza di rompiscatole. Pazienza, una giornata di lavoro buttata nella spazzatura, me la sono proprio voluta… Come la riscrivo adesso? L’idea centrale mi piace, non voglio cambiarla. Mm, già quasi l’una, boh, ora me ne vado a letto e ci penso con calma domani pomeriggio… va beh dai, cinque minutini soltanto, giusto il tempo di buttare giù qualche idea. Vediamo un po’…

***

…Passata ormai da un pezzo la mezzanotte, tre amici discorrevano rilassati presso le proprie auto quando un’improvvisa agitazione ne attirò l’attenzione. Una rissa, poche decine di metri più in là. Gente sbucata dal nulla in pochi istanti. Dall’accento alcuni sembravano sudamericani e altri italiani, calabresi, forse. Non decifrando parole e gesti, i tre sulle prime ignorarono l’accaduto, a disagio. Poi però un brusco “facciamola finita” e un concitato “no, lasciate stare i coltelli” gli giunsero forti e chiari e decisero prudentemente di andarsene. Erano però appena saliti a bordo di una Punto, che uno degli sconosciuti li accostò con lo sguardo implorante. Non potevano lasciarlo lì. Maurilio tolse la sicura appena inserita e mise in moto.
“Sarà il caso? È pericoloso.” mugugnò Marcello mentre già Pierugo apriva la portiera.
“Salta su”. Esclamò invece quest’ultimo.
Il giovane s’introdusse in auto senza farselo ripetere, ma un attimo dopo si udirono colpi sulla carrozzeria: qualcuno la prendeva a calci, mentre qualcun altro tentava di afferrare la portiera per impedirgli di chiuderla.
“Ehi, ma dove credete d’andare voi, eh? Facitevi i fatti vostri”.
“Fermi, fermi, ma vaffanculo ah”.
“Ma…madre de dios, soy acabado”.
Poi s’allontanarono a tutto gas e il tipo aggrappato alla portiera perse la presa rovinando sull’asfalto.
“Cazzarola ragazzi, non dovevamo, non erano fatti nostri, ora son casini”.
“Può darsi, ma ormai è fatta. Allora dove andiamo?”
“Qualcuno li ha caricati, mi sa che c’inseguono”. Annunciò a quel punto Pierugo da dietro.
Intanto Sguardo Implorante parlava a bassa voce tra sé e sé in spagnolo; pregava, forse.
“Sì, ci vengono proprio dietro, tenetevi stretti, cerco di seminarli”.
Una serie di botti e il vetro posteriore s’infranse.
“Ehi, sparano?”
“Ahh”.
“Oh cazzo, Marcello, ti hanno preso? Marcello! Oddio Mauri, è imbrattato di sangue”.
>Giunsero all’incrocio della Torretta ad alta velocità, guadagnando qualche metro sugli inseguitori e lo tagliarono cercando di immettersi sulla salita che iniziava dal lato opposto.
“Attento!”
Crack! Una Mercedes li prese in pieno sulla fiancata e la Punto fu scagliata verso alcuni piloncini d’acciaio e oltre ancora, fino a cozzare contro l’angolo di un edificio. Risultato: portiera anteriore destra sfondata e soprattutto braccino e ruota anteriore sinistra spaccati; da lì l’auto l’avrebbe spostata soltanto il carro attrezzi. I due occupanti della Mercedes, un uomo e una donna sui cinquanta, scesero a verificare la situazione, le mani nei capelli. All’interno della Punto per qualche momento il tempo parve fermarsi, poi la portiera posteriore destra si aprì e ne uscì uno sconvolto e claudicante Pierugo, che rivolse uno sguardo allucinato ai nuovi arrivati.“Per favore chiamate il centodiciotto, ho paura che il mio amico Marcello…”
Nel frattempo la Volkswagen era passata rallentando appena, per poi subito proseguire la corsa.
Due giorni dopo Maurilio, che nell’incidente si era fratturato una spalla, Pierugo e il loro amico scrittore, ottenuta da un’infermiera l’autorizzazione a entrare, erano riuniti davanti al letto d’ospedale di  Marcello.
“Siamo nei guai,” – esordì Maurilio, – “uscendo di casa ho visto una Golf nera ferma davanti al portone con due tizi a bordo. Dovevano essere loro”.
“Bene, così se ti hanno seguito fin qua hanno trovato pure me”. Brontolò Pierugo.
“Scusa, ma non sapevo cos’altro fare”. 
“Se hai letto i giornali saprai che i due sudamericani sono morti entrambi: uno è stato ucciso sul posto e quello che abbiamo caricato a bordo lo hanno assassinato ieri. E noi sappiamo troppo”.
“Ma se li abbiamo appena intravisti! Io non sono in grado di riconoscerli”.
“Sì, ma loro non possono esserne certi. Che facciamo, allora?”
“Rivolgetevi ai carabinieri, mi pare l’unica azione sensata”. Intervenne lo scrittore.<“Hai voglia di scherzare? Quelli potrebbero essere mafiosi, così facciamo la sua stessa fine”. Disse Pierugo, indicando Marcello, immobile nel letto dinanzi a loro, in coma irreversibile.

***

“Insomma, l’unico di sicuro cornuto e mazziato sono io”.
Ci risiamo. Oh, fisso la finestra, c’è poco da vedere di notte in un cortile interno, ma è per non mandarlo a quel paese, accidenti a lui. Respiriamo a fondo, ffff, ecco. Ora gli spiego.
“Con tutti quegli spari e l’incidente stradale non potevate uscirne indenni, non ti pare?”
“Vile e comatoso, mi sei davvero affezionato”.
“Ascolta, se scrivo un racconto noir lo devo rendere un minimo verosimile e tratteggiare i buoni almeno parzialmente in chiaroscuro. È normale che in una situazione del genere ci sia diffidenza e paura. Tre tizi qualunque che capitano lì per caso e si trasformano di colpo in supereroi manco fossero l’Uomo Ragno, Batman e James Bond non sarebbero credibili”.
<“Ah sì? Allora facciamo che quello pauroso e mezzo morto è Pierugo, d’accordo?”
“Io? Io non non sono un tizio qualunque, a miei tempi sono stato selezionato per i campionati italiani di boxe thai, io non avrei mai fatto finta di niente. Mi sa invece che a te t’ha inquadrato proprio bene, parli tanto di quella tua lotta greco romana del cazzo ma al primo casino sparisci”.
“Comunque seduto dietro c’era lui, la portiera doveva per forza aprirgliela lui”.
“E siccome mi sono seduto davanti faccio la figura dello stronzo? Spostati, la trama l’aggiusto io”.
Ah no, ci mancherebbe altro, non scrive decentemente nemmeno una e-mail. Il prosatore qui sono io, mica loro. Voglio proprio vederli a dare ritmo a una storia e a costruire dialoghi come si deve, ma chi si credono di essere? Mai più amici come personaggi, lo giuro.
“Allora, ti decidi a farmi sedere? Tanto è ancora presto”.
Pff, nove e quaranta, sì e la pendola oggi è puntuale.
“Guarda che non è mica facile costruire un racconto di narrativa”.
“Oh, ma falla breve e molla quella sedia. Dopotutto il racconto ormai l’hai impostato, io devo fare solo qualche correzioncina, poi provvedi tu a rendere il tutto in buon italiano… oh là, così, bravo, non ti rubo il ruolo di grande artista, stai tranquillo”.
“Ma guarda che se me lo rovini cancello tutto quello che scrivi, tanto ho la copia dell’originale”.
“Ehi, se però gli viene bene gli versi metà dei diritti d’autore”. 

“Anzi, ce li versi a tutti, visto che ci hai scelti come personaggi, la storia siamo noi, ih, ih, ih”.
Mamma mia, non la sopporto più quella sua risatina sghemba.
“Come no, vi firmo un assegno da un milione, d’accordo?”
“Stavolta però fai partecipare pure lui, Marcello, voglio proprio vedere come si comporterebbe il grande autore al posto nostro”.
“Ok… allora…”
T e r m i n a t a  l a  p i z z a  e  n o n….

***

Terminata la pizza e non riuscendo ad accordarsi su quale dvd guardare, quattro amici uscirono di casa per prendere una boccata d’aria, fare quattro passi e conversare in allegria. Dopotutto non si vedevano da parecchio e il freddo invernale era ormai passato…

***

“Ma che fai, mi cambi pure l’ambientazione?”
“Non startene lì dietro a guardarmi scrivere, m’imbarazza”.
“Devo controllare se non combini belinate e, infatti, ecco già un’ambientazione diversa”.
“Per forza, Massimo, se devi partecipare pure tu”.
“Ma basta che mi fai scendere dall’auto e unire alla conversazione”.
“Se dovevi solo riaccompagnarci alle auto non avevi motivo di scendere”.
“Questo lo dici tu… Va beh, va beh, lasciamo perdere, continua pure, altrimenti facciamo l’alba”.
Tanto appena se ne va riscrivo tutto come mi pare e poi piuttosto dico che ho rinunciato al racconto. Dannato rompicoglioni.

***

Attraversando Piazza del Popolo incapparono in una rissa. Gente sbucata dal nulla intenta a correre e a spintonarsi. Accenti sudamericani e meridionali, ma parole indecifrabili, poi un brusco “facciamola finita” e un concitato “no, lasciate stare i coltelli” giunsero forti e chiari.
C’era almeno una dozzina di loschi tipacci contro due bravi giovanotti inermi, uno dei quali chiese soccorso agli ignari passanti.
La feroce banda criminale assunse un atteggiamento minaccioso. Massimo allora impallidì, si portò nervosamente una mano sui lunghi capelli ed esclamò, rivolto ai compagni:
“Andiamo via di corsa per favore ragazzi, qui finisce male”.
“Stai scherzando?” – rispose Marcello, indignato, – “non ti facevo così vigliacco, dobbiamo aiutare questo poveraccio. Non ho praticato lotta greco romana per nulla, cazzarola.”
Ciò detto mise via gli occhiali dalla montatura metallica e si gettò intrepido nella mischia gridando:
“Facile fare i gradassi in tanti contro due eh? Ma vediamo come ve la cavate con noi, cialtroni”.
Subito Pierugo e Maurilio lo seguirono indomiti.
“Alé, si menano le mani, due colpi di karatè e li stendo tutti, ih, ih, ih”. Si entusiasmò quest’ultimo.
Ci voleva ben altro per intimorire quei tre grand’uomini, coraggiosi e rotti a ogni esperienza.
“Aspettate, è una follia, sono tre volte più numerosi di noi e non siamo nemmeno più ragazzini, ci massacreranno.” Scongiurò invece il quarto, tremebondo.
“Taci Massimo, per una volta nella vita sii uomo e non passivo scrittore. E se anche fosse come dici tu, almeno ci saremo battuti per una buona causa”.

***

“Tralasciamo la tua vendetta puerile che m’ha trasformato nel fifone della situazione, ma non ti pare d’aver un po’ esagerato, nell’insieme?”
“Per nulla! Non essere invidioso e ammetti che mi è venuto un gran bel lavoro”.
“Sì, sì, bellissimo, come no. Allora ci vediamo domani sera alle nove e mezza in piazza e decidiamo come passare la serata, ciao, ciao”.
Razza d’imbecille. A furia di guardare filmetti d’azione di serie b alla tv Marcello si crede Jean Claude Van Damme. Mi rifiuto di firmare ‘sta fesseria. Se ci tiene tanto la stampo col suo nome e gliela regalo volentieri. Aahuuhaooo. Mamma mia che sbadiglio. Meglio andare a letto, sono stanco. Poi, visto che domattina non ho niente da fare, mi alzo presto, passo la giornata a scrivere e finalmente lo finisco. Quasi quasi stavolta mi metto proprio tra i protagonisti e al diavolo le regole, dopotutto sono fatte per essere violate. Sarò pure immodesto, vanitoso, chi se ne frega.

***

Massimo e Pierugo erano arrivati come al solito per primi, ma gli altri ancora non si vedevano; la puntualità non era mai stata il loro forte. Stufo di attendere, Pierugo era allora andato a un chiosco non lontano a bersi un caffè.
Erano già le ventidue quando furono finalmente tutti riuniti al parcheggione. Siccome era un po’ che non trascorrevano assieme una serata all’aperto e il freddo era ormai passato, presero a discorrere allegramente senza preoccuparsi di stabilire dove andare. Poi però dell’agitazione attirò la loro attenzione. Una rissa, poche decine di metri più in là. Gente sbucata dal nulla in pochi istanti…

***

“Vado a prendermi un caffè e torno, d’accordo?”
“Sì, sì, resto qui io ad aspettarli.”
…E va beh, all’appuntamento io ci sono, speriamo che si decidano a farsi vivi anche quegli altri due, accidenti a loro, sono già le dieci meno un quarto… non so perché ma mi sento osservato, come se ci fossero due immensi occhi nel cielo a fissarmi, ah, si vede che star qui da solo non mi fa bene… che palle, mai una volta puntuali… in compenso stavolta il racconto mi è venuto proprio carino, buttato giù tutto d’un fiato, manco fossi stato sotto dettatura. Sì, sono proprio soddisfatto, non vedo l’ora di proporlo sul web…
Ah ecco Maurilio, finalmente…
“Ciao Massimo, ma ci sei solo tu?”
“No, anche Pierugo. S’è stufato di aspettare e ha fatto un salto al chiosco”.
“Eh, sì, scusa il ritardo, c’era traffico”.
“Non ti preoccupare, non c’è mica fretta e poi Marcello deve ancora arrivare, ma riecco Pierugo”.
… forse dovrei delineare meglio Sguardo Implorante? Beh, lui è il motore della storia, ma come personaggio in sé non conta, lasciamo stare …
“Eh?”
“Ti ho chiesto dove andiamo stasera”.
“Ah sì certo, dove volete voi, a me va tutto bene”.
…bla, bla, bla, non riesco ad ascoltarli, ho questo dannato racconto in testa, sicuro che funzioni tutto bene? Mi domando se…
“Ciao ragazzi.”
“Alleluia! Il tuo motto è meglio tardi che mai, vero? Hai veramente scassato.”
“Parola mia che la prossima volta quando arrivi non ci trovi più.”
“Quante storie per qualche minuto di ritardo, sentite invece un po’ la novità che ho da raccontarvi…”
….
… Ehi ma che succede là? Una rissa! Da dove saltano fuori quelli? Un momento fa non c’era nessuno, a parte noi… le dieci e mezza ed è già una desolazione. Cavoli, qui tira una brutta aria.
“Facciamola finita”.
“No, lasciate stare i coltelli”.
“È meglio se ce ne andiamo, ragazzi”.
“Malgrado i tuoi trascorsi da lottatore?”
“Ma non hai sentito? Quelli sono armati”.
“Salite sulla mia auto, voi fate sempre in tempo a recuperare i mezzi domani”.
Oh porca… a pensarci bene la faccenda somiglia sputata al mio racconto, che significa?
“Non startene lì imbambolato, vieni”.
… Ed ecco anche il sudamericano e guarda un po’ se non ha uno sguardo implorante.
“Forza ragazzo, monta a bordo”.
Nell’ultima versione le battute mi paiono esattamente queste! È proprio come se qualcuno al di sopra di me avesse scritto la storia e fossi personaggio io stesso. Ma non ha senso, è completamente assurdo.
Sarà però meglio che…
“Aspettate, dobbiamo fare qualcosa di diverso, se fuggiamo così è già previsto e non va a…”
“Sta zitto Massimo, questo non è il momento di fare del tuo solito spirito”.
“Non era una battuta, fila almeno nell’altra direzione”.
Niente da fare. Seguiamo la mia trama alla lettera. Se ho ragione adesso… eccola alla luce del lampione, pare proprio una Golf nera. Oh, no, no, aiuto, io so già come va a finire! Ragazzi, per qualcuno di noi questo allora è un addio? No eh, aiutoo.

Testo e foto di Massimo Bianco

PUBBLICITA’

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.